Nelle carte dell’Antimafia i due coriglianesi Cardamone e Caravetta. Il primo incarna il volto del presunto broker di droga dal Sudamerica, l’altro s’attiva “politicamente” alla ricerca dei necessari finanziatori dell’operazione incontrando ’ndranghetisti di primo piano a Cosenza

Fino all’inverno del 2015, a prendere l’aereo alla volta d’Argentina e Paraguay, accompagnato da un “compare” fidato che dal Sudamerica era venuto a vivere nella Sibaritide e lì gli faceva da interprete e traduttore per contrattare l’acquisto di grosse partite di cocaina da far giungere fin qui, era un riconosciuto boss di ’ndrangheta del calibro di Filippo Solimando, il 53enne di Corigliano definitivamente condannato a 20 anni, e da 8 detenuto in regime di carcere duro al 41-bis nel carcere di Opera a Milano.

Lo dice nero su bianco la sentenza relativa alla maxi-inchiesta antimafia “Gentlemen” con la sua trentina di pesanti condanne passate in giudicato.

Il boss Filippo Solimando

Il traffico su scala planetaria della polvere bianca con destinazione finale Cassano Jonio, Corigliano-Rossano e il “resto del mondo” Sibarita non s’è mai fermato – anzi s’è evoluto – secondo i magistrati della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri. A parte il rallentamento e qualche stop durante il periodo della pandemia da Covid.

I nuovi narcos jonici

Negli anni a venire dal 2015 in poi sono emerse nuove figure di (presunti) “narcos” jonici, non propriamente organiche alla ‘ndrangheta ma a loro modo “asservite”. È quanto emerge dalla seconda puntata di “Gentlemen”. Oggi, dopo otto anni e mezzo, “visibile in chiaro” tra le centinaia e centinaia di carte della maxi-inchiesta battezzata non a caso “Gentlemen 2” proprio a volerne sottolineare la “continuità”, da parte dei magistrati dell’Antimafia.

Il 49enne coriglianese Claudio Cardamone – detto “Il bello”, “Marine” o “Taccagno”, a seconda di chi lo chiama – sin da ragazzo è sempre stato uno sveglio e spigliato. Fin dalla propria adolescenza ha avuto sia buone che cattive frequentazioni. Prediligendo alla fine queste ultime – stando agli atti d’accusa nei suoi confronti – mai però tralasciando di continuare a “curare” le prime.

Un paio di decenni fa lavorava in una farmacia locale, ma a un certo punto della vita comincia a viaggiare per il mondo. Così scopre il Sudamerica. Viene “stregato” dalla Colombia, dai suoi miti, soprattutto quelli negativi:

sul petto s’è fatto tatuare la faccia di Pablo Escobar, il narcotrafficante più leggendario e famoso del globo terrestre.

Il Cardamone viaggiatore indomito stabilisce però la sua base nel cuore d’Europa, in Germania, a Francoforte. Nella metropoli teutonica attraversata dal fiume Meno vivono migliaia e migliaia di calabresi d’ogni dove, Corigliano non fa eccezione, anzi.

La proposta di Cardamone a Caravetta e il mancato “salto di qualità”

Il 5 maggio del 2020 Cardamone ritorna a Corigliano e s’incontra spesso col 50enne concittadino Angelo Caravetta. Quest’ultimo è un piccolo imprenditore (ha una società pubblicitaria e una di costruzioni) con la passione per la politica:

dal 2013 al 2018 è stato consigliere comunale di Corigliano e nel 2019 s’era ricandidato senza successo come consigliere per il nuovo comune di Corigliano-Rossano.

Caravetta coltiva pure altre due passioni:

quella per il calcio giovanile, animando una squadra a Cantinella, la popolosa frazione di Corigliano-Rossano dove egli risiede, e quella per la Spagna, che frequenta assiduamente da tanti anni tant’è che su Facebook ha scritto che «Vive a Malaga».

La quarta e di gran lunga più grande passione però era un’altra, sostengono i magistrati antimafia che lunedì mattina hanno spedito in carcere Cardamone in Germania a Francoforte e Caravetta qui a Cosenza.

Cardamone, secondo le accuse, faceva il broker per l’importazione di cocaina dalla Colombia dove vantava rapporti “di settore”. Stesso discorso vale per Caravetta, il quale, sempre secondo le contestazioni del pool di magistrati guidato da Gratteri, aveva fino a quel momento trattato l’importazione dalla Spagna e dal Marocco d’ingenti partite di droghe leggere, hashish e marijuana, per sua stessa ammissione con «esperienza decennale» nel corso delle intercettazioni telefoniche e ambientali cui era sottoposto dalla guardia di finanza.

In quel maggio di 3 anni fa, Cardamone e Caravetta – il primo già da tempo finito nelle “attenzioni” della polizia criminale tedesca che aveva informato l’autorità giudiziaria italiana – vengono intercettati mentre sono in auto dai finanzieri incaricati dall’Antimafia catanzarese.

Cardamone riferisce a Caravetta della possibilità d’importare cocaina, tramite un colombiano che conosceva lui e ch’era disponibile a venire qui a garanzia dell’operazione. La partita “offerta” dal colombiano è grossa:

per poterla acquistare bisognava avere tanti, tanti denari. Perciò, c’era bisogno d’altri investitori. Caravetta, che vuole fare il “salto di qualità”, «si attivava prontamente» scrivono i magistrati inquirenti, e con Francesco Pasquale Cimino «suo stretto collaboratore nel management degli illeciti affari», 41enne coriglianese ovviamente finito in carcere pure lui, va a Coreca, nei pressi di Campora San Giovanni, frazione di Amantea sul Tirreno cosentino, per incontrare delle persone.

Secondo i magistrati Antimafia «tale incontro è certamente da intendersi nella ricerca, da parte di Caravetta, di potenziali finanziatori disposti a investire nell’importazione proposta da Cardamone».

Una volta arrivati, Caravetta e Cimino vengono agganciati da Francesco Patitucci, noto boss ‘ndranghetista di Cosenza-Rende:

«…Eeh …ci ha visti!… Vai vai… lo sai chi è lui?… Si chiama Pat questo è quello che comanda tutta Cosenza e Rende… sì… insieme a quell’altro! Ma lui è…», dice Caravetta nel corso dell’intercettazione.

Dopo la riunione, Caravetta commenta:

«… C’erano tutti… Pure i reggitani… Sono proprio ragazzi operativi… A uno lo conoscevo già io… A l’altro l’ho conosciuto ora… Sono gente, ragazzi operativi veramente… Lavorano con i cazzi… Siamo noi che facciamo solo chiacchiere…».

Ci sarà un secondo appuntamento, questa volta a Rende, con altri possibili “compari” del grosso “affare”, tra essi i 60enni del posto Gino Salvatore Marigliano e Davide Aiello, finiti in carcere entrambi – Aiello «contatto di Caravetta», scrivono i magistrati – e Michele di Puppo, secondo i magistrati appartenente alla cosca di ‘ndrangheta operante a Cosenza-Rende.

Il grosso affare di “coca” però sfuma, e il colombiano di Cardamone attenderà invano l’okay.

Caravetta non si volle assumere la responsabilità dell’operazione

I potenziali co-finanziatori, scrivono i magistrati, «non avevano intenzione di corrispondere anticipatamente il denaro o di inviare qualcuno a garanzia dell’importazione, rimettendo le responsabilità della gestione e della custodia della somma investita, esclusivamente in capo a Caravetta che però non era chiaramente intenzionato a sopportare il peso di tutta la responsabilità». direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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