di Fabio Buonofiglio

L’estate sarebbe ufficialmente cominciata un paio di settimane dopo, ma sulla costa jonica sibarita faceva già molto caldo. Era la mattina del 6 giugno 2018. C’è un “signore eccellente” che da un pezzo ha superato la sessantina seduto a uno dei tavolini esterni del “Tentazioni”, uno dei tanti locali di Villapiana Lido che s’affaccia su quella vecchia Strada statale 106 che tra luglio ed agosto a qualsiasi ora è tutt’un brulicare di bagnanti a piedi che vanno e vengono dalla spiaggia.

 

Col bicchiere in mano, l’uomo sorseggia una bibita fresca: è uno storico, importante boss della ’ndrangheta sibarita, e non sembra temere alcunché.

È tranquillo insomma, e poi si trova a “casa sua”: sì, perché quel locale è gestito dai suoi più stretti familiari.

 

IL PRIMO E IL “PIÙ ECCELLENTE” DEI DELITTI DEGLI ULTIMI TRE ANNI

All’improvviso, sfrecciando come un fulmine dalla direzione di Trebisacce, lì davanti frena un’auto scura, un’Audi A3 dalla quale il vecchio padrino della Sibaritide vede scendere due uomini incappucciati.

E capisce immediatamente che il suo tempo è finito, Leonardo Narduzzu Portoraro, 63 anni, nei suoi ambienti noto anche come giornalu favuzu (giornale falso).

I due freddi e determinati sicari non gli danno nemmeno il tempo d’alzarsi per fuggire e magari mettersi in salvo.

 

I carabinieri del Comando provinciale di Cosenza e della Compagnia di Corigliano sul luogo del delitto

 

LE ARMI USATE DAI SICARI

Uno impugna due pistole: nella mano sinistra stringe una Glock calibro 9, nell’altra un revolver calibro 38, ed ha una mira infallibile: prima spara con una e subito dopo con l’altra.

Don Narduzzu viene fulminato da tre pallottole proprio mentre l’altro killer apre la sua raffica di fuoco e piombo col fucile mitragliatore Kalashnikov imbracciando il quale è sceso dalla potente auto guidata da un terzo complice.

 

DA ALLORA ALTRI QUATTRO OMICIDI E DUE LUPARE BIANCHE

L’eliminazione di Portoraro ha aperto una nuova stagione di sangue nella Sibaritide: da quel giorno di quasi tre anni fa, infatti, tra Villapiana, Sibari e Corigliano-Rossano siamo già a sette morti ammazzati.

Con cinque cadaveri ritrovati e due casi di “lupara bianca”.

 

Il defunto boss Portoraro in una vecchia foto segnaletica

 

È GUERRA AGLI “SCISSIONISTI”?

Non sembra affatto però una guerra di ‘ndrangheta, fatta di omicidi e relative vendette come nel recente passato.

Stavolta il quadro sembra ben diverso. Già, perché ora vi sarebbe una “supercosca” di ‘ndrangheta a controllare il vasto comprensorio della Sibaritide. Composta dalle tradizionali consorterie autoctone assieme alle riconosciute organizzazioni criminali d’origine nomade, ma da tanti anni stanziali.

 

Il procuratore Gratteri nella conferenza stampa relativa all’operazione “Kossa”

 

LE INDAGINI DELL’ANTIMAFIA

Secondo la magistratura antimafia di Catanzaro sarebbe essa la responsabile degli efferati omicidi compiuti nell’ultimo triennio.

La Procura distrettuale guidata da Nicola Gratteri sta lavorando sodo per decifrare la trama d’un quadro criminale forse bidimensionale. Nel quale è molto probabile che spirasse o che spiri ancora il vento di qualche tentazione scissionista dalla “supercosca”, e in contrapposizione proprio ad essa nella gestione dei fiorenti affari criminali dell’intero comprensorio.

 

L’INCHIESTA “KOSSA” E LE ARMI RITROVATE

Qualche timido ma significativo risultato è arrivato lo scorso 17 marzo, un mese e mezzo fa. Quando nella rurale contrada Corsi di Sibari i carabinieri della Compagnia di Corigliano hanno trovato un piccolo ma importante arsenale d’armi:

 

una pistola mitragliatrice Uzi con due serbatoi, una pistola Glock con tre caricatori, diverse decine di munizioni delle due armi, una pistola calibro 9, un revolver calibro 38, dei serbatoi di Kalashnikov con relativo munizionamento e un altro migliaio di munizioni di vario genere.

 

L’arsenale trovato dai carabinieri nelle campagne di Sibari

 

Armi e munizioni sono state immediatamente inviate al Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri di Messina per i rilievi del caso. Che dovranno appurare se alcune siano non solo d’identico tipo di quelle che hanno utilizzato i killer di Portoraro, oppure se siano proprio quelle servite per eliminare l’importante boss.

 

Un mese prima del ritrovamento delle armi, il 16 febbraio, proprio nella Sibaritide il procuratore Gratteri aveva fatto scattare la retata della polizia di Stato relativa all’inchiesta anti-‘ndrangheta “Kossa”, con 17 arresti e circa 200 indagati complessivi.

direttore@altrepagine.it

 

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