Senza alcun apparente motivo avrebbe attaccato briga con un giovane che neppure conosceva di vista ed il suo gruppo d’amici. Il fatto accade durante la notte tra il 31 ottobre e il primo novembre scorsi all’interno d’un noto lounge bar ubicato alla frazione Scalo di Corigliano Calabro, per poi proseguire all’esterno dello stesso locale. Solo parole – «Ti piscio in bocca», – «A chi pisci in bocca?!» – e qualche lieve spintone tra i due.
Ad un certo punto – però – essendosi accorto che sulla strada stava per sopraggiungere una “gazzella” dei carabinieri, l’attaccabrighe afferra il proprio rivale per un braccio e fa segno ai militari di fermarsi. La pattuglia si ferma, anche perché conosce l’attabrighe il quale chiede loro di “controllare”, perquisendolo, il proprio rivale. Soltanto qualche attimo prima, infatti, lo stesso attaccabrighe s’era presentato al rivale ed ai suoi amici come un carabiniere (in quel momento fuori servizio) sfoderando il proprio distintivo. Già. Perché l’attaccabrighe è proprio un carabiniere, in servizio proprio presso la Compagnia dell’Arma di Corigliano Calabro (nella foto, la sede).
Ai suoi colleghi della pattuglia in servizio non occorrerà molto tempo per capire che non stava accadendo alcunché di penalmente rilevante, dal momento che il malcapitato rivale del carabiniere attaccabrighe era un ragazzo tranquillo, così come i suoi amici infastiditi dall’atteggiamento “da sceriffo” di quella persona, mai incontrata o vista prima di quella sera. I carabinieri di pattuglia lasciano, dunque, la per nulla interessante “questione”, raccomandano al loro collega fuori servizio di stare tranquillo e di non infastidire le persone, rimontano a bordo della “gazzella” e vanno via per continuare il loro servizio notturno di perlustrazione e controllo del territorio.
Ma l’attaccabrighe continua la propria ingaggiata ed assolutamente non provocata polemica col proprio rivale ed i suoi amici. E ad un certo punto cala il proprio “asso”: «Mi chiamo […], abito a Rossano in Via […] e sono compare del boss […], andate pure a Rossano e domandate di me». Le parole sono pietre e queste parole, pronunciate al cospetto di numerosi presenti, sono macigni sputati dalla bocca d’uno che di giorno indossa la divisa da carabiniere e di notte va per locali ad attaccare briga con le persone e a vantarsi del vero, presunto o millantato “comparaggio” con un importante boss della ‘ndrangheta locale da tempo detenuto al 41-bis in regime di carcere duro.
Per il grande e profondo rispetto che nutriamo da sempre verso l’Istituzione Arma dei Carabinieri non potevamo sottrarci e non ci siamo sottratti al nostro dovere civico, quasi militare oseremmo dire, d’informare che essa stessa Istituzione, costituita da uomini e oggi pure da donne, non è immune da questo ed altro genere di soggetti. Purtroppo.
Sul gravissimo episodio, che infanga l’Istituzione storicamente più presente e maggiormente impegnata a queste latitudini proprio nella lotta quotidiana al malaffare e alla ‘ndrangheta, il comandante della Compagnia, il capitano Francesco Barone, ha aperto un’indagine finalizzata ad accertarne fino in fondo ogni aspetto.