Cara Fabiana, potresti essere una mia sorellina, potresti essere mia figlia. Oggi ai tuoi sedici anni non interesserebbero affatto le analisi politiche del dopo-voto qui a Corigliano Calabro. 

Oggi, in questo giorno di lutto cittadino preteso da chi t’ha strappato alla tua famiglia e a questa nostra comunità.

Sono certo che non condivideresti il clima che si respira in un’Italia che l’ha accerchiata questa Corigliano Calabro. Questo paesone violentato da un feroce e vile assassino di diciassette anni che col suo crimine ha coinvolto questa comunità di quarantamila anime. Non pie nè sante. Mediocri sì. Molte prone alla mentalità ‘ndranghetista, sì. Alcune colluse con la ‘ndrangheta che s’ingrassa uccidendo il lavoro onesto, le piccole e medie imprese d’ogni settore che cercano di creare economia pulita in questo angolo di Calabria dalle tante ed inespresse potenzialità. Uccidendo, talvolta, gli ‘ndranghetisti concorrenti negli affari sporchi di chi in un dato momento detiene lo scettro di comando su quegli affari, o altri ‘ndranghetisti come loro scomodi per la conduzione di quegli stessi affari.

Sì. Corigliano Calabro è una comunità infetta. Ma, da lassù, sai bene che non è affatto quella che ci uccide pure in queste ore perché certi miei colleghi giornalisti “mordi e fuggi” ci raccontano così.

Perdoniamoli, Fabiana: essi, per pochi euro, credimi, in poche ore debbono produrre alle loro testate nazionali un condimento d’impressioni su una comunità, la nostra, tanto sensazionalistiche quanto psicologicamente condizionate dalla tua tragica fine terrena. Ciao.

 

Di admin

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