In conferenza stampa il procuratore Gratteri e il suo pool antimafia hanno illustrato i risultati dell’inchiesta “Kossa”

 

 

di Maria Teresa Improta

Un controllo totale dell’economia del territorio da parte delle cosche. Soprattutto nei settori trainanti: agricoltura e trasporti. È quanto emerso dall’operazione “Kossa”, che prende il nome dalle origini greche della città di Cassano Jonio, scattata all’alba di stamane e che ha portato all’arresto di 17 persone e al sequestro di circa 10 milioni e 500 mila euro.

 

«Non intendiamo lasciare spazi alla ‘ndrangheta», ha affermato, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta presso la Questura di Cosenza, il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri che ha coordinato le indagini insieme al procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla.

 

 

«Si tratta – ha spiegato Gratteri – di un’indagine che ha interessato famiglie criminali ossessionate dalla necessità di controllare un vasto territorio. Un gruppo che attraverso l’agricoltura, falsi contratti, truffe all’Inps e alle agenzie interinali, estorsioni, intimidazioni ai sindacati, riusciva a drenare denaro pubblico, fare concorrenza sleale e garantirsi i voti degli operai, sempre utili nei periodi di campagna elettorale. Un approccio replicato nel settore dei trasporti. Chi si opponeva entrava in contrasto con famiglie contraddistinte da un feroce pedigree criminale. Clan sostenuti da professionisti che ignorando l’etica lavorano per rendere florida l’imprenditoria mafiosa».

 

 

«La strada da seguire è quella della repressione massiva. La lotta alla ‘ndrangheta ha chiarito il direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina si fa partendo dalla Calabria per poi eradicarla anche nelle aree in cui si è estesa. L’operazione Kossa dimostra come due cosche in guerra negli anni Novanta, oggi hanno stretto accordi e rappresentano lo zoccolo duro dell’agromafia che inquina l’economia della Sibaritide, ritenuta tra le aree in Italia più ricche a livello agricolo. Non deve passare in secondo piano la capacità di incidere sul tessuto imprenditoriale, anche attraverso i sindacati, attivando dinamiche tipiche dell’agire mafioso. La lunga mano della criminalità si è spinta fino ad influire su importanti aziende del nord Italia che avevano investito in coltivazioni e trasporti in Calabria e che hanno dovuto fare un passo indietro. Una gestione che non produce né vantaggi per la comunità né posti di lavoro».

 

 

Il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla ha confermato il patto di non belligeranza che sembrerebbe sia stato stipulato tra il gruppo Forastefano e la criminalità rom degli Abbruzzese: «Hanno gli stessi obiettivi, lavorano insieme per conseguirli, sostenuti da professionisti che si adoperano per effettuare sofisticate truffe, raggiri possibili solo se si hanno conoscenze tecniche. Prestazioni di avvocati e commercialisti che permettono di drenare risorse pubbliche o incassare indennità non spettanti dall’Inps attraverso contratti falsi. La cosca Forastefano mostra una notevole capacità di penetrazione nel tessuto economico grazie alla forza dell’intimidazione creando una sorta di monopolio tra le aziende agricole, le aziende di trasporto e le agenzie interinali che si occupano di fornire manovalanza».

 

Il direttore del servizio centrale operativo della Polizia di Stato Fausto Lamparelli ha descritto la sibaritide come «un distretto strategico per pericolosi gruppi criminali che non si fanno la guerra, ma sono di fatto federati. Colpisce che da un rude apparato militare la ‘ndrangheta dello jonio cosentino sia in grado di trasformare imprese in aziende mafiose, monopolizzare interi settori economici, soffocando chi cerca di lavorare in maniera legalitaria».

 

 

Il vicequestore Fabio Catalano che dirige la squadra mobile di Cosenza e per tre anni ha seguito le indagini precisa che il nome “Kossa” «è stato scelto per marcare la differenza tra la nobile origine greca e l’odierno malaffare. Forastefano ed Abbruzzese da una fase di odio e guerra aperta sono passati ad un’alleanza strategica in più campi: estorsioni, minacce, intestazioni fittizie di beni e aziende, l’imposizione di sovrafatturazioni, la distribuzione delle risorse del settore ortofrutticolo e l’assoggettamento di tutto il settore dell’autotrasporto. Non è un caso se ad essere raggiunti dagli arresti odierni sono anche esponenti di primo piano degli Abbruzzese. L’obiettivo è condizionare l’economia a 360 gradi. Sullo sfondo della vicenda abbiamo i 10 omicidi consumati di recente tra Corigliano e Cassano Jonio. Morti eccellenti nel panorama dei clan con vittime dal particolare calibro criminale».

 

Le indagini si sono svolte senza l’apporto di collaboratori di giustizia, ma con attività di investigazione tradizionali e l’utilizzo di moderne tecnologie che hanno consentito di colpire il gruppo che mortifica l’economia della Sibaritide.

redazione@altrepagine.it

 

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