Lui è un magistrato di lungo e difficile corso, oggi fa il procuratore di Catanzaro, ha scritto numerosi libri sul fenomeno criminale della ‘ndrangheta, si reca spesso e volentieri nelle scuole per educare col proprio esempio alla legalità, va in televisione ed è il volto più popolare tra gl’italiani che stanno dalla parte giusta. È socio onorario del Sindacato unitario dei giornalisti della Calabria della Federazione nazionale della stampa italiana. E ieri mattina era a Reggio Calabria per il Primo maggio nazionale dei giornalisti

tenutosi nell’Auditorium “Nicola Calipari” di Palazzo Tommaso Campanella, sede del Consiglio regionale della Calabria. «Ho grande ammirazione per voi giornalisti, per la vostra pazienza, per la vostra capacità di correre appresso a gente che, il più delle volte, s’atteggia a personaggio e magari è famoso perché ha scritto un libro copiandolo da Wikipedia. La parola chiave è credibilità: noi magistrati abbiamo bisogno che voi raccontiate il nostro lavoro, ma non fate i “piacioni”, non “innamoratevi” di questo o quel pubblico ministero, perché vedo che spesso operazioni serie vengono più o meno boicottate ed altre meno importanti vengono esaltate. I magistrati devono essere giudicati solo sulla base dei risultati che ottengono. Abbiamo bisogno di giornalisti che raccontino con coraggio la verità, i fatti, abbiate il coraggio di raccontare come stanno veramente le cose». Questo il Nicola Gratteri-pensiero, autorità morale non solo per i giornalisti, mentre taluni magistrati, quando semplicemente criticati da giornalisti non proni neppure a loro, si sono serviti dello strumento della querela allo stesso modo di politici, imprenditori ed altri potenti, facendo finire sotto processo i giornalisti che hanno osato. E noi di AltrePagine ne sappiamo più di qualcosa. E ancora, Gratteri: «Oggi è difficile bloccare le notizie. Succede anche grazie alle testate on line; una volta bastava raggiungere due o tre canali informativi per nascondere fatti scomodi per il potere». E Gratteri insiste su uno dei temi della giornata, la lotta al precariato dei giornalisti, senza risparmiare una stoccata ad alcuni editori: «Spesso è gente ricca che viene intervistata dai media e parla di morale quando sa che nei propri giornali ci sono persone che vengono pagate 10 euro per un articolo. Ma come fanno a passare per educatori?». La denuncia del procuratore di Catanzaro investe il sindacato: «C’è bisogno di qualcuno che esca pubblicamente e ricordi loro queste cose. Cerchiamo di essere tutti più coraggiosi, altrimenti tutti i “dobbiamo fare” e “dobbiamo protestare” che sentiamo in giornate come questa diventano litanie». E non cade per nulla nel vuoto, a giudicare dalle parole di Carlo Parisi, segretario del Sindacato dei giornalisti della Calabria e segretario generale aggiunto della Federazione nazionale della stampa italiana: «Se è vero che i giornalisti soffrono a qualunque latitudine, sotto lo scacco delle minacce e dei soprusi a vario titolo, è altrettanto innegabile che è qui al Sud che la sofferenza si fa più acre. È al Sud che il lavoro richiede, a tutt’oggi, i sacrifici più grandi: poche chiacchiere, bisogna agire, perché al di là dell’ironica provocazione musicale di Otello Profazio, il Premio Tenco che nel nostro Primo maggio c’intrattiene e ci accompagna con le sue ballate, qui non si campa d’aria. E lo dico soprattutto ai giovani, a quelli che guardano ancora con speranza ed ammirazione alla professione giornalistica e non solo: abbiate il coraggio di difendere il vostro diritto al lavoro, la vostra dignità, non chinate la testa davanti al prepotente di turno. E, soprattutto, non lasciate le porte socchiuse, che tanto piacciono alla criminalità, perché il precariato, è bene ricordarlo, è figlio anche del consapevole rifiuto di far valere i propri diritti: il lavoro va pagato e se lo stipendio non viene corrisposto va denunciato, va detto un sonoro no!».

 

 

 

 

 

 

Di admin

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