È passato dal carcere agli arresti domiciliari, nei giorni scorsi, il 46enne coriglianese Piero Francesco Chiaradia fresco di condanna in primo grado a 4 anni di reclusione per spaccio di sostanze stupefacenti nel processo con rito abbreviato celebratosi dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari Chiara Miraglia, che l’ha visto imputato e condannato unitamente al fratello 52enne Giovanni Chiaradia ed ai fratelli Marco e Salvatore Bonafede, di 27 e 35 anni.
Piero Francesco Chiaradia, come gli altri tre, è stato difeso dall’avvocato Pasquale Di Iacov0, il quale aveva presentato apposita istanza di scarcerazione, poi accolta dal giudice, ed ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza di condanna non appena ne saranno depositate le motivazioni.
Secondo le accuse formulate dalla Procura, a seguito delle indagini svolte oltre un anno fa da parte dei carabinieri della Compagnia coriglianese, il quartetto, fino al suo arresto avvenuto il 5 ottobre dello scorso anno, deteneva il monopolio nello spaccio delle sostanze stupefacenti che circolavano nella “piazza” della popolosa frazione marina di Schiavonea, a Corigliano-Rossano, e nei suoi dintorni, in particolare in contrada Fabrizio dove i quattro presunti spacciatori condannati risiedevano. Solo Giovanni Chiaradia è tuttora recluso in carcere, mentre i fratelli Bonafede sono ai domiciliari dallo scorso mese di marzo. Piero Francesco Chiaradia, da qualche giorno ai domiciliari dunque, nel 2010 era stato coinvolto pure nella maxinchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro denominata “Santa Tecla”, per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico.
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