di Fabio Buonofiglio 

Non era neppure nato il sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi, il quale dopo avere acquisito l’area demaniale marittima alla titolarità del Comune stamattina ha ordinato l’esecuzione dell’abbattimento di quel vecchio immobile da tempo in malora che fu lo stabilimento balneare “L’arca di Noè” ubicato nella zona più centrale del lungomare di Schiavonea, quando proprio in quel luogo della movida estiva d’un tempo si consumò uno dei primissimi omicidi di ‘ndrangheta compiuti nel Coriglianese.

 

Era il 29 giugno del 1978. A raccontare i retroscena di quel delitto fu, alla fine degli anni Novanta, proprio uno degli stessi mandanti dell’esecuzione. Parliamo del fu mammasantissima del “locale” di Sibari Giuseppe Cirillo, divenuto collaboratore di giustizia in seguito alla maxi-inchiesta giudiziaria che nel luglio del 1995 fu battezzata “Galassia” dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e da cui scaturì l’omonimo e primo maxiprocesso agli uomini della ‘ndrangheta dell’intera provincia di Cosenza, ma con riguardo particolare all’area jonica estesa fino a Cirò, nel Crotonese. E fu proprio “don” Peppino Cirillo in persona a narrare ai giudici la trama di quel crimine, durante una delle centinaia d’udienze di quel processo.

 

La ruspa in azione

 

Ad essere ammazzato davanti a “L’arca di Noè” – che però, all’epoca, si chiamava “Lido da Giovanni” – fu Antonio De Vellis, un pescivendolo di Schiavonea vicino agli ambienti criminali di quel tempo. Cirillo (morto per un infarto il 25 maggio del 2007, all’età di 68 anni, durante un’udienza nel Tribunale di Catanzaro) ricostruì le fasi che precedettero l’eliminazione di De Vellis, ed il suo racconto è illuminante per comprendere quali fossero le logiche mafiose del tempo. «Decidemmo che fosse giunto il momento d’ammazzare De Vellis durante una riunione cui presero parte tutti i capibastone e i loro “vice” dell’area jonica. C’eravamo io e Mario Mirabile, Nick Aloe e Silvio Farao di Cirò, Peppe Spina e Aldo Maritato di Trebisacce. In quell’occasione parlarono solo i capi. Gli altri, tra cui Farao, non poterono aprire bocca. La missione venne affidata ad Aloe, Gildo Perri ed Antonio Cavallo. De Vellis aveva un brutto carattere, abusava di donne, sparò contro Pasquale Tripodoro e picchiò Maritato. Fu ammazzato con tre colpi di pistola calibro 38 alla testa». Una delle ultime “esuberanze” dell’ammazzato – è emerso nel processo – fu quando lo stesso si presentò al Lido “Bagamoyo” di Sibari, lo storico locale al tempo “controllato” proprio dalla famiglia di Cirillo, e, per vendere del pesce che aveva con se, affrontò in modo piuttosto scortese il cognato di “don” Peppino, quello che successivamente diventò il suo “vice”, vale a dire “don” Mario Mirabile (anch’egli morto ammazzato il 31 agosto del 1990 nei pressi del bivio stradale di Thurio). In quella circostanza fu proprio “don” Peppino a pacificare gli animi dei due, acquistando tutto il carico di pesce che aveva De Vellis.

 

Da destra il sindaco Stasi, alcuni suoi assessori e i rappresentanti delle forze dell’ordine durante la demolizione

 

Il “Lido da Giovanni”, originariamente di proprietà d’un imprenditore venuto ad investire alla marina di Schiavonea da uno dei vicini comuni arbëreshë, successivamente passò di mano ad un imprenditore coriglianese, e solo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta venne rilevato da esponenti della ’ndrangheta coriglianese, i fratelli Guidi oggi entrambi in carcere, uno dei quali dal 1998 sta scontando una pena definitiva a 30 anni per omicidio. L’immobile sulla spiaggia che ospitava il lido venne loro preventivamente sequestrato su ordine della magistratura antimafia nel 2007, e nel 2012 passò in confisca da parte dello Stato. «L’area demaniale marittima sarà bonificata e riqualificata», hanno specificato il sindaco Stasi e l’assessora Tatiana Novello. Sarà un nuovo tratto di spiaggia libera, dunque. Liberata da quei vecchi fardelli… 

direttore@altrepagine.it

 

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