Una storia d’amore, d’onore, di coltello e d’accetta, consumatasi nel centro storico coriglianese agli albori della Repubblica
Giuseppe s’innamora di Angelina e vorrebbe sposarla. Lei lo vuole, ma i suoi genitori s’oppongono.
La sera del 4 giugno 1946, mentre lei è da sola in casa perché i suoi non sono ancora rientrati dal lavoro nei campi, lui entra e la violenta per due o tre volte, contagiandola pure d’una malattia venerea, racconterà lei.
Siamo nella Corigliano Calabro del secondo Dopoguerra e della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Appena due giorni prima nel Paese s’era svolto il Referendum sulla forma istituzionale dello Stato, che col voto popolare aveva portato alla nascita della Repubblica e all’elezione dell’Assemblea costituente a conclusione d’un complesso periodo di transizione in una Nazione divisa e devastata.
Ma torniamo alla travagliata vicenda di Giuseppe e Angelina. Dopo il fattaccio, lei per giorni e giorni non dice niente a nessuno, fino al 17 giugno quando va in caserma dai carabinieri a denunciarlo, ma più che altro per costringere Giuseppe a sposarla. Lui però, nel frattempo s’è ricreduto sulla volontà di sposarla:
forse voleva soltanto “possederla”.
La faccenda tuttavia non finirà qui, dal momento che l’Autorità giudiziaria non prende alcun provvedimento nei confronti del presunto stupratore.
La mattina del 27 luglio 1946, Giuseppe sta andando al lavoro quando Angelina gli si presenta davanti e a muso duro gli dice «Mi sposi o no?». Lui le risponde «No!». A quel punto Angelina estrae un coltello da cucina che teneva nascosto sotto il grembiule e ferisce Giuseppe ad un braccio. Ne segue un parapiglia, Giuseppe riesce a strapparle il coltello dalle mani, pure Angelina ne esce ferita, ad un polso. In quel frangente scappa, temendo che Giuseppe possa ammazzarla. Giuseppe, quella sera stessa, alla presenza di più persone, diffama Angelina raccontando che era stata a letto con un tale Vincenzo.
Per un po’ di tempo Giuseppe e Angelina non s’incontrano più. Poi riprendono a vedersi, e il 6 febbraio del 1948 nasce la loro bambina. Angelina a quel punto torna alla carica per farsi sposare, ma lo fa soprattutto per la figlioletta. Giuseppe resta però insensibile e nella coppia d’amanti riemergono gli attriti.
La sera del 23 aprile 1948, mentre nel Paese qualche giorno prima si sono tenute le prime elezioni per i due rami del Parlamento repubblicano, Corigliano Calabro è in festa per San Francesco di Paola, il suo Patrono. E nella festa, Angelina cerca Giuseppe in mezzo alla folla. Quando lo trova gli si avvicina perché gli vuole parlare. Lui di parlare con lei non ne vuole proprio sapere e lei comincia ad urlare, ma lui l’allontana dicendole «Vavattinni, puttana lorda!».
A quel punto Angelina perde le staffe ed estrae da sotto la gonna un’accetta colpendolo alla testa, mentre un secondo colpo Giuseppe riesce a pararlo con un braccio. Angelina scappa in mezzo alla gente, gettando l’accetta in un angolo.
Attorno a Giuseppe si forma un bel capannello, poi arrivano i carabinieri che l’accompagnano in ospedale. Le ferite per sua fortuna sono lievi e se la caverà in un paio di settimane.
La notte tra il 24 e il 25 aprile Angelina viene raggiunta dai carabinieri e condotta in caserma, dove racconta la sua dolorosa storia d’amore e al contempo minaccia d’ammazzare Giuseppe non appena riuscirà a farlo.
Il 28 aprile al cospetto del pretore rivela d’avere deciso d’ammazzarlo sin dalla sera del 22 aprile, aggiungendo che se Giuseppe non riconoscerà la figlia dandole il suo cognome, lei non desisterà dalla propria intenzione d’ammazzarlo.
Dinanzi al giudice istruttore poi ritratta tutto, dichiarando al contrario di non avere mai avuto l’intenzione d’ammazzare Giuseppe, ma solo di richiamarlo al dovere di sposarla e di legittimare la figlia.
Frattanto viene riaperto il fascicolo giudiziario di Giuseppe, quello relativo alla denuncia di stupro del 17 giugno ’46.
Andranno entrambi a processo nel ’49 davanti all’allora Corte d’Assise di Rossano, lui per violenza carnale e diffamazione aggravata, lei per tentato omicidio premeditato e lesioni personali. L’imputazione di tentato omicidio viene poi mutata dai giudici in lesioni lievi aggravate dall’uso dell’accetta e dalla premeditazione, anche in riferimento alla prima aggressione col coltello da cucina del 27 luglio ’46. Per i giudici la donna ha agito per motivi di particolare valore morale, e viene condannata a 9 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena.
Nei confronti di Giuseppe il dibattimento processuale induce i giudici a non ritenere sufficientemente provata la violenza sessuale denunciata da Angelina e ne esce assolto, ma viene condannato per la diffamazione a 6 mesi di reclusione pure lui con la condizionale.
Se alla fine si siano sposati oppure no, non è dato sapere… direttore@altrepagine.it