Ieri la Corte d’Assise d’appello di Catanzaro ha assolto il coriglianese Vincenzo Guidi che era stato condannato a 30 anni di carcere

Una nuova “verità” e una nuova sentenza per uno dei tanti omicidi di ‘ndrangheta compiuti nella Sibaritide un trentennio fa. Quello che venne consumato in una casa di contrada Fabrizio piccolo a Corigliano, nel lontano 1992. 

Ecco chi era la vittima

Ad essere ammazzato, in un modo terribile, toccò a Tonino Russo, un imprenditore edile di Cosenza di 36 anni, che viveva tra Cosenza, Altomonte e Corigliano.

Russo era nipote di Gildo Perri – un imprenditore amico dell’oramai defunto ex boss di Sibari Giuseppe Cirillo – assassinato nel 1979 in un cantiere di Rose. A Gildo Perri era stato tra l’altro ucciso, nel 1978, il figlio di 11 anni, Pasqualino. Il ragazzino venne falciato da una raffica di mitra esplosa all’indirizzo del padre e di Cirillo che stavano cenando all’interno del ristorante “L’elefante rosso” di Rende. L’anno dopo toccò al genitore.

La famiglia di Tonino Russo è insomma stata segnata dalla violenza ‘ndranghetista. 

Le confessioni del “pentito” coriglianese suo omonimo  

A parlare dell’omicidio Russo è un altro Russo, al secolo Tommaso, dal 1997 “pentito” ed ex spietato killer al servizio di quello che fu il locale di ’ndrangheta di Corigliano retto dal defunto boss Santo Carelli.

Nel verbale di confessioni reso l’11 ottobre del 1997 agli allora magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Salvatore Curcio e Carla Canaia, Tommaso Russo s’autoaccusa d’avere partecipato all’omicidio dell’imprenditore, accusando come esecutore materiale del delitto Vincenzo Guidi:

«L’ha strangolato col filo di nylon usato per la pesca. Guidi e Santo Carelli lo convocarono a una riunione in una casa di Fabrizio piccolo a Corigliano. Appena fece ingresso nell’abitazione e si sedette venne immobilizzato. Non ebbe il tempo di reagire, implorava pietà mentre gli veniva passato il filo sul collo…».

La fine dell’imprenditore fu immediata. Tonino Russo tentò, lottando con la morte, di divincolarsi. Ma fu tutto inutile. Le forze l’abbandonarono dopo una trentina di secondi. La morsa del suo carnefice non gli diede scampo.

Il cadavere non è stato mai ritrovato 

«Consegnammo il cadavere ai cassanesi, che lo fecero sparire. Non so dove venne sotterrato», concluse Tommaso Russo.

Il 36enne rimase vittima della guerra di ’ndrangheta che nei primi anni Novanta insanguinò l’intera Sibaritide. I coriglianesi in quel periodo scalzarono a suon d’agguati il capobastone di Sibari Cirillo, che aveva dominato incontrastato per quasi vent’anni in tutto il comprensorio. Tutti gli amici del boss furono assassinati, uno dopo l’altro.

«Tonino Russo venne fatto fuori perché faceva il doppio gioco. Fingeva d’essere legato a Carelli, ma, in effetti, manteneva rapporti con Leonardo Portoraro (ammazzato a Villapiana nel 2018, ndr)», spiegò ai magistrati Tommaso Russo ch’è reo confesso d’altri orrendi crimini, tra cui l’uccisione di Giovanni Viteritti (per cui è stato condannato con sentenza definitiva) avvenuta il 17 gennaio del 1997 nei pressi della piccola stazione ferroviaria di Thurio, sempre a Corigliano.

Viteritti, detto Giuvann ‘u pazzu, cadde nell’ambito d’una guerra intestina scoppiata tra esponenti del locale di Corigliano che si contendevano la “reggenza” dopo l’arresto di Carelli. Per lo stesso omicidio Viteritti è recluso in carcere, dal 23 luglio del 1998, pure Vincenzo Guidi, che sta scontando la pena relativa alla sua condanna definitiva a 30 anni. 

Le dichiarazioni, la ritrattazione e la nuova versione di un altro “pentito” coriglianese 

A parlare dell’omicidio di Tonino Russo fu pure un altro “pentito” coriglianese, Giovanni Cimino, che fece delle dichiarazioni de relato in un verbale dell’11 luglio 1998. Venne incriminato anche lui, ma una volta ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari richiese ai magistrati di poter essere interrogato. E si tirò fuori, dichiarando di non saperne nulla.

Nei giorni scorsi Cimino è stato risentito dai giudici della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro (presidente Gabriella Reillo, a latere Caterina Capitò) ai quali oggi riferisce che ad ammazzare l’imprenditore sarebbe stato personalmente Santo Carelli, deceduto per malattia nel gennaio del 2016.

L’assoluzione di Guidi 

Il processo per l’omicidio Russo, conclusosi nella giornata di ieri, vedeva imputati proprio Tommaso Russo e Vincenzo Guidi, quest’ultimo difeso dagli avvocati Francesco Paolo Oranges del foro di Castrovillari e Giuseppe Bruno del foro di Paola.

L’avvocato Oranges

Il verdetto? I giudici hanno confermato la condanna di Russo e mandato assolto Vincenzo Guidi. Che in primo grado aveva preso 30 anni. Soddisfatti, ovviamente, i due legali del collegio difensivo. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni. direttore@altrepagine.it  

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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