Con la raccolta della giornata domenicale di ieri nella Piazzetta Portofino di Schiavonea, dovrebbe essere stato abbondantemente superato il primo migliaio di firme certificate

per accendere il processo legislativo regionale d’iniziativa popolare finalizzato alla scissione del Comune di Corigliano-Rossano col conseguente ripristino degli ex Comuni di Corigliano Calabro e di Rossano in forma autonoma dopo 5 anni di fusione.

Ed è questa la nuova realtà politica: l’unica vera novità rispetto alle tante chiacchiere bipartisan tra l’arroccata amministrazione cittadina del sindaco Flavio Stasi da una parte, i suoi lecchini dalla stessa parte, e, dall’altra, gli “oppositori” dentro e fuori il Consiglio comunale dietro le loro ridicole barricate.

Cittadini di Schiavonea accalcati al banchetto delle firme per la scissione nella mattinata di ieri

Una novità che da un paio di settimane in qua sta facendo cacare sotto l’establishment: quello amministrativo tanto quanto quello politico, quello economico tanto quanto quello giornalistico.

C’è qualche nostro collega rossanese, infatti, che sta combattendo una crociata anti-scissionista solo e soltanto apparentemente solitaria. È, invero, il megafono gracchiante proprio di quell’establishment: un grumo oramai stantìo a vedere l’entusiasmo col quale la gente, il popolo di Corigliano-Rossano, si reca ai banchetti nelle piazze o negli studi dei vari avvocati autenticatori delle loro firme.

E nulla possono il Vangelo secondo Marco “nostro” e le eco joniche della nuova ditta Stasi & Mollettùn (sarebbe curioso sapere che ne pensa Gabrielino, l’amico cosentino… di Stasi e dei suoi lecchini coriglianrossanesi).

Che lotta contro «il campanilismo che non si limita alle comunità di Corigliano e di Rossano, ma persino alle contrade fino ad arrivare ai quartieri», fautore della «più grande rivoluzione culturale fatta da questo territorio nell’ultimo secolo» (roba da premio Nobel, ragazzi!), fustigatore della «malsana idea di de-fusione e di ritorno all’autonomia», detentore e portatore di «quella speranza che ci resta per rimanere aggrappati al resto del Paese e dell’Europa», quando Corigliano-Rossano è sempre più un peto nell’universo che non fa rumore né puzzo, tantomeno odore…

Si strumentalizza persino Vittorio Sgarbi e il suo recente intervento da remoto in occasione della cerimonia per il Ventennale della consegna del restauro del Castello ducale di Corigliano.

Laddove il sottosegretario di Stato alla Cultura avrebbe

«manifestato un certo interesse per ciò che è avvenuto tra i due comuni, un punto di forza per due città che detengono un patrimonio importante», e bla-bla-bla che «l’unione di due storie e di due patrimoni culturali e artistici non può che essere un ulteriore punto a favore».

E bla-bla-bla-bla che «ripartire e puntare su questi elementi potrebbe fare la differenza e potrebbe permettere ai cittadini di conoscere il proprio passato e la propria storia», e bla-bla-bla-bla-bla che «conoscersi e mescolarsi, avviare una fusione identitaria, pur valorizzando ed esaltando le singole differenze, potrebbe essere la chiave per rilanciare la fusione e la fiducia che si riponeva in essa». Appunto: si riponeva. Ora non più. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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