Con un noto esponente della famiglia Abbruzzese di Cassano Jonio cui è imparentato, avrebbe vessato due fratelli imprenditori di Spezzano Albanese
di Fabio Buonofiglio
Nei suoi confronti il capo della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri, il suo aggiunto Vincenzo Capomolla ed il sostituto Alessandro Riello avevano richiesto l’emissione della misura cautelare in carcere, che il giudice per le indagini preliminari Paola Ciriaco ha rigettato nell’ambito della maxinchiesta anti-‘ndrangheta “Kossa” contro il “locale” di Cassano Jonio che oggi vede alleate le famiglie Forastefano ed Abbruzzese, le stesse che per anni s’erano fatte la guerra con decine di morti ammazzati.
È dunque indagato a piede libero Francesco Orsino, 49 anni (nella foto in alto), incensurato, residente allo Scalo coriglianese di Corigliano-Rossano.
Il suo nome ed il suo volto sono nuovi alla giustizia come alle cronache.
Pare gestisca da anni una grossa officina meccanica per la riparazione di camion nei pressi del quadrivio delle Terme di Spezzano Albanese, e sarebbe imparentato con la famiglia Abbruzzese, la stirpe “zingara” della ‘ndrangheta avente come base la frazione Lauropoli di Cassano Jonio ed attiva da anni nell’intera Sibaritide, da Rocca Imperiale a Corigliano-Rossano.
La conferenza stampa in Questura a Cosenza dopo gli arresti di martedì scorso
Ed è proprio assieme ad un Abbruzzese, Leonardo Abbruzzese detto “Nino”, 35 anni – anch’egli indagato a piede libero – che Orsino figura nella rubrica d’imputazione redatta dai pubblici ministeri antimafia.
Entrambi accusati d’usura ed estorsione aggravate, finalizzate ad agevolare l’organizzazione di ’ndrangheta e ad incrementarne gl’illeciti profitti.
Abbruzzese ed Orsino, secondo le accuse dei magistrati, in concorso tra loro, avrebbero prestato denaro ad un numero indeterminato di soggetti. In una circostanza, avrebbero erogato un credito di 5 mila euro a tale Giovanni Falcone, imprenditore nel settore degli autotrasporti di Spezzano Albanese.
Il procuratore Gratteri risponde alle domande dei cronisti
Il fratello della vittima, Francesco Falcone, sarebbe stato infatti più volte minacciato da Orsino su mandato di Abbruzzese, e costretto ad ottenere dal proprio congiunto l’ingiusto profitto costituito dal capitale prestato maggiorato d’interessi d’importo non precisato.
Nello specifico, Orsino avrebbe riferito a Francesco Falcone che si sarebbe trovato in un «serio problema» se non avesse corrisposto il denaro per conto del fratello, e che, in tal caso, avrebbero posto all’incasso i suoi titoli di credito dati in garanzia, col concreto rischio di creare gravi problemi finanziari all’azienda della stessa famiglia Falcone.
Scrivono i magistrati: «Con le aggravanti del metodo mafioso e dell’agevolazione mafiosa, avendo gli autori del reato agito quali componenti della cosca di ‘ndrangheta degli Abbruzzese, operante nel territorio della Sibaritide, determinando in tal modo uno stato di soggezione delle vittime, ed agendo al fine di agevolare la predetta consorteria di ‘ndrangheta.
Con le ulteriori aggravanti di aver commesso il fatto da soggetti facenti parte dell’associazione di cui all’articolo 416-bis del Codice penale, per assicurarsi il profitto del delitto ed approfittando di circostanze tali da ostacolare la privata difesa, costituite dallo stato di difficoltà economica delle persone offese».
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