Da parte dell’imprenditore rossanese Vincenzo Sapia (foto), riceviamo e pubblichiamo una lunga precisazione in relazione ai disordini occorsi presso l’ambulatorio d’Ortopedia dell’ospedale “Nicola Giannettasio” di Corigliano Rossano l’altro ieri e dai noi trattati in cronaca

Corigliano Rossano: distrugge l’ambulatorio d’Ortopedia

Circa i riferimenti benché impliciti di Sapia alle circostanze di fatto e soprattutto alle altre persone coinvolte, decliniamo sin d’ora ogni tipo di nostra responsabilità, addebitabile esclusivamente all’autore della stessa lettera aperta ed in calce firmata.

«Occorre fare chiarezza dopo le ricostruzioni, alcune fin troppo coreografiche e anche un po’ faziose, fatte dalla stampa e purtroppo senza contraddittorio, rispetto a quanto accaduto lo scorso lunedì 25 presso l’ospedale di Rossano. Vi racconto, pertanto, la mia versione, dal momento che ero presente e, ahimé sono stato vittima e protagonista di quei fatti per i quali, insieme al mio legale di fiducia, l’avvocato Ettore Zagarese, stiamo valutando eventuali ipotesi di reato così da sporgere denuncia-querela a carico del medico di turno presso il reparto di Ortopedia dell’ospedale di Rossano.

Nel frattempo è d’obbligo rimettere in ordine gli avvenimenti. Dal momento che qualcuno si permette di dipingermi come un uomo “esuberante” senza però conoscere nulla di quanto realmente successo in quei momenti ed il mio reale stato di salute. Facciamo chiarezza, da subito: la parte lesa sono solo io! Ecco i fatti. A causa delle dolorosissime fratture costali che da giorni mi inibivano nella regolare respirazione, il medico di famiglia mi prescriveva una visita ortopedica di controllo. Lunedì scorso, pertanto, accompagnato da mia moglie, dai miei figlie e da mio genero, non essendo autosufficiente ed avendo la necessità di essere sorretto, mi recavo presso il nosocomio di Rossano, dove venivo sottoposto all’esame dei RaggiX “emicostato sinistro” all’esito del quale il radiologo operante, in conformità anche a quanto prescritto dal medico curante, disponeva la consulenza ortopedica (tanto si legge sul referto). A questo punto, accompagnato dai miei congiunti, ci rechiamo presso il reparto dove chiedo supporto ad un infermiere che, a sua volta, lette le disposizioni del medico radiologo, mi invitava ad attendere lo specialista ortopedico che aveva in corso le visite. Passata un’ora d’attesa, in stato dolorante, chiedevo nuovamente ad un paramedico di essere visitato. Trascorsi pochi minuti da quest’ultima richiesta, con fare un po’ stizzito e seccato, si avvicinava a noi il medico di turno presso il reparto di Ortopedia che, in malo modo, chiedeva a me e mia moglie, cosa volessimo. Ma alla richiesta di essere visitato, l’ortopedico faceva presente che non era di sua competenza. Il tutto, sempre con modi stranamente bruschi e sgarbati. Pur tra l’umiliazione e la frustrazione, per l’atteggiamento incomprensibile del medico, continuavo a chiedere di essere visitato da un ortopedico. E questo non perché lo avessi scelto io ma perché era una precisa e chiara richiesta del medico curante, avvalorata anche da quella del medico radiologo. Di tutto punto l’ortopedico, sempre con modi incomprensibilmente burberi, mi inveiva contro ribadendo che eravamo degli ignoranti, come ignorante era anche il nostro medico di base e che il collega radiologo dell’ospedale era un ciuccio, poiché il trattamento di simili effrazioni non competeva al reparto di ortopedia ma a quello di chirurgia. Ma se un ortopedico non si occupa della frattura composta di una costola di che cose si occupa? Di salsicce, forse?

Ma con molta pazienza e sempre facendo presente le mie condizioni precarie di salute, supplicavo il medico di visitarmi ma fortemente stizzito, alla mia ennesima richiesta, l’ortopedico mi gettava i referti addosso e spingendomi e facendomi pressione proprio sulle costole doloranti mi intimava di andarmene. Questo gesto, oltre a ferirmi socialmente mi ha arrecato un dolore indescrivibile per cui ho iniziato ad agitarmi e nel mio muovermi goffamente, perché attanagliato da spasmi insopportabili, facevo cadere alcuni oggetti che erano attorno al mio raggio d’azione. Come se non bastasse già il gesto di violenza nei confronti della mia persona, l’ortopedico mi scaraventava addosso anche la scrivania dello studio. Mi sentivo, quindi, ancora più male tanto da venire soccorso da altri medici che constatando la effettività delle mie condizioni di salute (peraltro confermate anche dagli esiti della tac che gli stessi sanitari prontamente mi prescrivevano e che, anzi, davano atto di una situazione ancora più grave con spesse strie di addensamento polmonare) e la necessità di essere sottoposto ad esami di laboratorio e di somministrarmi antidolorifici con una prognosi di almeno 20 giorni. Tale condizione e la concordanza delle diagnosi successive ha fatto venire alla luce come realmente avessi necessità di essere sottoposto a visita ortopedica e come la condotta avuta dall’ortopedico di turno sia stata gravemente omissiva e contraria ai sentimenti di umanità ai quali l’operato di un medico deve obbligatoriamente conformarsi. Tra l’altro, la visita era regolarmente prenotata al Cup.

Questi i fatti e questa la verità. Se dal mio comportamento goffo e scomposto, causato dal dolore e cagionato dalla condotta del medico, sono scaturiti danni a cose di patrimonio pubblico, sono pronto al loro risarcimento, ma credo che comunque il comportamento del medico debba avere una giusta sanzione disciplinare. Considerato che un medico è innanzitutto un uomo che, per missione, deve prendersi cura di chi si trova in difficoltà e afflitto dal dolore».

Vincenzo Sapia

 

 

 

 

 

 

 

 

Di admin

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