Le veloci e violente “pratiche di successione” all’ex Nicola Acri che adesso collabora con la giustizia. Il ruolo dei Solferino nella riorganizzazione degli assetti di comando criminale

Violenza ’ndranghetista finalizzata ad “avvertire”, ad “avvisare”, a “mettere in riga” e – in definitiva – a informare che le cose stanno cambiando o che sono già cambiate. Dal lungomare al centro storico rossanesi passando per lo Scalo, le frazioni e le contrade, cosa sta succedendo da oltre due settimane in qua?

A indagare sono il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Vincenzo Capomolla, il “numero due” del procuratore capo Nicola Gratteri, e il sostituto procuratore Stefania Paparazzo.

I due magistrati antimafia sono impegnati a decifrare gli esatti termini dei fermenti e delle inquietudini interne alla ‘ndrina rossanese di Corigliano-Rossano, quella che fino a una manciata di settimane addietro era sotto la stabile egida del 42enne ex superboss locale Nicola Acri (foto in alto). Il quale, dopo dieci anni di carcere al 41-bis, ha deciso di cantare, di vuotare il proprio grande sacco, di collaborare con la giustizia.

“Occhi di ghiaccio” ha spiazzato tutti 

Acri ha spiazzato i suoi ex sodali, gli uomini che negli anni aveva assoldato alla sua ’ndrina, cresciuti sotto la sua ombra, alcuni dei quali cresciuti pure quanto ad importanza criminale e buona parte dei quali oggi fuori dalle carceri. Liberi quindi di circolare e di “trafficare” nel rossanese, spingendosi forse pure nel resto del circondario.

Le acque criminali rossanesi sono assai agitate. La chiave investigativa “naturale” conduce proprio a Nicola Acri, al pentimento dell’ex carismatico boss e spietato killer soprannominato “Occhi di ghiaccio”. La sua ex ‘ndrina era federata con il locale di Cassano Jonio, alleata con la ‘ndrina coriglianese – già da molto prima della fusione tra i due ex Comuni – e ben riconosciuta dal crimine di Cirò. E la sua defezione ha generato un vuoto di potere fisiologico.

Roba che il linguaggio violento quanto criptato della burocrazia ‘ndranghetista potrebbe voler significare che i disordini di queste settimane sono una sorta di disbrigo delle pratiche di successione all’ex boss. 

I disordini violenti delle ultime settimane

Il bubbone e la spirale di violenza sono scoppiati lo scorso 13 luglio. Con ben tre aggressioni fisiche finalizzate al pestaggio. La più eclatante è stata quella ai danni del 39enne Gennarino Acri, fratello del fu capo-‘ndrina. Quel giorno la sua Smart viene bloccata sul lungomare di Sant’Angelo da un’altra auto, il cui guidatore taglia la strada a Gennarino. Lui è costretto a scendere dall’abitacolo e due persone lo prendono a bastonate, spedendolo in ospedale.

Gennarino Acri

Per quei fatti la Procura distrettuale ha da ieri formalmente incriminato il pregiudicato 41enne Gaetano Solferino e suo nipote Gaetano Solferino di 22 anni. I quali è da escludere abbiano agito per loro “esclusivo conto”.

Nei giorni successivi analoghi episodi di violenza, ulteriori pestaggi ai danni di vari pregiudicati, incendi d’automezzi, l’uccisione a colpi d’arma da fuoco del cane pastore tedesco d’un altro noto pregiudicato, spari contro le abitazioni d’altri soggetti “dell’ambiente”. Tutta gente un tempo fedelissima a “Occhi di ghiaccio” quanto oggi vicina al fratello Gennarino.

L’auto di Gennarino Acri rimasta sulla strada dopo il pestaggio

L’enigmatico nuovo capo e i “messaggi” dei Solferino     

Difficile, se non addirittura impossibile, pensare che l’erede di Acri non sia stato ancora designato e che lo stesso non goda del favore e del consenso unanime del crimine di Cirò, del locale di Cassano Jonio e della ‘ndrina coriglianese. E impossibile da credere che lo stesso non abbia avuto un ruolo nelle spedizioni punitive, benché esse pare abbiano suonato la carica al ritmo di botta e risposta.

Gaetano Solferino

Chi ha deciso di picchiare gli ex “compari” di Nicola Acri l’avrebbe fatto per mandare un messaggio chiaro e forte: “Adesso comandiamo noi”. E i Solferino potrebbero essersi rivelati utili a farlo recapitare. Già, ma chi è il nuovo boss di Rossano? Ai giudici l’ardua sentenza. direttore@altrepagine.it

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Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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