Dovevano essere dei funerali stra-pubblici quelli di Antonella Lopardo (foto), vittima innocente dell’erronea ferocia ‘ndranghetista all’età di 49 anni martedì sera nella desolata campagna a ridosso di Sibari, nel comune di Cassano Jonio, dove abitava col marito, il pregiudicato 53enne Salvatore Maritato vero obiettivo dei killer entrati in azione proprio davanti a una finestra della loro casa.

Invece le esequie, tenutesi ieri pomeriggio nella locale chiesa parrocchiale del Gesù Buon Pastore, sono state un evento quasi privato:

era presente, infatti, qualche centinaio di persone tra parenti ed amici delle due famiglie coinvolte nel lutto. Un lutto evidentemente “non sentito” dalla cosiddetta società civile prim’ancora che da politicanti e sindacalisti vari e dalle loro chiacchiere, trite e ritrite, pure in tema di mafia e di anti-mafia.

Eppure, la struggente lettera pubblicata su Facebook dall’orfana di ‘ndrangheta Chiara Maritato a sua madre (leggi QUI), rilanciata da tutti gli organi d’informazione, avrebbe dovuto provocarlo, stavolta, un sussulto di coscienza su questa “linea di fuoco” jonica che va da Cariati a Rocca Imperiale passando per la grande città di Corigliano-Rossano, ch’è un tracciato scomposto da cui non è immune Castrovillari né tutti i comuni non costieri del vasto comprensorio della Sibaritide-Pollino.

Ai funerali di Antonella Lopardo non c’era neanche il sindaco di Cassano, che due giorni dopo il fatto di sangue ha scritto:

«Ho aspettato, prima di rilasciare dichiarazioni o intervenire, per avere più elementi possibili in merito alla vera natura del delitto:

purtroppo è ormai chiaro che si tratta dell’ennesimo delitto di ’ndrangheta che viene consumato sul territorio».

Ha avuto dubbi, Gianni Papasso. Il resto della sua dichiarazione è un copia e incolla di banali ovvietà buone anche per il prossimo omicidio:

conservala, sindaco.

Stesso discorso vale per la deputata di Roma Vittoria Baldino che quotidianamente recita la parte della calabrese solo perché originaria d’un paesino di qui e per il consigliere regionale Davide Tavernise di Mirto-Crosia, i quali pure nelle occasioni tragiche fanno trasmettere dai loro uffici stampa le loro foto posate con sorrisi immotivati, come per la deputata di Rossano Elisa Scutellà o per l’eurodeputata di Cosenza Laura Ferrara. A quest’ultima, il suo ufficio stampa, che evidentemente le cronache dei giornali neppure le legge, ha messo in bocca «l’orrore della criminalità organizzata che uccide in un centro abitato una donna a colpi di kalashnikov»:

onorevole Ferrara, lì l’unica casa che c’è è proprio quella in cui abitava la povera Antonella Lopardo col marito.

A sinistra, la casa davanti alla quale s’è consumato l’agguato di martedì sera

Poteva mancare la Cgil?

No:

e infatti non manca la nota stampa “d’obbligo” del segretario generale del comprensorio Giuseppe Guido, che esplicitamente dichiara di condividere le ovvietà del sindaco Papasso, ma della Cgil ai funerali di Antonella Lopardo non c’era nessuno.

Non c’erano neanche i rappresentanti del presidio di Cassano dell’associazione antimafia nazionale Libera intitolato al cassanese Fazio Cirolla, altra vittima innocente della ‘ndrangheta caduta sotto il fuoco e il piombo delle armi nel 2007 proprio in quel di Sibari.

Chi non c’è stato nemmeno con le sue solite chiacchiere da mestierante di bassa politica è il senatore di Rossano Ernesto Rapani:

eppure, appena lo scorso 27 aprile, dichiarava che «l’aggressione subita dal presidente dell’Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno e Jonio, Andrea Agostinelli, le modalità e le minacce non devono assolutamente far preoccupare chi con onestà ed a difesa dello Stato combatte l’Antistato.

Il movente è chiaro.

L’aggressione è legata a contesti che ruotano attorno alle attività che si sviluppano all’interno del porto di Gioia Tauro»,

e il 22 aprile, perentorio, «Violenza sessuale al Centro d’accoglienza di Isola Capo Rizzuto:

l’autore sia condannato e rispedito in Camerun».

Ha perfettamente ragione don Pietro Groccia, il parroco di Sibari che ieri pomeriggio ha officiato la Santa Messa per il commiato terreno ad Antonella Lopardo. Al termine della propria omelìa affatto distaccata da quanto accaduto martedì sera e da quant’altro accade nella Sibaritide, rivolgendosi alla giovane Chiara Maritato ha infatti detto: 

«La migliore predica in memoria di tua madre l’hai fatta tu»

Chiara Maritato

Tra 17 giorni esatti sarà il 23 maggio e ricorrerà il 31° anniversario del sacrificio umano del giudice Giovanni Falcone, della moglie e dei tre poliziotti della loro scorta: 

su migliaia e migliaia di profili Facebook della Sibaritide comparirà la foto di Falcone e del collega Paolo Borsellino il cui sacrificio umano e quello d’altri cinque poliziotti giunse dopo meno di due mesi.

Basterà quello unito a qualche solita frasetta fatta di luoghi comuni e saremo tutti onesti. No. E allora, anche se ai suoi funerali non abbiamo partecipato, d’ora in poi facciamo sì che il sacrificio della nostra concittadina Antonella Lopardo non si riveli inutile così com’è stato dopo Fazio Cirolla, dopo il piccolo Nicola “Cocò” Campolongo e dopo le due donne straniere che sempre qui, in tempi recenti, e da innocenti, hanno fatto la stessa fine che ha fatto Antonella martedì sera.

Oppure è presto è dovrà ancora allungarsi la lista? direttore@altrepagine.it 

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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