Alle misteriose tragiche sorti di Sanfilippo e Sposato s’aggiungono 9 morti ammazzati e 3 tentati omicidi nell’intera Sibaritide-Pollino

Eliminati in silenzio. Nella Sibaritide la ‘ndrangheta talvolta decide d’eseguirle così le sue sentenze di morte.

Senza fare rumore come accade nelle esecuzioni plateali compiute a colpi di pistola, a raffiche di fucile o di mitra, in luoghi più o meno pubblici e coi corpi crivellati ritrovati esanimi in auto o per terra.

I motivi che portano alla scelta della differente modalità dispensatrice dei passaporti per l’aldilà, dopo i verdetti di condanne a morte irrevocabili, possono essere diversi, taciti quanto immaginabili. E quanto a lupare bianche, la Sibaritide ha una lunga tradizione che si dipana dagli anni Novanta ai giorni nostri, coi corpi degli eliminati sotterrati chissà dove e senza croce:

mai ritrovati.

Quasi sempre, i destinati alla sparizione, in vita erano stati personaggi ovviamente gravitanti nel mondo della criminalità organizzata, ma personaggi “minori”. Una “regola” infranta solo di recente.

Il “caso” del boss coriglianese Longobucco

L’8 dicembre del 2018, la lupara bianca toccò anche e persino a un riconosciuto boss ‘ndranghetista, il 51enne Pietro detto “Pierino” Longobucco:

’U iancu i Varii – questo fu il suo nom de crime nella sua Corigliano – venne dapprima ucciso a colpi di pistola proprio dentro casa sua, in Via Cittadella, nel cuore del centro storico, e poi fatto sparire. Dal giorno dell’Immacolata, nella zona di Sant’Antonio dov’era solito intrattenersi per ore, non lo vide più nessuno. E il sospetto che potesse essere stato ucciso e sepolto chissà dove già aleggiava, proprio quando il suo cadavere, crivellato dai colpi d’arma da fuoco e con una corda legata ai piedi dopo una decina di giorni scarsa sorprendentemente ricomparve.

Pietro Longobucco

Il corpo di Longobucco riaffiorò, infatti, il 17 dicembre, dalle gelide acque sottostanti una delle banchine del porto, a Schiavonea di Corigliano-Rossano, già saponificato ma riconoscibile da un tatuaggio a forma di farfalla.

Il tatuaggio del boss

Nella sua abitazione di Via Cittadella, successivamente, i carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche di Messina ritrovarono tracce del suo sangue, segno inequivocabile che Longobucco era stato ucciso proprio nella casa dove viveva da solo.

I rilievi dei carabinieri del Ris di Messina a casa di Pierinu ‘u iancu

Il caso “parallelo” di Sanfilippo

Lo stesso giorno in cui era stato fatto sparire il boss era sparito pure un suo stretto amico, che, con ogni probabilità, ovviamente a sua insaputa, era stato usato come “esca” da chi aveva il compito d’eliminare Longobucco, che era un uomo furbo e diffidente. 

Degli ultimi due ufficialmente “spariti” nella Sibaritide, le tracce si sono perdute in entrambi i casi proprio nel Coriglianese. Uno è proprio il “ragazzo di fiducia” del boss Longobucco, il pregiudicato 31enne coriglianese Antonino Sanfilippo (nella foto d’apertura, a sinistra). L’ultima traccia del suo passaggio terreno è il suo furgoncino Fiat, di cui lo stesso Sanfilippo aveva denunciato il furto ai carabinieri proprio il giorno prima di sparire.

Il furgoncino di Sanfilippo tirato dai vigili del fuoco dalle acque del porto

Il mezzo venne tirato su il 20 dicembre del 2018 dalle fredde acque sottostanti la stessa banchina portuale dove tre giorni prima era riaffiorato il corpo del suo dominus criminale. Longobucco, con ogni probabilità era stato legato con la corda che teneva ben stretta ai piedi proprio al furgone di Sanfilippo, che giaceva sul fondale del porto profondo 12 metri. Proprio lì, ovviamente, carabinieri e sommozzatori avevano cercato pure l’eventuale secondo cadavere. Una vana ricerca. Il corpo di Sanfilippo sarà stato sepolto altrove.

Testimone scomodo e inaffidabile dell’omicidio Longobucco?

Molto probabile.

E 21 anni prima era “sparito” pure suo padre, ammazzato dai coriglianesi in Olanda

Il destino di Sanfilippo riporta alla mente quello di suo padre, Domenico detto Mimmu ’u catanisu per via delle sue origini siciliane in provincia di Catania, narcotrafficante internazionale per conto della ‘ndrangheta coriglianese. Il genitore del giovane Sanfilippo “sparì” all’età di 38 anni, il 23 novembre del 1997, da Arcen en Velden, una cittadina olandese non lontana dal confine con la Germania.

Ad ammazzarlo sulla sponda d’un fiume per poi gettarne il cadavere nelle sue gelide acque furono proprio due ‘ndranghetisti coriglianesi, in seguito divenuti collaboratori di giustizia:

Antonio Cangiano e Giorgio Basile.

I boss coriglianesi d’allora temevano che il “catanese” potesse pentirsi. Proprio assieme a Cangiano e Basile, infatti, aveva venduto droga in mezza Europa per conto dei mammasantissima coriglianesi. A distanza di 21 anni, la storia probabilmente s’è ripetuta proprio col figlio Antonino.  

Il “caso Sposato”

Sette mesi dopo la “sparizione” del 31enne, il 1° luglio del 2019, un altro caso di lupara bianca, l’ultimo nella Sibaritide. A sparire dalla circolazione, senza lasciare più alcuna traccia di sè, ancora una volta un coriglianese, Cosimo Rosolino Sposato, 43 anni, incensurato, ma “noto” alle forze dell’ordine per la sua vicinanza a un importante boss di ’ndrangheta (nella foto d’apertura, a destra).

Sposato era stato visto per l’ultima volta nella frazione coriglianese di Cantinella. Con ogni probabilità  aveva un appuntamento, dal quale però non è mai più tornato. Un appuntamento con la morte:

eliminato chissà perché e sepolto chissà dove.

La sua moto venne ritrovata dai carabinieri regolarmente parcheggiata proprio nella zona di Cantinella, con degli oggetti personali all’interno del cofanetto. Negli ultimi mesi sono venuti a mancare un fratello di Sposato, travolto dal Covid, ed entrambi gli anziani genitori, tutti morti col chiodo fisso di non avere saputo nulla della sorte del loro congiunto, mentre un altro fratello è stato arrestato nell’ambito d’una inchiesta anti-‘ndrangheta condotta in provincia di Varese da parte della Procura distrettuale Antimafia di Milano (LEGGI QUI).

Ai nomi di Sanfilippo e di Sposato, negli stessi ultimi quattro anni, devono aggiungersi quelli di ben 9 morti ammazzati di ‘ndrangheta nell’intera area della Sibaritide-Pollino tra Villapiana, Sibari, Corigliano-Rossano, Cassano Jonio e Castrovillari, e quelli d’altre 3 persone cui gli ’ndraghetisti hanno attentato alla vita, ma che si sono miracolosamente salvate (LEGGI QUI).

Il procuratore Antimafia Nicola Gratteri

Sulle trame oscure di questa lunga scia di sangue e di delitti indagano carabinieri e poliziotti, coordinati dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro diretta dal procuratore Nicola Gratteri.

Eccezion fatta per un paio di casi tra i più recenti, è tuttavia difficoltoso per gl’inquirenti fare piena luce su mandanti ed esecutori materiali d’omicidi, sparizioni e tentati omicidi di ‘ndrangheta, senza il determinante “aiuto” di qualcuno che all’interno di quelle dinamiche criminali c’è stato prima della decisione di “saltare il fosso”, vale a dire senza le “cantate” dei “pentiti”. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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