Confermata la sentenza di primo grado da parte della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro per l’omicidio di Carmine Avato, l’operaio 53enne ucciso a San Cosmo Albanese nel novembre del 2015. Condanna a 30 anni di carcere per il presunto mandante e a 18 anni per l’esecutore materiale che confessò l’assassinio ai carabinieri della Compagnia di Corigliano Calabro.
Al termine del processo di secondo grado, conclusosi oggi, il collegio giudicante ha condiviso la sentenza emessa un anno fa da parte del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Castrovillari, Guglielmo Labonia. Sentenza di condanna che era giunta a seguito delle indagini svolte dalla Procura di Castrovillari che aveva dimostrato come ad uccidere Avato fosse stato il 32enne di nazionalità rumena Cristian Dulan su mandato del 33enne Salvatore Buffone, cognato della vittima. Le parti civili costituite in giudizio erano rappresentate dagli avvocati Emilia Francesca Aceto, Aldo Zagarese ed Antonello Calvelli, mentre il collegio di difesa dei due imputati era composto dagli avvocati Francesco Siclari e Giuseppe De Luca.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. Trent’anni di reclusione, dunque, per Salvatore Buffone, diciotto per Cristian Dulan. Buffone (foto a sinistra) è stato riconosciuto e condannato quale mandante del delitto – consumatosi proprio a San Cosmo la notte tra il 14 e il 15 novembre del 2015 a colpi di pistola – mentre Dulan (foto a destra) ne è stato l’esecutore materiale reo confesso.
Secondo la ricostruzione della magistratura inquirente, in cambio della prestazione omicida, il rumeno avrebbe ricevuto 500 euro a titolo di “rimborso spese” da Buffone, il quale gli avrebbe fornito pure i motivi per i quali avrebbe voluto la morte del cognato, marito della sorella – maltrattava la famiglia – senza fornire altri particolari ai carabinieri ed al magistrato inquirente. Un fatto di sangue che sarebbe maturato nel contesto familiare ed alla vigilia della prima udienza per la separazione tra la vittima e la propria consorte. Nel corso delle proprie dichiarazioni al pubblico ministero, Dulan aveva raccontato d’essersi ubriacato la sera dell’omicidio. Aveva detto d’avere avuto paura di Buffone. La richiesta d’uccidere il cognato sarebbe arrivata da parte di Buffone un mese prima del delitto. Dulan aveva raccontato che non se la sentiva ma il presunto mandante insisteva. «Salvatore m’ha minacciato se non avessi adempiuto a quello che mi chiedeva», aveva affermato Dulan. I due condannati sono ristretti in carcere.