di Fabio Buonofiglio

Le organizzazioni di ’ndrangheta attive nel vasto comprensorio della Sibaritide hanno, storicamente, una grande e variegata disponibilità d’armi a loro disposizione da utilizzare all’occorrenza. E quanto ad “occorrenze”, negli ultimi tre anni ve ne sono state molteplici. Omicidi che recano l’inequivocabile, originale griffe della malapianta sibarita.

 

Gli ultimi teatri di sangue sono stati i Comuni di Villapiana, Corigliano-Rossano e Cassano Jonio, e in quest’ultimo caso è stata particolarmente interessata proprio la popolosa frazione di Sibari.

 

A governare le numerose attività criminali della piana sibarita da tempo vi sarebbe una “supercosca” composta dalle tradizionali consorterie autoctone assieme alle riconosciute organizzazioni criminali d’origine nomade, ma da tanti anni stanziali.

 

Se le armi trovate dai carabinieri avantieri mattina nascoste in alcuni terreni incolti nelle campagne di Sibari siano state “protagoniste” in qualcuno degli ultimi delitti di ‘ndrangheta lo stabilirà il Reparto d’investigazioni scientifiche di Messina della Benemerita.

 

 

Già. Ma chi ha dato la soffiata agli “sbirri”? Qualche “anonima” spia di ‘ndrangheta contrapposta ai “padroni del vapore” in qualche modo venuta a conoscenza che tra i canaloni irrigui di quelle radure c’erano delle armi e così ha voluto consumare una vendetta? Mistero.

 

Perché appare indubbio come i detective della Compagnia coriglianese e della Tenenza cassanese, avvalendosi del prezioso e determinante ausilio delle unità cinofile addestrate anche per la ricerca d’armi in forza allo Squadrone eliportato “Cacciatori” di Vibo Valentia, non possono essere arrivati per pura intuizione o per mero caso tra quelle campagne della piccola contrada Corsi di Sibari.

 

Dietro la loro attività andata a buon fine potrebbe infatti aleggiare l’ombra di qualche ipotetico “fresco” pentito di ‘ndrangheta. E proprio in tali casi, appena dopo le prime “cantate” dell’aspirante collaboratore di giustizia coi magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, gli stessi inquirenti delegano le forze dell’ordine a ricercare i primissimi riscontri alle dichiarazioni, per verificarne l’attendibilità o meno. E in questo ipotetico caso il supposto pentito potrebbe addirittura essere l’“armiere” della ‘ndrangheta sibarita.

 

 

Naturalmente si tratta soltanto d’ipotesi, dal momento che le fonti investigative sul punto tengono le bocche assolutamente serrate proprio come si conviene in questi casi, ma appena il giorno successivo al ritrovamento delle armi a Sibari, i carabinieri del Comando provinciale hanno ritrovato armi pure a Cosenza, nascoste ai piani alti d’un alto palazzo.

Armi più o meno dello stesso tipo di quelle sibarite ed accomunate dalla presenza d’una mitraglietta “Uzi”, un’arma da guerra di fabbricazione israeliana.

 

“Scoperta” fortuita pure quella del giorno dopo? Chissà. Un mese fa, il 16 febbraio scorso, la Procura antimafia catanzarese guidata da Nicola Gratteri ha fatto scattare la retata relativa all’indagine “Kossa”, con 17 arresti e circa 200 indagati complessivi. Che ci sia qualcuno che abbia già deciso di “saltare il fosso”? Vedremo.

direttore@altrepagine.it

 

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