di Fabio Buonofiglio

Freddato in serata davanti alla sua abitazione di Sibari, nel Comune di Cassano Jonio. Giuseppe Gaetani, 50 anni, aveva appena parcheggiato la propria autovettura, una Bmw, e stava per rientrare nella sua casa di contrada Pantano Rotondo. Ma da un’auto con a bordo il suo killer col volto coperto da un passamontagna che l’aveva seguito con discrezione, gli è stata esplosa contro una serie di colpi di pistola calibro 9.

 

Ferito a morte. A nulla è valso infatti il soccorso da parte del 118: Gaetani è spirato nell’ambulanza che avrebbe dovuto raggiungere l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza. Un omicidio che porta chiara la firma della ‘ndrangheta. 

 

Sul luogo dell’agguato sono intervenuti i carabinieri della Tenenza cassanese, della Compagnia di Corigliano e del Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza. Del fatto di sangue è stato prontamente informato il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri, oltre al magistrato di turno in Procura a Castrovillari Mauron Gallone.

 

Gaetani, sposato, 3 figli, di mestiere falegname e con precedenti penali, nel recente passato aveva fatto da autista al defunto boss della Sibaritide Leonardo Portoraro, 63 anni, anche lui morto ammazzato in un plateale agguato consumato a colpi di kalashnikov, a Villapiana Lido, il 6 giugno del 2018. La nuova, sanguinaria recrudescenza di ‘ndrangheta era stata “inaugurata” proprio quel giorno.

 

Leonardo Portoraro fu ucciso nel 2018

 

Dopo di lui sono caduti, uno dopo l’altro, il 51enne boss coriglianese Pietro Longobucco, e contestualmente eliminato dalla “lupara bianca” e quindi fatto sparire chissà dove il 31enne pregiudicato e suo amico Antonino Sanfilippo. Era il mese di dicembre dello stesso anno.

 

Il Primo luglio del 2019 è ancora una volta la “lupara bianca” a colpire, con la sparizione dalla frazione di Cantinella, a Corigliano-Rossano, del 43enne coriglianese Cosimo Rosolino Sposato, incensurato ma pericolosamente vicino agli ambienti del crimine organizzato. Pochi giorni dopo, il 22 luglio, in contrada Apollinara, al confine tra Cassano Jonio e Corigliano-Rossano, era poi toccato all’aspirante boss di Castrovillari, il pregiudicato 49enne Pietro Greco residente in contrada Lattughelle di Sibari, ammazzato da alcune raffiche di mitra kalashnikov assieme all’imprenditore agricolo coriglianese Francesco Romano, di 44 anni e con piccoli precedenti.

 

Il 31 gennaio di quest’anno, invece, nel centro storico coriglianese, i sicari di ‘ndrangheta hanno fallito la loro missione di morte. Sì, perché il 38enne Domenico Russo, già autista del boss Longobucco, era rimasto soltanto ferito ed era riuscito miracolosamente a salvarsi dall’agguato tesogli a colpi di pistola calibro 38. Lo scorso 3 giugno rientra in scena il fucile mitragliatore kalashnikov: nella tempesta di piombo vomitatagli addosso è morto Francesco Elia, 40 anni, incensurato ma figlio e nipote dei fratelli Alfredo e Giuseppe Elia, storici boss di Cassano Jonio entrambi eliminati agl’inizi degli anni ’90 nel corso di un’altra cruentissima guerra di ‘ndrangheta.

direttore@altrepagine.it

 

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