Depositati i motivi della condanna a quasi un secolo di carcere per il medico ospedaliero Sergio Garasto, Stefania Russo, Nunziatina Falcone e Piero Andrea Zangaro

 

 

di Fabio Buonofiglio

Un romanzo criminale di ben 140 pagine. La storia narrata però, risalente al 2012 ed ambientata tutta nell’ex Comune di Corigliano Calabro che nel frattempo ha visto cambiare la sua geografia dopo la fusione con l’ex Comune di Rossano, è una vicenda stramaledettamente vera. I protagonisti sono quattro, tutti coriglianesi e tutt’e quattro condannati, lo scorso 17 febbraio, a pene severissime da parte degli otto giudici che componevano la Corte d’assise di primo grado di Cosenza, due togati, la presidente Paola Lucente ed il giudice Luigi Branda, e sei popolari.

 

Quasi un secolo di carcere per loro, dopo ben sette anni e mezzo dal gravissimo crimine compiuto, e cinque da quando il quartetto venne tratto in arresto il 22 gennaio del 2015. Parliamo del noto medico ospedaliero 58enne Sergio Garasto e della 42enne Stefania Russo (nella foto in apertura)della 47enne amica di quest’ultima Nunziatina Falcone, e del 38enne Piero Andrea Zangaro, amico del medico e d’entrambe le donne. I giudici li hanno riconosciuti colpevoli d’omicidio volontario premeditato ed aggravato in concorso tra loro. Per un orribile delitto commesso nel maggio del 2012, nientepocodimenochè nei locali del Pronto soccorso dell’ospedale cittadino “Guido Compagna”. 

 

La vittima? Terrificante solo a pensarsi, oltre che a dirsi e a scriversi. Un bambino, un maschietto, che era appena venuto al mondo, benché prematuramente poichè la puerpera era al settimo mese di gestazione. Un neonato che, appena nato, sarebbe stato diabolicamente soppresso, com’era stato già preventivato dallo stesso quartetto assassino. Ciò che accadde in quella tarda serata del 15 maggio 2012 nel Pronto soccorso del nosocomio coriglianese fu – secondo i giudici – un orrendo crimine, forse il più orrendo che possa soltanto immaginarsi: un infanticidio. Ed è quello che scrive la presidente della Corte d’assise cosentina proprio nelle 140 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna nei confronti dei quattro, che sono state depositate in Tribunale lo scorso 7 maggio.

 

Sergio Garasto 

 

La pena più alta, 25 anni di reclusione, è stata inflitta a Garasto, il “dottor morte”, 24 anni alla Russo, la madre assassina, 23 ciascuno alla Falcone ed a Zangaro, i loro complici. Il pubblico ministero Valentina Draetta aveva sollecitato la pena dell’ergastolo per tutt’e quattro, per avere, in concorso tra loro, provocato l’aborto della Russo, simulando un incidente stradale al fine d’incassare e poi dividersi il risarcimento d’una polizza assicurativa automobilistica per responsabilità civile.

 

«Non v’è dubbio che il feto fosse perfettamente sano, vivo e vitale fino al momento in cui veniva indotto il travaglio ed alla rottura del sacco amniotico ed avesse capacità di vita autonoma, avuto riguardo anche all’età gestazionale» è scritto in uno dei passaggi più emblematici della sentenza, corroborata da una lunga sequela d’intercettazioni telefoniche ed ambientali tra i quattro protagonisti e non solo, che per la stessa Corte d’assise cosentina costituiscono fonti di prova inequivocabili del progetto criminale poi concretizzatosi con la soppressione del feto della Russo.

 

Stefania Russo e Nunziatina Falcone 

 

Già, perché nelle 140 pagine della sentenza i quattro condannati non sono i soli protagonisti d’un contesto criminale più ampio, sfociato in un altro maxiprocesso con 140 imputati, magistralmente denominato “Medical Market” e tuttora in corso per una sequela di reati, tutti aventi come fine quello di truffare le compagnie assicurative attraverso i falsi certificati medici prodotti dallo stesso medico condannato, da altri suoi colleghi e da alcuni avvocati. Come quello che “certificava” quale causa d’aborto un incidente stradale mai avvenuto – proprio quello in seguito al quale la Russo, secondo il piano criminale, aveva perduto il suo bambino – certificato del quale la Corte d’assise ha dichiarato la falsità ordinandone la cancellazione dall’archivio del Pronto soccorso dell’ospedale “Compagna”.

 

L’aula della Corte d’assise nel Tribunale di Cosenza

 

Tra i vari personaggi ampiamente menzionati tra i fatti che hanno condotto i giudici alle lunghe ed argomentate motivazioni della sentenza, il ruolo più centrale – per il suo attivismo nel contesto criminale enucleato – l’assume la figura dell’avvocatessa coriglianese Francesca Berardi, da qualche tempo divenuta ufficialmente compagna di vita del medico Garasto. I due, all’epoca dei fatti stavano entrambi coi rispettivi coniugi. Secondo la sentenza, l’avvocatessa Berardi avrebbe potuto godere d’una cospicua parte dell’assassina truffa assicurativa ordita, con la quale avrebbe potuto estinguere un mutuo bancario di 80 mila euro che aveva acceso per l’acquisto d’un appartamento. Francesca Berardi esercita tuttora la professione d’avvocato e nell’ambito del maxiprocesso “Medical Market” aveva patteggiato la sua condanna dinanzi al giudice per l’udienza preliminare.

 

Pure il quartetto condannato in primo grado per infanticidio volontario oggi è in libertà. Sergio Garasto vive a Corigliano-Rossano e continua addirittura ad esercitare la professione di medico ospedaliero nel reparto di Pneumologia dell’ospedale “Ferrari” di Castrovillari, Stefania Russo da anni s’è trasferita nel Nord Italia, Nunziatina Falcone vive da anni in Germania, mentre Piero Andrea Zangaro vive a Corigliano-Rossano come Garasto. I loro difensori, gli avvocati Antonio Pucci, Andrea Salcina, Mario Elmo ed Alfonso Sapia, stanno ora lavorando sui ricorsi per quello che sarà il processo d’appello. 

direttore@altrepagine.it

 

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