Stamattina, proprio mentre seduto assolvevo alle mie consuete funzioni mattutine smartphone alla mano un po’ come tutti, su Facebook m’imbatto nell’articolo d’un pregiato intellettuale rossanese.
Giornalista, ma soprattutto dirigente comunale in pensione e risaputo “delatore” del sindaco di corigliano-ROSSANO Flavio Stasi quando quest’ultimo faceva opposizione dall’esterno prima e da consigliere comunale di Rossano dopo.
Oggetto del colto ed illuminante editoriale, le imminenti elezioni per la Presidenza della Provincia di Cosenza e la candidatura di Stasi.
Uno scritto che s’unisce all’auto-esaltato coro bizantino della terza città delle Calabrie, mentre con rammarico, oramai da qualche anno, non leggo più uno scritto o apprendo d’un intervento pubblico da parte d’intellettuali, donne e uomini di cultura coriglianesi, su come, a loro parere o giudizio, stia andando questo nostro mondo.
La svendita silenziosa dei coriglianesi
Proni e (s)venduti i cosiddetti “amici dell’arte”, che ora i pavoni danteschi, petrarcheschi e boccacceschi li fanno più nel chiostro di Palazzo San Bernardino che nel Castello ducale, ammutoliti i professori e gli avvocati, finito l’inchiostro degli scrittori, nel Nord del Paese (si fa per dire!) tutto tace.
A far eccezione, tra essi, solo qualche resistente o renitente, il cui pensiero politicamente scorre veloce non lasciando quasi mai segno nei velocissimi meandri di Facebook.
Un guaio tutto e solo politico
Siamo messi male. Molto male. Il guaio, però, non è “istituzionale” perché il sindaco è rossanese. Il guaio è solo, soltanto politico. E – politicamente – i coriglianesi non sono “marginali”: sono inesistenti. A partire dal livello istituzionale, a seguire senza sconti per nessuno.
Tra assessori in Giunta col sindaco e consiglieri della loro maggioranza, sono 5 su 13. In realtà sarebbero 6, ma l’assessora Alessia Alboresi, originaria di Modena in Emilia-Romagna, ma da anni ben trapiantata a corigliano-ROSSANO dove la sua famiglia coriglianese l’ha eletta consigliera, sostiene a chiare lettere che:
«Tutta la retorica dell’appartenenza e delle radici pure ad excludendum non mi appartiene e mai mi apparterrà. Io preferisco abbattere steccati, piuttosto che costruirli. Io mi fondo, non mi distinguo».
Per questo ne va apprezzato tutto il coraggio.
Gli altri?
L’inesistente vicesindaca Maria Salimbeni, gli assessori Damiano Viteritti e Costantino Argentino, il silenziosissimo consigliere Piersalvino De Gaetano, e soprattutto il consigliere su Facebook Biagio Frasca, al quale bastano due murales accompagnati da pizzetta e birretta in Piazzetta Portofino nella “sua” Schiavonea per sentirsi anche lui protagonista della Rivoluzione… rossanese!
Ci hanno creduto fino a un certo punto, poi non hanno retto all’urto della presa della Bastig… – oops, del Castello! – l’ex vicesindaco Claudio Malavolta, l’ex assessore Giovanni Palermo e i consiglieri in carica del loro gruppo “Corigliano-Rossano domani”, Rocco Gammetta, Mattia Salimbeni e Antonio Cassano, i primi due sbattuti fuori da… Luigi XVI-Stasi, gli altri tre oggi oppositori del Re.
L’occupazione politica “tedesca” dei rossanesi, senza Resistenza
Quanto alla Provincia, non quella di Parigi o della Gironda, ma quella di Cosenza, il 18 dicembre i consiglieri comunali rossanesi uniti a fra’ Biagio dei murales e “Piersalvino” come lo chiama in aula la rossanese presidente del Consiglio comunale Marinella Grillo, proprio come fossero in trattoria, hanno votato ed eletto due consiglieri provinciali rossanesi, Salvatore Tavernise e Aldo Zagarese, cui va ad aggiungersi la consigliera provinciale rossanese Adele Olivo.
Un’occupazione tedesca e quasi nazista – altro che “progressisti”! – cui nessuno ha opposto Resistenza.
Adesso è tempo di Presidenza, e quando si dice “Presidenza” a Rossano si pronuncia “Stasi”. Peccato non abbia ancora 50 anni d’età, il sindaco rossanese. Già, perché adesso è tempo, soprattutto, di Presidenza della Repubblica.
E giacchè sulla tazza stamattina ho scoperto che il suo mentore ed ex sindaco rossanese Tonino Caracciolo tanti anni or sono per una manciata di voti non diventò senatore del Regn… – pardòn, della Repubblica! – io, fossi rossanese, un pensierino lì, sì proprio lì, al Quirinale, ce lo farei pure… direttore@altrepagine.it