Eh, no: qui non si tratta più dei bulli nelle scuole italiane o di quelli di Lucca del «Prof, non mi faccia incazzare, non mi faccia incazzare, mi metta 6 che qui comando io!». Già, perché stamane la vergogna dell’infetto sistema d’istruzione italiano è andata in scena all’interno d’un ateneo. Sì, all’Università della Calabria.
Il fatto sta passando in cronaca in queste ore, particolare più, particolare meno. Ed è successo nientepocodimenochè durante una seduta di laurea, presso la Facoltà di Giurisprudenza. Con la scoperta d’un sospetto caso di plagio della tesi da parte d’una laureanda. Con la seduta sospesa e la posizione della candidata alla laurea tuttora in bilico. Con la stessa candidata che – secondo i rilievi mossi dal presidente della commissione di laurea – avrebbe copiato da un sito Internet interi capitoli dell’elaborato. Coi parenti della studentessa che sono andati su tutte le furie alla notizia che la giovane dovesse attendere l’accertamento, da parte d’altri docenti, prima di conseguire il titolo di studio. Coi carabinieri intervenuti in aula, allertati dagli stessi docenti in commissione considerata l’alterazione dei familiari che battevano pugni e calci contro la porta d’ingresso all’aula. Col rettore che ha deciso di nominare una commissione che, probabilmente già nelle prossime ore, sarà chiamata a valutare l’elaborato di tesi sotto sospetto d’essere stato quasi integralmente copiato ed incollato. L’aspetto più sintomaticamente brutale della vicenda è certamente il comportamento tenuto dai familiari e dai parenti della studentessa universitaria. Perché l’università non è un istituto d’obbligo scolastico. Perché la studentessa è una persona adulta e per questo responsabile d’ogni propria azione. Perché genitori e parenti sono anch’essi persone adulte sulle quali non gravano più (e da un pezzo) obblighi educativi. Tantomeno dovrebbero gravare su d’essi istinti belluini di protezione della prole, o della specie. Perché l’università dovrebbe essere una cosa seria. Non un esamificio il più veloce possibile finalizzato a raccattare una pergamena abilitante. Sì, l’università dovrebbe essere una cosa seria. E dagli elementi emersi in cronaca da questa storia ci pare tutt’altro che seria un’università in cui il relatore della tesista non abbia controllato, oppure – cosa ancor più grave – non si sia accorto affatto del presunto plagio integrale d’una tesi di laurea. Perché un tesista ha sempre un docente relatore che dovrebbe seguirlo, passo dopo passo, capitolo dopo capitolo, anche nelle tesi cosiddette compilative che altro non sono che delle rielaborazioni – circoscritte all’argomento trattato – di trattati ed articoli scientifici in materia. Un contesto, a ben vedere, molto più grave rispetto alle inchieste giudiziarie che nel recente passato hanno riguardato l’accertata corruzione finalizzata alla compravendita degli esami universitari e delle lauree in diversi atenei italiani. Ambito nel quale l’Università della Calabria nel 2012 e col maxiprocesso che seguì (ben 75 imputati condannati e ben 72 lauree annullate) conquistò un primato “accademico” nazionale e forse addirittura internazionale.