Durante queste feste natalizie ben due atti intimidatori contro gli stretti familiari del 56enne Francesco Adduci, in carcere dal 15 novembre con l’accusa d’avere partecipato al fatto di sangue di 9 mesi fa: incendiate le auto della figlia e del fratello.

Continuano i ritrovamenti d’armi da parte dei carabinieri: la settima pistola in poche settimane è spuntata lunedì a Timpone Rosso

Due distinti incendi dolosi d’autovetture compiuti nottetempo e nel giro di pochi giorni. Due fatti criminali consumatisi a Cassano Jonio e a distanza di cinquecento metri l’uno dall’altro.

I due episodi sono accaduti tra Natale e Capodanno. E sono fatti legati da un filo rosso. Un filo di morte.

Già: quello del duplice omicidio di ‘ndrangheta compiuto il 4 aprile dell’anno passato da appena quattro giorni, tra le campagne che segnano il confine tra Cassano Jonio e Castrovillari. Vittime il pregiudicato 57enne cassanese Maurizio Scorza e sua moglie, la 38enne tunisina Hanene Hedhli (foto).

Le intimidazioni alla famiglia Adduci

Il primo incendio doloso – compiuto durante la notte tra il 22 e il 23 dicembre scorsi – ha mandato distrutta dal fuoco la Citroen C3 di Sara Adduci, 28 anni, figlia di Francesco Adduci, il 57enne incensurato cassanese arrestato lo scorso 15 novembre in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Catanzaro proprio nell’ambito delle indagini della Procura distrettuale Antimafia su quel duplice omicidio di 9 mesi fa (LEGGI QUI).

Francesco Adduci è in carcere da poco più d’un mese e mezzo

La vettura di Sara Adduci era parcheggiata in uno dei vicoli di Via Diaz, dove risiede la sua famiglia. 

Il luogo in cui è stata data alle fiamme la Citroen C3 di Sara Adduci

Nella notte fra il 30 e il 31 dicembre, invece, è stata data in pasto al fuoco la Toyota Yaris di Vincenzo Adduci, 50 anni, fratello dell’uomo in carcere con l’accusa di concorso nel duplice omicidio di ‘ndrangheta.

Le ignote mani criminali stavolta hanno agito in Via 4 novembre, sotto casa della vittima e pochissimo distante da Via Diaz. 

La Toyota Yaris di Vincenzo Adduci divorata dal fuoco

Sui due episodi incendiari stanno indagando i carabinieri della Compagnia cassanese diretti dal capitano Michele Ornelli, ma appare piuttosto chiaro che i familiari di Adduci siano entrati nel mirino minaccioso della ’ndrangheta.

Sì, ma perché?

I due episodi incendiari potrebbero essere stati dei sinistri messaggi spediti da fuori proprio all’Adduci detenuto in carcere perché pesantemente coinvolto nella duplice esecuzione ’ndranghetista che vide cadere Scorza e la sua consorte nordafricana.

Forse, i mandanti di quella spedizione di morte e i sicari che chiusero la missione sospettano che Adduci in carcere abbia reso qualche dichiarazione per loro compromettente, e perciò avrebbero deciso di compiere o di far compiere degli atti di chiaro stampo intimidatorio ai suoi familiari.

Oppure temono che possa avere addirittura “saltato il fosso”, buttandosi “pentito”.

Misteri. Sui quali da giorni indagano gl’investigatori dell’Arma.

I continui ritrovamenti di armi delle ultime settimane…

“Sirene” di pentitismo o meno, sta di fatto che lo scorso 15 dicembre proprio i carabinieri in forza al Nucleo operativo della Compagnia cassanese, nel corso d’un blitz “mirato” effettuato in un’abitazione di contrada Corsi a Sibari, hanno ritrovato un piccolo arsenale d’armi clandestino: 5 pistole di vari (e non precisati) calibri, quasi 300 munizioni e 8 caricatori per pistole, giubbetti antiproiettile e svariati pezzi di ricambio per armi, tra cui ben 6 molle di caricamento. Arrestando un incensurato del luogo – ma con stretti legami familiari d’interesse investigativo poichè storicamente legati alla ’ndrangheta cassanese – e la moglie dell’uomo (LEGGI QUI).

Una sesta pistola – un revolver calibro 22 con matricola abrasa e perfettamente funzionante – è spuntata il 20 dicembre in un terreno sempre di contrada Corsi e a pochi passi da quella stessa casa: rinvenuta ancora una volta dai carabinieri.  

L’ultimo ritrovamento d’armi e munizioni (e droga) risale a lunedì scorso

Lunedì 2 gennaio scorso, infine, nel famigerato quartiere ‘ndranghetista di Timpone Rosso alla frazione di Lauropoli, sempre i carabinieri hanno rinvenuto una settima pistola, una Glock P80 calibro 9×19, nuovissima, ben oleata, pronta a sparare, e, ovviamente, clandestina, oltre a 14 munizioni calibro 9 Luger e 71 grammi d’hashish.

Fatti collegati e consequenziali? 

Chissà… direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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