Dal primo pomeriggio di ieri un pool di magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri ha il compito di decifrare lo scenario preciso – quello nascosto ancor più dietro dell’ovvia e semplicistica conclusione della riapertura della guerra di ‘ndrangheta – in cui è maturato il plateale omicidio d’uno tra i storici e più importanti boss della Sibaritide

il 63enne Leonardo Portoraro crivellato dalle bocche di fuoco e piombo d’un fucile mitragliatore kalashnikov e d’una pistola calibro 9 davanti al suo bar di Villapiana Lido (foto) 

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IL CONTESTO Portoraro era un boss che aveva patito dodici anni di carcere, diversi dei quali al 41-bis, ma da anni era libero. E “scomodo”. Già, ma a chi? Sul punto, non bisogna andare certo troppo lontano dal grand’angolo sibarita da cui l’hanno tolto di mezzo. Qui, da anni, il parolaio “parlamento” politico, economico e sociale, regge la fiducia ad un “governo” che comanda questa disseminata, bellissima quanto maledetta terra e le sue risorse col pugno di ferro: l’esercito – a volte, come ieri, militarmente spietato – degli zingari di Cassano Jonio. Un esercito col quale Leonardo Portoraro, anch’egli cassanese ma residente a Francavilla Marittima ed apolide per gli affari che lo portavano a Villapiana come a Castrovillari, aveva stretto un patto. Già, gli Abbruzzese, il nome della dinastia cassanese, d’origine, appunto, zingara, oggi secondo l’Antimafia capeggiata da uno dei rampolli della famiglia ‘ndranghetista di Timpone Rosso, il quartiere della frazione Lauropoli di Cassano Jonio per la sua presenza passato ai disonori delle cronache nere e giudiziarie. Un capo latitante da tempo ed il cui nome figura in cima alla lista dei ricercati delle forze dell’ordine.

I KALASHNIKOV E POI LA TREGUA La tregua tra gli zingari e Portoraro sarebbe stata decisa subito dopo un altro morto ammazzato eccellente, Federico Faillace, sodale e braccio destro di Leonardo Portoraro, anch’egli trucidato a colpi di kalashnikov la sera del 21 agosto del 2009 nelle campagne che segnano il confine tra Corigliano e Spezzano Albanese. Omicidio tuttora impunito. Qualche mese prima, il 10 giugno, le bocche di quei potenti mitra inventati nell’ex Unione sovietica avevano aperto il fuoco mortale nelle campagne di Corigliano, lasciando a terra i corpi del boss Antonio Bruno – che da qui pare stesse stringendo una nuova alleanza a Cassano coi rivali degli zingari – e del suo casuale ed innocente accompagnatore, Antonio Riforma. Pure quel duplice delitto è ancora impunito. Nel frattempo non sono mancate altre eliminazioni di personaggi molto vicini alla criminalità organizzata locale, consumati con modalità meno plateali e con armi differenti dai kalashnikov, che nel simbolismo concreto – qui – rappresentano una vera e propria firma, quella degli zingari, come dimostrato dalla magistratura requirente in numerosi processi e per numerosi altri omicidi.

L’INTERESSE POLITICO E LA NUOVA “106” L’Antimafia riteneva Portoraro ancora attivo nell’ambito della ‘ndrangheta jonico sibarita, e capacissimo, da imprenditore qual’era, di scalare le gerarchie criminali fino magari a ricevere finanche la delega di “ministro dei Lavori pubblici” della ‘ndrangheta locale, ingerendosi negli appalti e nei contratti per opere pubbliche, col placet interessato degli zingari proprio in nome di quel “patto di pace”. Lo scorso mese di maggio, però, la Sibaritide ha visto riconoscersi un maxi-finanziamento: ben 1.300 milioni d’euro finalizzati alla costruzione del nuovo macrolotto della Statale 106 jonica da Roseto Capo Spulico a Sibari. E forse proprio attorno a questo tesoro che sta per piovere dal cielo è ricominciato il clima di tensione criminale, anche se Portoraro quasi certamente non pensava affatto di rischiare d’essere eliminato. Qualche giorno prima d’essere ammazzato sarebbe stato visto dialogare per strada, in piena tranquillità, con un noto uomo politico di Cassano Jonio, il cui municipio è da mesi commissariato a seguito dello scioglimento degli organi elettivi per le supposte infiltrazioni ed i condizionamenti proprio da parte della ‘ndrangheta. D’altronde lo stesso, nelle ultime campagne elettorali, quasi sempre si vedeva sotto i palchi, a dimostrazione del proprio interesse per la vita politica.

GLI ETERNI RIVALI Le indagini – come del resto la logica – si concentrano sulla potentissima consorteria ‘ndranghetista degli zingari, che vede il capoluogo a Cassano Jonio ma potenti ‘ndrine pure a Corigliano Rossano. Perchè la domanda sorge spontanea: chi altri potrebbero essere stati interessati a sbarazzarsi dell’ingombrante presenza dello storico vecchio boss?

 

 

Di admin

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