Dal prossimo 11 aprile i tre pregiudicati alla sbarra dinanzi ai giudici del Tribunale di Castrovillari. Il noto imprenditore vittima del grave fatto, Tonino Sisca, si è già costituito parte civile

Tutt’e tre rinviati a giudizio. È quanto ha deciso l’altro ieri, martedì 7 marzo, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, Gilda Romano, nei confronti del 56enne coriglianese Giovanni Chiaradia, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa (nella foto a sinistra), del fratello 49enne Piero Francesco Chiaradia, pregiudicato per traffico di sostanze stupefacenti (a destra), e del 30enne Marco Bonafede, anch’egli coriglianese e volto noto negli ambienti investigativi di Corigliano-Rossano oltre che in quelli giudiziari.

Sono tutt’e tre accusati – da parte del sostituto Alessandro Riello della Procura distrettuale Antimafia catanzarese guidata da Nicola Gratteri – dell’incendio doloso aggravato dal metodo mafioso nei capannoni della “Socas Srl”, la nota azienda di Corigliano-Rossano attiva nel soccorso stradale e con annesse autocarrozzeria, autofficina e depositeria giudiziaria accreditata, ubicata in contrada Fabrizio a ridosso della Strada statale 106 jonica a pochissima distanza dalle stesse abitazioni dei tre imputati.

Il plateale maxi-rogo alla “Socas” scoppiò poco più di nove mesi fa, durante la serata dello scorso 24 maggio.

I fratelli Chiaradia erano stati arrestati dopo un paio di mesi di serrate indagini da parte dei carabinieri. La mattina dello scorso 8 agosto, su ordine del giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Matteo Ferrante, cui il pubblico ministero Riello aveva avanzato la richiesta d’emissione delle misure cautelari, gl’investigatori del Reparto territoriale dell’Arma gli avevano stretto le manette ai polsi per tradurli nel carcere di Cosenza, ove sono tuttora detenuti.

Bonafede era invece rimasto indagato a piede libero, dal momento che il gip Ferrante aveva rigettato la richiesta di misura cautelare in carcere richiesta dal pm Riello anche nei suoi confronti. 

Marco Bonafede

La ricostruzione dei carabinieri e dell’Antimafia

Secondo la ricostruzione investigativa dei fatti che hanno portato al maxi-rogo doloso appiccato nei capannoni e sul piazzale della “Socas” del noto imprenditore Tonino Sisca e dei suoi familiari, la “scintilla” incendiaria sarebbe scoccata allorquando Sisca avrebbe detto «no» a Giovanni Chiaradia che gli aveva chiesto di riparargli «immediatamente» la carrozzeria della propria auto, mentre la gran mole di lavoro dell’autocarrozzeria e gl’impegni già assunti con altri clienti, al titolare non l’avrebbe consentito. Sisca, infatti, avrebbe rinviato la riparazione al lunedì successivo.

Per questo, Chiaradia avrebbe avuto una reazione stizzita e nei giorni successivi avrebbe manifestato al fratello i suoi propositi di «castigare» il titolare dell’officina.

Tonino Sisca

I Chiaradia già sotto intercettazione nell’indagine per un omicidio di ‘ndrangheta

I fratelli Chiaradia erano già sotto intercettazione – telefonica e telematica – da parte degli stessi carabinieri, in relazione a ben altra e più importante indagine, quella relativa all’omicidio di stampo ‘ndranghetista del pregiudicato 57enne coriglianese Pasquale Aquino, ucciso a colpi di pistola la sera del 3 maggio precedente davanti alla sua abitazione alla Marina di Schiavonea sempre a Corigliano-Rossano.

Dagli atti d’accusa emerge, infatti, che ogni movimento dei Chiaradia era monitorato dai detective dell’Arma:

nei pressi delle loro abitazioni pullulavano le telecamere a circuito chiuso fatte installare proprio dalla Procura Antimafia. E proprio ciò aveva consentito agl’investigatori di trovare ogni tipo di riscontro in merito alla ritenuta loro responsabilità nell’incendio alla “Socas”.

Sarebbero stati gli stessi fratelli Chiaradia a preparare le bottiglie incendiarie, prelevando la benzina da un’auto nella loro stessa disponibilità, ed ancor prima ad effettuare una serie di sopralluoghi sul retro dei capannoni di contrada Fabrizio, distanti soltanto due chilometri dalle loro stesse case, a bordo d’una Fiat Punto.

Tutto video-ripreso e registrato dalle telecamere, tanto quelle della “Socas” quanto quelle dei carabinieri presso le loro abitazioni. Altri sopralluoghi, come documentato dai filmati, sarebbero stati effettuati da una persona non identificata a bordo d’una motocicletta e col capo coperto dal casco, con ogni probabilità lo stesso Marco Bonafede, imparentato coi due fratelli Chiaradia ed accusato d’essere stato l’autore materiale del maxi-rogo alla “Socas”.

Il processo nei confronti dei fratelli Chiaradia e di Bonafede comincerà tra un mese, il prossimo 11 aprile, dinanzi ai giudici del Tribunale di Castrovillari. I tre imputati sono difesi dall’avvocato Pasquale Di Iacovo del foro di Castrovillari. L’imprenditore vittima dell’incendio di stampo mafioso, già durante l’udienza preliminare s’è costituito parte civile in giudizio con l’avvocato Rocco Berardi dello stesso foro castrovillarese. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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