Il 53enne già capo-‘ndrina di Corigliano e reggente del locale “degli zingari” di Cassano Jonio ha una condanna definitiva a 20 anni ed è detenuto al 41-bis nel carcere milanese di Opera

Il boss di ‘ndrangheta Filippo Solimando (foto), 53 anni, coriglianese, è indagato, assieme al fratello Giacomo di 58 anni e ad altre 23 persone quasi tutte della Piana di Metaponto, in provincia di Matera, in una maxi-inchiesta condotta nel 2021 dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza diretta dal procuratore Francesco Curcio.

I Solimando sono infatti originari di Policoro, nel Metapontino, ma Filippo, al contrario del fratello, da tanti anni risiedeva a Corigliano dov’è sposato. E dove, fino al 2015, aveva fatto un’importante scalata criminale fino a diventarne il capo-‘ndrina nonché reggente del superiore locale ‘ndranghetista cosiddetto “degli zingari” di Cassano Jonio, quello che domina l’intera Piana di Sibari.

Il maxi-processo “Gentlemen”

I fratelli Solimando furono arrestati 8 anni fa, nell’ambito della maxi-inchiesta denominata “Gentlemen” condotta dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro su un colossale traffico internazionale ed intercontinentale di droga.

Proprio quel maxi-processo li aveva visti entrambi condannati – Filippo a 20 anni di reclusione, Giacomo a 11, pene definitive – assieme ad un’altra trentina di loro sodali di Corigliano, di Cassano e non solo.

Una foto scattata dalla guardia di finanza durante le indagini di “Gentlemen”

I fratelli Solimando, ovviamente, sono tuttora entrambi in carcere:

Filippo a Milano, nel carcere di Opera, sottoposto al regime del 41-bis, Giacomo invece nel penitenziario di Catanzaro.

Da maggio del 2021 sono entrambi però di nuovo sotto i riflettori della giustizia, in forza dell’ordinanza cautelare in carcere emessa nei loro confronti proprio nell’ambito della nuova maxi-inchiesta potentina, da parte del giudice per le indagini preliminari Donata Di Sarno. 

L’inchiesta dell’Antimafia di Potenza

Dalle intercettazioni d’alcuni colloqui intrattenuti in carcere da Giacomo Solimando sarebbe emerso secondo gl’investigatori il riciclaggio del denaro proveniente dall’attività di traffico di droga nell’opulento mercato dell’agricoltura della piana metapontina.

In particolare all’interno d’una delle più grosse aziende produttive di quella zona. Quella che, secondo i magistrati, soltanto formalmente era in capo alla famiglia del 63enne noto imprenditore Aldo De Pascalis – anch’egli a maggio del 2021 finito in carcere con alcuni suoi familiari – ma che di fatto sarebbe stata completamente sotto il controllo dei fratelli Solimando.

Giacomo Solimando

Tale impiego di capitali illeciti avrebbe consentito ad Aldo De Pascalis ed ai suoi soci di fatto Giacomo e Filippo Solimando d’investire nell’acquisto di numerosissimi terreni agricoli, immobili, attrezzature, con un’evidente distorsione del mercato agricolo a danno delle aziende concorrenti che non disponevano delle risorse illecite di cui godeva l’azienda De Pascalis.

I soldi sporchi del traffico di droga, secondo gl’investigatori, sarebbero stati reinvestiti nella produzione di fragole. Circa 4 milioni d’euro dal 2013 al 2019, secondo le accuse dei magistrati potentini. Fiumi di denaro mai transitati su nessun conto corrente aziendale. E che, secondo gl’investigatori, sarebbero stati utilizzati per l’acquisto, sempre in contanti e da terzi conferitori, di fragole ed altri prodotti ortofrutticoli che poi venivano etichettati e rivenduti come produzioni della stessa azienda.

La revoca della misura cautelare e il “sigillo” della suprema Corte di Cassazione

Purtuttavia, il 10 agosto del 2021 a Filippo Solimando, al fratello Giacomo e all’imprenditore De Pascalis furono notificate in carcere le ordinanze attraverso le quali il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza revocava le misure cautelari che lo stesso giudice aveva applicato loro 3 mesi prima con l’accusa d’associazione mafiosa.

A seguito di quelle revoche, i giudici del Tribunale del riesame di Potenza, in accoglimento dell’appello presentato dalla Procura Distrettuale Antimafia potentina, avevano nuovamente ripristinato le misure cautelari a Solimando, come al fratello Giacomo e a De Pascalis.

Contro tale decisione, gli avvocati Pasquale Di Iacovo del foro di Castrovillari – per Filippo Solimando – Livia Lauria del foro di Matera – per Giacomo Solimando – e Vittorio Faraone anch’egli del foro di Matera – per Aldo De Pascalis – avevano poi presentato ricorso in Cassazione. E i supremi giudici della Sesta sezione penale, all’esito dell’udienza di ieri mattina, hanno annullato senza rinvio il provvedimento dei giudici di riesame potentini, ritenendo che non sussistono a carico dei tre gl’indizi di colpevolezza in ordine al reato d’associazione mafiosa.

L’avvocato Pasquale Di Iacovo

I fratelli Solimando, dunque, col “sigillo” degli ermellini del “Palazzaccio” di Piazza Cavour a Roma, sono ’ndranghetisti in Calabria, ma non nella confinante Basilicata. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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