Cadono le accuse di mafiosità nei confronti del 44enne difeso dall’avvocato Di Iacovo

I giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro nella giornata di ieri hanno accolto la richiesta di scarcerazione di Daniele Chiaradia, 44enne residente a Cosenza ma coriglianese originario di Corigliano-Rossano, che ha lasciato il carcere di Vibo Valentia ed è tornato completamente libero.

La Corte di Cassazione, infatti, il 23 marzo scorso, aveva annullato con rinvio per nuovo esame l’ordinanza di custodia cautelare in carcere ch’era stata eseguita il 1° settembre 2022 nei suoi confronti. Chiaradia era stato infatti arrestato nell’ambito della maxi-operazione anti-’ndrangheta “Reset”, fatta scattare dalla Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, tra Cosenza e Rende.

I capi d’accusa

Le accuse mosse nei suoi confronti vanno dall’associazione finalizzata all’esercizio illegale di giochi e scommesse, al concorso esterno in associazione ‘ndranghetistica, passando per il riciclaggio e l’intestazione fittizia di beni, tutti aggravati dall’agevolazione della cosca mafiosa Lanzino/Patitucci operante tra Cosenza e Rende.

Il settore in cui operava Chiaradia era infatti quello dell’attività di slot machines e delle agenzie di scommesse, che, secondo l’ipotesi dell’accusa, l’indagato avrebbe esercitato come prestanome di diverse società che avrebbero operato utilizzando slot machines abilmente modificate per evitare il pagamento di maggiori imposte all’erario e per truffare i giocatori erogandogli minori vincite, nel territorio di Cosenza e provincia, grazie alla protezione della criminalità organizzata.

La difesa

La Cassazione aveva accolto il ricorso presentato dal difensore di Chiaradia, l’avvocato Pasquale Di Iacovo del foro di Castrovillari.

Ricorso, quello del penalista coriglianese, attraverso il quale erano state rilevate molteplici incongruità della motivazione con la quale erano stati ritenuti non fondati i rilievi che la stessa difesa aveva mosso in relazione al giudizio d’attendibilità dei pentiti e in merito alla capacità dimostrativa delle intercettazioni telefoniche a rappresentare la partecipazione di Chiaradia, con ruolo di promotore e dirigente, all’associazione mafiosa, e le ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e fittizia intestazione di beni. Che in realtà, secondo le accuse, sarebbero appartenute ad esponenti di spicco della criminalità organizzata cosentina in favore dei quali Chiaradia avrebbe svolto il ruolo di prestanome.

L’avvocato Di Iacovo

Lo scorso 29 settembre, l’avvocato Di Iacovo e il suo collega Maurizio Malomo del foro di Cosenza, avevano già chiesto al Tribunale del riesame di Catanzaro l’annullamento della misura cautelare in carcere, e, successivamente, Di Iacovo aveva impugnato la decisione in Cassazione, i cui giudici avevano accolto in toto i motivi di ricorso presentati.

Lo scorso mese di novembre, il Tribunale del riesame di Catanzaro aveva già restituito a Chiaradia tutte le società, il denaro ed i numerosi beni immobili situati a Cosenza ch’erano stati sequestrati. redazione@altrepagine.it

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