Il 13 giugno prossimo, nell’aula bunker del carcere di Lecce e al cospetto del giudice per l’udienza preliminare della città salentina Carlo Gazzella, dovranno comparire ben trentanove persone, tutte indagate nell’ambito d’una maxinchiesta denominata “Bolle di sapone” che ha consentito di sgominare una presunta holding del veramente falso con base proprio nel Salento grazie ad una filiera di sodali e ricettatori. E nel lungo elenco degl’indagati figura pure il nome d’un noto commerciante all’ingrosso del comprensorio della Sibaritide e residente nella città di Corigliano Rossano.

Si tratta di Francesco Domenico Ungaro, 45 anni (foto), già coinvolto nel passato, e pure in tempi recenti, in altre grosse inchieste giudiziarie per reati d’usura, truffa, frode fiscale e simili. Per Ungaro, quindi, non è una novità quella di trovarsi ad avere a che fare con la giustizia.

Secondo le indagini condotte dai militari della Guardia di Finanza di Otranto, il presunto sodalizio dell’autentico falso in cui sarebbe stato inserito il commerciante locale, avrebbe raggirato aziende note a livello internazionale come Dash, Infasil Intimo, Dixan, Chante Clair e General Chili. Una filiera del falso organizzata nei minimi dettagli ed in cui ognuno degl’indagati avrebbe ricoperto un ruolo ben preciso per consentire agl’ingranaggi della catena di contraffazione di funzionare al meglio e per consentire ai presunti sodali di portare avanti un business parallelo a quello legale. Gl’investigatori hanno tracciato tutte le fasi che hanno caratterizzato la filiera del falso. Alcuni imputati avrebbero “curato” la produzione di detergente liquido per la casa e per la persona e dei relativi contenitori in plastica. In alcuni casi, l’intero materiale veniva poi trasferito in un capannone nella zona industriale di Lecce trasportato con automezzi guidati da altri soggetti compiacenti. E nel chiuso d’un deposito, lontano da occhi indiscreti, l’holding del veramente falso avrebbe provveduto all’imbottigliamento, all’etichettatura ed all’apposizione di timbri sui cartoncini dei prodotti contrassegnati dal marchio in questione. Operazione che, per il confezionamento dei detergenti, veniva realizzata ricorrendo ad appositi macchinari. Nella catena della filiera sono coinvolte pure una tipografia ed una stamperia che avrebbero contraffatto i segni distintivi. I prodotti abilmente riprodotti uscivano come originali e pronti per essere immessi nel mercato del circuito legale con un notevole danno in termini economici e d’immagine per le aziende beffate.

Le accuse, a vario titolo, per i trentanove indagati, sono d’associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione, all’introduzione nello Stato ed al commercio di prodotti con segni falsi ed alla vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Nella richiesta di rinvio a giudizio a firma del procuratore aggiunto di Lecce Guglielmo Cataldi compaiono anche sei persone offese, rappresentanti legali delle aziende The procter & Gamble Company, Real Chimica (per il prodotto Chante Clair), Henkel Italia Srl, Manetti H Roberts Spa, Aziende chimiche riunite Angelini Francesco e l’Amministrazione finanziaria dello Stato.

 

 

 

 

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