La casa dell’orrore. E delle torture. È uno degli appartamenti d’un grande palazzo che si trova in pieno centro cittadino, allo Scalo coriglianese di Corigliano-Rossano, appena dietro la piazza intitolata a un grande papa e santo, Papa Giovanni Paolo II, ma da tutti chiamata “piazza salotto” (foto). E proprio in quell’appartamento alle spalle del salotto urbano di sera affollatissimo di giovani, v’abitano due fratelli di 57 e 55 anni, F.M. e D.M.: due uomini sfortunati ed ammalati. Uno è disabile e costretto a letto. Entrambi hanno grossi problemi di natura psichica, che spesso affogano nell’alcol. Nessun familiare può prendersi cura di loro, dal momento che hanno soltanto un fratello da qualche tempo rimasto vedovo, e pure lui, a quanto pare, ha grossi problemi, anche economici. Questi due poveri disgraziati che vivono insieme sotto lo stesso tetto dietro la grande piazza dello Scalo coriglianese sono le vittime in carne ed ossa d’una terribile storia vera, nuda e cruda, che andava avanti da qualche tempo.
A renderli vittime in un modo mostruoso, diabolico, era un gruppo d’aguzzini, tutti di giovanissima età. Un branco con ogni probabilità dedito quotidianamente al consumo di droghe d’ogni tipo, i cui micidiali effetti nelle azioni venivano decuplicati dall’altrettanto più che probabile consumo di superalcolici. E il branco aveva preso fisicamente e psicologicamente di mira proprio quei due molto più attempati e indifesi fratelli. Con un particolare sadismo verso il disabile costretto a letto. La manica di delinquenti, strafatta di droga ed alcol, chissà come guadagnava l’ingresso dell’abitazione delle due vittime prescelte. Ben conoscendo la loro propensione per gli alcolici li faceva bere i due poveri cristi, in modo esagerato. E poi passava all’azione con un pazzesco rito di tortura. Denudava quasi completamente il disabile, rendendolo oggetto d’una sorta di liturgia satanica. In pochi minuti il branco disumano si trasformava in un’orda di “fantasmi”, che davanti al letto del povero disabile urlava in modo eccitato, strattonandolo, schiaffeggiandolo e percuotendolo al contempo. Con la povera vittima che, in uno stato di soggezione oramai divenuta totale e con indosso soltanto gli slip e lo sguardo perduto nel vuoto, al cospetto dei suoi diabolici aguzzini credeva proprio d’avere dei fantasmi davanti a quei suoi occhi sbarrati dal terrore. Tutto mentre uno dei componenti il branco videoriprendeva col suo smartphone l’intera scena da film dell’orrore in un set tragicamente reale.
Per quanto tempo esattamente sia durata questa barbarica “pratica”, non si sa. La terribile ed abietta storia è emersa soltanto lo scorso 22 novembre, con l’inizio delle indagini da parte dei carabinieri della Sezione operativa radiomobile della Compagnia coriglianese egregiamente diretta dal capitano Cesare Calascibetta. Indagini finalizzate all’identificazione del branco ed al suo arresto, ma soprattutto all’arresto di quelle inenarrabili torture nei confronti del disabile, come pure del fratello convivente. Uno dei momenti dell’orribile, disumana storia, è cristallizzata proprio in un video agli atti dell’indagine, aperta e chiusa nello stretto giro d’una decina di giorni. Il filmato era stato addirittura pubblicato da uno dei suoi protagonisti sul proprio profilo del noto social network d’Instagram, assai in voga tra i giovani ed i giovanissimi. Un video rimasto “in rete” soltanto per un minuto e mezzo per poi essere rimosso proprio da chi l’aveva dato in pasto ad amici e conoscenti. Ma tant’era bastato, al branco, per mostrarsi nella sua barbarie e farsene vanto con la propria vasta “platea” di contatti su quel social.
Il Tribunale di Castrovillari
Le indagini dei carabinieri sono state puntuali, elaborate, e seguite passo dopo passo dal sostituto procuratore di Castrovillari Valentina Draetta. I detective dell’Arma coriglianese si sono avvalsi degli strumenti tecnologici oggi a disposizione degl’inquirenti e delle metodologie classiche d’indagine quali pedinamenti ed appostamenti. Chiuso il cerchio investigativo, la “palla” è poi passata al giudice per le indagini preliminari del Tribunale castrovillarese Chiara Miraglia, cui il pubblico ministero Draetta aveva richiesto l’ordinanza applicativa della misura cautelare nei confronti del capo-branco, accusato di violazione di domicilio, interferenze illecite nella vita privata e tortura aggravata: per quest’ultimo reato la pena prevista va dai quattro ai dieci anni di reclusione. Si tratta di Alessio Sposato di 19 anni, del luogo, già noto negli stessi ambienti investigativi locali nonché figlio d’un ben noto pregiudicato.
Da stamane il giovane, difeso dall’avvocato Francesco Paolo Oranges, si trova ristretto agli arresti domiciliari. Nei prossimi giorni dovrà comparire dinanzi al giudice per l’interrogatorio di garanzia. I carabinieri della Sezione operativa radiomobile, stamane, durante le operazioni per l’esecuzione dell’ordinanza del giudice nei suoi confronti, hanno acquisito elementi di primaria importanza per l’identificazione degli altri componenti il branco. Elementi ricavati, in primo luogo, dallo smartphone sequestrato a Sposato durante la perquisizione della sua abitazione e successivamente avvalorate dalle spontanee dichiarazioni rese dallo stesso arrestato in caserma alla presenza del proprio difensore. Si tratta d’altri tre ragazzi, due coriglianesi ed un rumeno, tutti gravati da diversi precedenti penali e d’età compresa tra i 19 ed i 26 anni. Adesso toccherà ai magistrati della Procura di Castrovillari assumere gli opportuni provvedimenti nei loro confronti.