L’ex boss di Rossano, oggi collaboratore di giustizia, offrirebbe riscontro alle dichiarazioni d’altri due pentiti di Cirò e di Cariati che accusano l’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli imputato nel maxiprocesso “Rinascita-Scott”

Nicola Acri alias “Occhi di ghiaccio”, 42 anni (foto), dagli albori della scorsa estate è il superpentito della ‘ndrangheta jonica sibarita.

Fino alla sua decisione di saltare il fosso era, infatti, il superboss di Rossano. La sua ‘ndrina era alleata, a destra col Crimine di Cirò, a sinistra con il Locale di Cassano Jonio, in mezzo con la ‘ndrina di Corigliano, con stretti comparaggi dal Nord al Sud della Calabria e proprie cellule in alcune aree del Nord Italia.

Era un uomo potente Acri – che s’era conquistato i gradi di ‘ndrangheta distinguendosi come killer sanguinario sin da quando aveva 21 anni d’età – e disponeva d’un proprio esercito di ‘ndranghetisti lui fedelissimi. Almeno fino a quando, oramai in carcere da dieci anni ed ergastolano definitivo, ha deciso d’alzare bandiera bianca, arrendendosi e buttandosi tra le braccia dello Stato. 

Ecco da chi “Occhi di ghiaccio” apprende della possibile corruzione dei giudici di Catanzaro

In un verbale d’interrogatorio dello scorso mese d’ottobre, “Occhi di ghiaccio” spiega ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro diretta dal procuratore Nicola Gratteri, d’avere appreso da Augusto De Simone, marito della figlia di Vincenzo Santoro detto “‘U monacu” e condannato nel maxiprocesso “Stige” contro il Crimine di Cirò, d’alcune vicende di tentata corruzione di giudici della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro da parte di ‘ndranghetisti suoi sodali, finalizzate proprio ad aggiustare processi chiusi in primo grado con condanne all’ergastolo.

La Corte d’Appello di Catanzaro

Acri ha ammesso ai pubblici ministeri antimafia che pure lui stava valutando «se ricorrere alla stessa strategia corruttiva per rimediare a una condanna all’ergastolo da poco ricevuta»

Il tentativo di salvare dall’ergastolo i boss di Cirò tramite il pentito Tripodoro

Ecco quanto dichiarato da Acri:

«All’epoca era stata richiesta una somma di danaro per pagare un giudice per aggiustare il processo a carico di Cataldo Marincola e dei fratelli Giuseppe e Silvio Farao, almeno evitando la condanna all’ergastolo quali mandanti riconosciuti dell’omicidio di Mario Mirabile. Mi disse, che tramite l’avvocato di Marincola, gli era stata fatta tale proposta».

Il superpentito della ‘ndrangheta sibarita ha pure asserito d’avere poi offerto, su mandato di Cataldo Marincola, all’arcinoto pentito ed ex boss di Rossano Pasquale Tripodoro, la somma di 6 mila euro perché lo stesso cambiasse alcuni particolari delle sue dichiarazioni proprio sull’omicidio Mirabile.

Pasquale Tripodoro

Acri ha detto d’aver consegnato il denaro al fratello dello storico collaboratore di giustizia rossanese, e ha precisato che poi il processo andò male, tanto che Marincola avrebbe voluto punire il fratello di Tripodoro che aveva fatto da mediatore. Una punizione mai avvenuta. 

I mandanti dell’omicidio di Mario Mirabile in carcere a vita  

Mario Mirabile, potente camorrista della Campania e capo della Nuova camorra organizzata nella sua Salerno, era da poco il reggente del Locale di ‘ndrangheta di Sibari. Sostituiva il cognato confinato dai giudici nelle Marche, Giuseppe Cirillo, lo storico boss d’origine salernitana che oramai da svariati anni deteneva lo scettro ‘ndranghetista nel Nord della Calabria. E don Mario cognato di don Peppe venne assassinato il 31 agosto del 1990 nei pressi del bivio di Thurio a Corigliano.

Mario Mirabile

A freddarlo con una scarica di piombo, mentre era fermo all’incrocio e al volante della sua Bmw, ci pensò un commando di sicari guidato dall’implacabile killer di Cariati Antonio Cicciù, in seguito pentitosi, per volere dell’oramai nuovo boss della Sibaritide Santo Carelli di Corigliano (deceduto per malattia nel 2016), quest’ultimo forte proprio dell’appoggio dei cirotani, e non solo.

Per l’omicidio Mirabile stanno scontando l’ergastolo definitivo Giuseppe Farao e Silvio Farao, Cataldo Marincola 24 anni di reclusione.

I tre cirotani, in primo grado, nel 1999, furono condannati al carcere a vita. Due anni dopo la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro si dichiarò incompetente e rispedì gli atti alla Corte d’Assise di Cosenza, dove, nel 2003, furono ricondannati. Nel 2005, in appello, sempre a Catanzaro, furono invece assolti, ma il verdetto venne poi annullato dalla Cassazione che dispose un nuovo giudizio di secondo grado in cui finirono ricondannati. La condanna ebbe il sigillo definitivo della Corte di Cassazione nel 2009.

L’informativa del Ros e le dichiarazioni concordanti d’altri due pentiti

Le recenti dichiarazioni di Nicola Acri circa l’obiettivo di corrompere i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro per risparmiare l’ergastolo ai tre boss del Crimine di Cirò, riscontrerebbero le dichiarazioni – più datate – d’altri due collaboratori giustizia: Francesco Farao di Cirò (figlio dello stesso boss Giuseppe), e Domenico Antonio Critelli, di Cariati.

Francesco Farao, pentito e figlio del boss

Le accuse del figlio di Farao e di Critelli all’avvocato Pittelli

Un ruolo centrale, nella vicenda, l’avrebbe avuto l’avvocato Giancarlo Pittelli, oggi imputato nel maxiprocesso “Rinascita-Scott” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Le dichiarazioni del figlio di Farao, di Critelli e di Nicola Acri sono proprio agli atti del maxiprocesso in corso, nero su bianco in una corposa informativa redatta dal maggiore Fabio Vincelli del Reparto operativo speciale centrale dei carabinieri.

Sia Francesco Farao – che ha appreso le notizie «avendole vissute in prima persona» – che Critelli – che le ha apprese «direttamente da uno degli imputati a favore dei quali doveva essere operato il processo dì corruzione» – fanno il nome dell’avvocato Pittelli, il quale avrebbe rivestito un ruolo determinante nella corruzione.

Francesco Farao, nel corso d’un interrogatorio del 2018, ricordò che quando la Cassazione annullò con rinvio l’assoluzione del padre e degli altri due boss vi furono diverse riunioni in famiglia durante le quali suo zio Natale Farao informò la famiglia che Pino Sestito (già condannato in “Stige”)

«era nelle condizioni di “aggiustare” il processo, consegnando danaro ai giudici per il tramite di tale “Mimmo” di San Mauro e tramite l’avvocato Pittella di Catanzaro. Io ho parlato esclusivamente con mio zio Natale, che teneva i rapporti con Pino Sestito.

L’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, oggi imputato eccellente di ‘ndrangheta

Per il tramite di zio Natale ho saputo che Pino Sestito era addivenuto al seguente accordo: i giudici avrebbero avuto, per il tramite di Pittelli e di “Mimmo” di San Mauro un acconto di 120mila euro, i restanti 180mila euro sarebbero stati consegnati al buon esito della sentenza».

La sentenza fu favorevole solo a Cataldo Marincola che fu condannato a 30 anni (Farao ricorda 24 anni che è invece la sentenza definitiva inflitta dalla Cassazione). Giuseppe e Silvio Farao furono condannati all’ergastolo.

Dichiarò, ancora, Francesco Farao:

«Sempre tramite zio Natale ho saputo che, dei 120mila euro, che sono stati comunque consegnati, 80mila euro provenivano dalla famiglia Siciliani, i restanti 40mila euro da Giuseppe Siciliani, il padre del mio socio, che si chiama Cataldo. Infatti Giuseppe Siciliani, padre di Cataldo, detto “Marascrano”, era stato agevolato dalla consorteria in relazione a dei cosiddetti “videopoker”».

Dopo quell’occasione il collaboratore affermò che suo zio e suo padre interruppero i rapporti con Pittelli:

«Conosco l’avvocato Pittella di Catanzaro, con lui non abbiamo mai parlato di queste vicende, ma dopo la condanna all’ergastolo di mio zio e di mio padre abbiamo interrotto i rapporti con Pittella, che non ha più assistito membri della mia famiglia nucleare».

Secondo Domenico Antonio Critelli – in un interrogatorio del giugno 2015 – il compenso pattuito era stato pagato per intero:

«Egli apprende della questione», scrivono i carabinieri del Ros, «come detto sopra, direttamente da Cataldo Marincola che conferma come il pagamento fosse avvenuto e, soprattutto, che vi si era provveduto per il tramite di “un avvocato di cui non ricordo il nome ma che è stato eletto nell’ultima tornala elettorale nel collegio di Catanzaro, con Forza Italia e che so essere stato eletto come onorevole”.

Il profilo corrisponde ovviamente a quello di Giancarlo Pittelli e, sebbene il collaboratore non faccia esplicito riferimento ad una vicenda corruttiva, non si può dare altra interpretazione alle parole “con la garanzia che gli stessi sarebbero stati assolti per le accuse di omicidio al processo per l’uccisione di Mario Mirabile”, soprattutto in considerazione di quanto dichiarato da Farao e da quello che riferisce anche Nicola Acri»

Dichiarò, testualmente, Critelli:

«Ho appreso direttamente da Cataldo Marincola, durante il periodo di codetenzione presso il carcere di Catanzaro, durante lo svolgimento del processo, di una grande lamentela dovuta al fatto che lui stesso e i fratelli Silvio e Giuseppe Farao avevano pagato la somma di 300.000 euro ad un avvocato di cui non ricordo il nome ma che è stato eletto nell’ultima tornata elettorale nel collegio di Catanzaro, con Forza Italia e che so essere stato eletto come onorevole, con la garanzia che gli stessi sarebbero stati assolti per le accuse di omicidio al processo per l’uccisione di Mario Mirabile.

Cataldo Marincola mi spiegava che loro pagarono i 300.000 euro pattuiti ma non ottennero alcuna assoluzione o beneficio, come invece è avvenuto con gli ‘ndranghetisti cosentini nell’ambito del medesimo processo i quali invece hanno goduto di alcuni benefìci tra cui la concessione degli arresti domiciliari». direttore@altrepagine.it 

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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