‘U chiattu stamane ha reso spontanee dichiarazioni davanti al giudice dicendosi estraneo alla ’ndrangheta

 

 

di Fabio Buonofiglio

Nei suoi confronti il giudice per le indagini preliminari distrettuale antimafia di Catanzaro Filippo Aragona, aveva fissato, su richiesta del procuratore capo Nicola Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Capomolla e del sostituto Alessandro Riello, il processo con rito immediato per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

 

Il 38enne coriglianese Domenico Russo detto ‘U chiattu (foto), assistito e difeso dall’avvocato Ettore Zagarese del foro di Castrovillari, ha però scelto e richiesto di poter essere giudicato col rito abbreviato. 

La scelta processuale è stata accordata proprio stamane, all’udienza tenutasi nel Tribunale di Catanzaro dinanzi al gip Valeria Isabella Valenzi. Col processo che è stato perciò fissato per il prossimo 13 maggio.

 

Gli episodi estorsivi contestati a Russo sono due. Entrambi compiuti, tra l’inverno del 2019 e l’inverno del 2020, nei confronti dei titolari della nota azienda agroalimentare coriglianese “Olearia Geraci”. 1500 euro di “mazzetta” all’anno.

 

Per quei fatti, il 14 settembre del 2020, ‘U chiattu era finito in carcere ed è tuttora detenuto. Domenico Russo, il 31 gennaio del 2020 era rimasto vittima d’un tentato omicidio di chiaro stampo ‘ndranghetista consumato e miracolosamente per lui fallito nel centro storico coriglianese. 

 

Ferito da diversi colpi di pistola calibro 38 e ricoverato in ospedale, nonostante il timore di parlare esplicitamente per paura di ritorsioni contro i suoi familiari, incalzato dai carabinieri aveva ammesso d’aver portato a compimento l’estorsione nei confronti degl’imprenditori Geraci. 

E forse proprio per questo fatto la ’ndrangheta coriglianese aveva deciso di toglierselo di mezzo, per sempre.

 

L’auto di Russo crivellata dai colpi di pistola il 31 gennaio del 2020 quando scampò all’omicidio

 

All’udienza di stamane ‘U chiattu ha deciso di rendere spontanee dichiarazioni dinanzi al giudice, al pubblico ministero e al proprio difensore.

 

Ha detto che la propria confessione ai carabinieri, riferita a un contesto di ‘ndrangheta e cristallizzata nelle registrazioni delle intercettazioni ambientali che erano state disposte dall’Antimafia proprio nella stanza di degenza ospedaliera a seguito del suo tentato omicidio, sarebbe stata una confusionaria conseguenza del suo allora grave stato di prostrazione psicologica, oltre che fisica.

 

Sul punto Domenico Russo ha insistito, negando energicamente d’avere compiuto l’estorsione ai Geraci quale uomo di ’ndrangheta, contesto cui ha negato propria conoscenza ed appartenenza, bensì d’avere agito in nome e per conto proprio. Il 13 maggio, dunque, affronterà il processo. 

direttore@altrepagine.it

 

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