Una notte di 5 mesi fa, Francesco Le Pera e Matteo Arcidiacono “Cancariello” punirono lo zio di quest’ultimo, con la complicità di Giovanni Arturi “ ’A vozza”
Un omicidio, un tentato omicidio, l’occultamento delle relative armi e di numerose altre armi clandestine, il traffico di droga, le estorsioni, i danneggiamenti.
Di tanto sono accusate le ritenute “nuove leve” della ‘ndrangheta coriglianese di Corigliano-Rossano: 12 persone indagate a vario titolo di ben 14 capi d’imputazione, che vengono contestati loro dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Giuseppe De Salvatore, dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale Antimafia catanzarese, Giancarlo Novelli, dal sostituto procuratore Alessandro Riello e dal procuratore capo Nicola Gratteri.
Il procuratore Antimafia Gratteri
Per 6 di loro, all’alba di martedì scorso, è scattata la misura cautelare del carcere, qualcun altro è finito agli arresti domiciliari, ed altri ancora, per il momento, restano incriminati a piede libero.
L’intera rubrica d’imputazione prevede l’aggravante del metodo, della finalità e dell’agevolazione mafiosa per ogni singolo reato contestato ad ogni singolo indagato.
Tra i danneggiamenti, ve ne sono un paio rilevanti e molto significativi in relazione allo spaccato criminale organizzato attivo fino a qualche giorno fa. Quando i carabinieri del Reparto territoriale guidato dal colonnello Raffaele Giovinazzo e dal tenente Marco Grasso – che hanno condotto l’intera indagine “sul campo” – martedì mattina, su ordine della magistratura Antimafia, l’hanno disarcionato dopo averlo già significativamente disarticolato nei primi giorni dello scorso mese d’agosto attraverso i primi importanti arresti, 4 e d’una certa “caratura”.
Quel gruppo di giovanissimi “azionisti”
La seconda parte dell’inchiesta ha invece disvelato l’esistenza d’un gruppo d’azionisti di ’ndrangheta molto aggressivo, socialmente pericolosissimo e di giovanissima età. Il “capo” che emerge prepotentemente dalle carte giudiziarie, Francesco Le Pera, ha appena 21 anni. Appare come il leader indiscusso di tutti gli altri “ragazzi d’azione” – dei più piccoli di lui, tanto quanto dei più grandi – e nell’inchiesta deve rispondere di quasi tutti gli addebiti, in primis dell’omicidio di Pasquale Aquino detto Pasquale ’U spusato, il pregiudicato 57enne che lui stesso avrebbe ammazzato assieme a un complice, a colpi di pistola e di mitraglietta, la sera del 3 maggio scorso davanti casa della stessa vittima alla Marina di Schiavonea.
Francesco Le Pera
L’incendio della Fiat Punto dello zio di Cancariello
“Vediamolo” all’opera, adesso, Le Pera – e “in presa diretta” – nella pianificazione, nell’organizzazione e nell’esecuzione dell’incendio di un’autovettura. Una delle tante “fatte” quest’anno e negli anni precedenti in città, dalla cosiddetta “Anonima incendi”.
In questo caso, al contrario, i nomi dei presunti responsabili ci sono eccome: assieme a quello di Le Pera, c’è quello di Giovanni Arturi detto ’A vozza, di 43 anni, e quello di Matteo Arcidiacono soprannominato Cancariello, di 26.
Giovanni Arturi
L’incendio di che trattasi è stato compiuto la notte del 15 luglio scorso – meno di 5 mesi fa – all’una e quaranta circa in Via Antonio Ungaro, nella zona cosiddetta del Gallo d’oro allo Scalo coriglianese.
La griffe è ‘ndranghetista e il ritenuto movente dell’azione è stato “omissato” dalla magistratura Antimafia. La persona “da punire” e “punita” con l’incendio della propria autovettura sotto casa si chiama Maurizio Garzaniti. L’uomo, 75enne, è originario di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova. Quella notte non era in casa e la circostanza era risaputa a Le Pera, che era a conoscenza del fatto che la vittima era partita proprio per la Lombardia, a far visita a sua figlia.
Già, ma chi è Garzaniti?
Si tratta, nientedipocodimenochè, dello zio d’uno degl’incendiari: la moglie di Garzaniti è infatti la 56enne Franca Dima, sorella di Patrizia Dima di 49 anni che è la madre di Cancariello, al secolo Matteo Domenico Maria Arcidiacono. Il 26enne sapeva molto bene che si trattava di suo zio, ma era stato chiamato dal “capo” per «un lavoro» e il dovere criminale l’aspettava.
Matteo Arcidiacono
Un impianto di video-sorveglianza privato posto sul balcone d’una di quelle palazzine riprese e registrò il passaggio d’una Fiat Panda grigia sul posto, l’auto “civetta” usata da Le Pera e Arcidiacono per andare a fare «l’imbasciata», cioè “il servizio” alla Fiat Punto di Garzaniti.
Le intercettazioni dei carabinieri
Sulle fasi “preparatorie” e sui commenti post-incendio c’è un’ampia “letteratura” d’intercettazioni telefoniche tra il giovanissimo capo ed il suo sottoposto, che coinvolgono pure il criminalmente “più navigato” Arturi ‘A vozza. Quest’ultimo, poco prima, nella corte di casa sua in contrada Apollinara, fornì ai due “compari” la benzina per effettuare la “missione” allo Scalo.
Nel corso delle prime conversazioni “a tema”, Le Pera chiedeva ad Arcidiacono se avesse i guanti di gomma, che in queste circostanze vanno doverosamente indossati secondo il codice ’ndraghetista di rito.
Materialmente, infatti, l’incendio della Punto lo compirà proprio il nipote della vittima, mentre Le Pera lo attenderà in macchina davanti a un piccolo bar poco distante,
«fino a che fa la botta»,
per poi fuggire.
Nelle captazioni dei carabinieri è registrato persino l’affanno per la corsa a piedi fatta da Cancariello mentre si dileguava da Via Ungaro dopo avere appiccato il fuoco alla macchina dello zio.
Nell’abitacolo della Panda, Le Pera gli chiese subito:
«Ha preso?»,
e Arcidiacono gli rispose,
«Ha fatto una vampata…».
Alle 2,30 arrivarono i carabinieri, mentre i vigili del fuoco erano già sul posto.
Restava però il problema dell’evidente puzza di bruciato e di benzina sui vestiti di Cancariello, oggetto di timore da parte di Le Pera:
«Comunque… questi li dobbiamo buttare che puzzi come un cane, se ci fermano… che dicono…».
Andati via, raggiunsero l’abitazione di Arcidiacono. Dove si sentirà la madre dire:
«Il bidè è pieno della biancheria di Matteo, da lavare».
Non manca la battuta finale del capo:
«Questa è l’annata dei vetri fumè»,
e Arcidiacono, ridendo e sicuramente col bicchiere in mano, gli rispose:
«Beviamo ai vetri fumè!».
Le Pera da martedì è recluso in carcere a Cosenza, Arturi è detenuto già da alcune settimane nel penitenziario di Castrovillari per altri gravi fatti, mentre Arcidiacono è incriminato a piede libero. direttore@altrepagine.it