Per conto dell’associazione ’ndranghetista degli “zingari” avevano tentato un’estorsione mafiosa da 15 mila euro nei confronti dei titolari di un’impresa della provincia di Catanzaro impegnata nella costruzione di nuovi loculi nel cimitero di Cassano Jonio.

E ieri, il giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Chiara Esposito, li ha condannati a 4 anni e due mesi di reclusione ciascuno al termine del processo celebrato col rito abbreviato richiesto da entrambi gl’imputati.

Si tratta del 32enne cassanese Alessandro Cerchiara, cognato del 34enne Luigi Abbruzzese, il padrino ’ndranghetista degli “zingari” catturato da latitante nell’agosto del 2018 e che ha sposato la sorella di Cerchiara, e di Piergiorgio Siciliano, 41enne originario di Amendolara ma gravitante nel cassanese.

I due erano finiti in manette il 31 maggio dell’anno scorso, proprio nel “regno degli zingari”, vale a dire nelle case popolari del quartiere Timpone Rosso alla popolosa frazione Lauropoli di Cassano, a seguito delle indagini svolte dai carabinieri della locale Compagnia diretta dal capitano Michele Ornelli, sotto il coordinamento del sostituto procuratore Alessandro Riello in forza alla Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri.

Il pubblico ministero dell’Antimafia di Catanzaro Alessandro Riello

Il magistrato inquirente – che nel processo ha rappresentato e sostenuto l’accusa – aveva chiesto e ottenuto da parte del gip distrettuale l’emissione delle due misure cautelari in carcere a distanza di meno d’un mese dalla richiesta estorsiva di stampo mafioso ne confronti dei titolari della ditta appaltatrice dei lavori al camposanto. La tentata estorsione, infatti, come documentato dalle indagini, era stata compiuta il 28 aprile, quando Cerchiara e Siciliano si sarebbero recati nel cantiere del cimitero, e, interloquendo con un operaio della ditta, avrebbero esplicitato la loro richiesta di portare l’“imbasciata” ai suoi datori di lavoro:

15 mila euro di “pizzo” da versare in due “comode rate”.

La modalità richiesta dai due presunti estorsori per comunicare l’avvenuta “accettazione” della richiesta, era quella d’apporre uno straccio bianco sul cancello del cimitero entro il termine da loro stessi imposto. Il denaro estorto sarebbe poi finito, secondo le accuse della Procura Antimafia, nella “bacinella” comune ’ndranghetista degli “zingari”.

I due presunti estorsori condannati in primo grado sono stati difesi dagli avvocati Giorgia Greco del foro di Cosenza ed Ettore Zagarese del foro di Castrovillari. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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