Per un anno avrebbe tenuto sotto il “pizzo” ’ndranghetista i titolari dell’“Olearia Geraci”

 

 

di Fabio Buonofiglio

Era stato arrestato dai carabinieri lo scorso 14 settembre con l’accusa d’estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso. I militi dell’Arma in forza al Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza gli avevano notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal giudice per le indagini preliminari distrettuale del Tribunale di Catanzaro Filippo Aragona, su richiesta del sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia catanzarese Alessandro Riello. Si tratta del 38enne coriglianese Domenico Russo alias ‘U chiattu (foto), incensurato ma noto negli ambienti investigativi di Corigliano-Rossano. L’uomo è accusato d’avere tenuto sotto “pizzo” di stampo ’ndranghetista i titolari d’una nota azienda di Corigliano-Rossano, l’“Olearia Geraci”, che ha sede nel centro storico coriglianese. Un’estorsione consumata ed aggravata dal contesto ‘ndranghetista cui è ritenuto appartenere l’arrestato, dal mese di febbraio del 2019 al mese di gennaio di quest’anno.

 

Qualche giorno dopo il suo arresto, Russo era comparso dinanzi al gip distrettuale che l’aveva spedito in cella, per il rituale interrogatorio di garanzia. Ma al cospetto del giudice e dei propri difensori, gli avvocati Fabio Salcina ed Ettore Zagarese, lo stesso s’era avvalso della facoltà di non rispondere. Aveva fatto scena muta, insomma.

 

Giovedì primo ottobre scorso s’è tenuta l’udienza di riesame relativa alla misura cautelare in carcere, al cospetto del collegio del Tribunale del Riesame di Catanzaro presieduto da Giuseppe Valea, cui gli stessi difensori del 38enne avevano presentato ricorso. Al termine della seduta, lette ed ascoltate le motivazioni addotte da parte dei legali tendenti alla liberazione dell’uomo o all’applicazione d’una misura cautelare meno afflittiva del carcere, i giudici s’erano riservati la loro decisione. Il cui dispositivo è stato depositato in cancelleria proprio stamane. I giudici della libertà hanno rigettato il ricorso: Domenico Russo deve dunque restare in carcere, in attesa che vengano dichiarate concluse le indagini preliminari sulla grave presunta vicenda estorsiva che lo vede protagonista. Le motivazioni della decisione saranno depositate entro i prossimi 45 giorni, dopo di che i legali che difendono Russo potranno presentare ricorso in Corte di Cassazione.

 

I carabinieri sul luogo dell’agguato ‘ndranghetista cui Russo era miracolosamente scampato lo scorso mese di gennaio

 

Domenico Russo fino a poco più d’un anno e mezzo fa – come confermano fonti investigative – sarebbe stato uomo di fiducia e spesso autista personale del 51enne boss del centro storico coriglianese Pietro Longobucco. Pierinu ‘U iancu era stato ucciso e tolto di mezzo dalla piazza della ‘ndrangheta nei primi giorni di dicembre del 2018. E lo scorso 31 gennaio, un commando di killer rimasto ignoto aveva tentato d’eliminare pure Russo, tra il sagrato della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo e il cancello d’ingresso del Castello ducale di Corigliano, proprio nei pressi della sua abitazione dello stesso centro storico coriglianese.

 

Quattro i colpi di pistola che gli erano stati esplosi contro, non appena era montato nell’abitacolo della propria auto. Ma per sua fortuna, o per l’inesperienza di chi impugnava l’arma che aveva aperto il fuoco, o per l’inaspettata presenza sul luogo del delitto d’un gruppo di consiglieri comunali appena uscito dalla vicina sede municipale per alcune riunioni delle commissioni consiliari, scampò miracolosamente all’agguato. Rimase soltanto ferito: al petto, all’addome e al volto. Le indagini sul tentato omicidio di chiaro stampo ‘ndranghetista sono tuttora in corso e vengono condotte dai magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri.

direttore@altrepagine.it

 

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