Negli anni scorsi era uscito assolto, con sentenza poi divenuta definitiva, nell’ambito del maxi-processo “Carambola” per reati di traffico e spaccio di droga, furti ed altro.

Il pregiudicato 31enne di Corigliano-Rossano Pasqualino Veronese (foto), attraverso il proprio avvocato difensore, aveva presentato ricorso per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’ingiusta detenzione in carcere cui al tempo era stato sottoposto in custodia cautelare preventiva in attesa che si celebrasse il processo. 

La Corte d’Appello di Catanzaro però rigettò l’istanza, ritenendo che sarebbe stato Veronese ad indurre in errore gl’inquirenti che l’avevano fatto arrestare, avendo intrattenuto alcune conversazioni telefoniche dai contenuti ambigui con gli altri pregiudicati poi condannati nel processo. 

Contro tale decisione, il suo legale, l’avvocato Pasquale Di Iacovo del foro di Castrovillari, aveva presentato ricorso per Cassazione, rilevando come la motivazione della Corte d’Appello a sostegno del rigetto della richiesta risarcitoria fosse affetta da illogicità e contraddittorietà.

E all’esito dell’udienza che s’è celebrata lo scorso 25 maggio, i giudici della quarta sezione della suprema Corte hanno accolto integralmente il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza con la quale la Corte d’Appello catanzarese aveva negato il risarcimento a Veronese. Che adesso avrà la possibilità d’essere risarcito per quell’ingiusta detenzione subita. redazione@altrepagine.it

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com