Sei anni fa il proprietario dell’Expert scampò all’agguato nel parcheggio del centro commerciale “I Portali”
CORIGLIANO-ROSSANO – Che la cosca di ‘ndrangheta facente capo alla famiglia Crea di Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, nell’estate del 2017 volesse ammazzare l’imprenditore oggi 63enne Pasquale Inzitari (foto), originario proprio di Rizziconi ma da anni residente ed operante a Corigliano-Rossano, l’ha svelato ai magistrati antimafia un neo collaboratore di giustizia:
si chiama Gianenrico Formosa, ha 52 anni ed è tra le 4 persone arrestate questa notte dai carabinieri del Reparto territoriale di Corigliano-Rossano.
Formosa è in pratica colui il quale ha permesso alla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, di riprendere in mano l’inchiesta sul tentato omicidio avvenuto il 25 luglio di 6 anni fa nel parcheggio antistante il centro commerciale cittadino “I Portali”, dove Inzitari è il titolare del grande negozio d’elettrodomestici “Expert”.
Di ciò ne dà atto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale d Catanzaro, evidenziando come le dichiarazioni di Formosa, auto ed etero accusatorie, hanno permesso d’acquisire notizie, dati e informazioni utili alla Procura ed ai carabinieri:
«La formulazione dell’accusa e delle determinazioni assunte in questa sede si fonda su quattro fonti specifiche: la denuncia della persona offesa, i filmati del sistema di videosorveglianza posto a presidio del luogo pubblico ove i fatti si sono svolti, il dichiarato reso dal collaboratore di giustizia Gianenrico Formosa e gli esiti delle indagini svolte».
Formosa, in sostanza, avrebbe riferito i nomi, il movente e le modalità di quanto accaduto più d’un lustro fa a Pasquale Inzitari, l’imprenditore già vittima della ‘ndrangheta reggina che il 5 dicembre del 2009 gli ammazzò il figlio Francesco in un agguato a Taurianova.
Il sopralluogo: 20 mila euro per accompagnare i killer
Gl’investigatori hanno dunque ricostruito la dinamica del tentato agguato mortale grazie alle preziose dichiarazioni rese dal neo “pentito” Formosa.
Secondo il racconto fornito, l’imprenditore si sarebbe accorto della presenza di due killer che lo seguivano a bordo d’una moto, riuscendo a raggiungere il negozio “Decathlon” nel piazzale del centro commerciale “I Portali”. Antonio Domenico Scarcella e Francesco Candiloro avrebbero «programmato l’omicidio» offrendo a Formosa «la somma di 20mila euro affinché quest’ultimo accompagnasse Candiloro nel corso dell’azione omicidiaria».
Giunti in Calabria, Candiloro e Formosa si sarebbero recati a Coriglìano-Rossano, ad attenderli Michelangelo Tripodi. Insieme effettuano un primo sopralluogo nel parcheggio del centro commerciale. Il giorno successivo, Candiloro e Formosa, a bordo di un’auto noleggiata si sarebbero recati nuovamente a Coriglìano-Rossano, poco dopo raggiunti da Tripodi alla guida d’un furgone bianco, al cui interno v’era uno scooter T-Max.
Il commando è pronto ad entrare in azione e mentre Formosa resta a bordo dell’auto, «Tripodi e Candiloro si allontanano per compiere l’azione omicidiaria».
«Un lavoro delicato»
Il collaboratore di giustizia fornisce ulteriori elementi utili agl’investigatori. Scarcella e Candiloro lo avrebbero incontrato in un bar di Brescia. Sarebbe stato Scarcella a proporre a Formosa di «fare un lavoro delicato» senza fornire ulteriori dettagli e assicurando un compenso di 20 mila euro.
La proposta viene ribadita, a distanza di qualche giorno, da Candiloro. Formosa inizialmente si mostra titubante, poi accetta ed aiuta i due nel realizzare il delitto. Definiti i dettagli, Formosa e Candiloro scendono da Brescia e raggiungono la Calabria, prima d’una breve sosta a Polistena, a casa di Candiloro. Quest’ultimo «in quella occasione era andato a comprare ciò che sarebbe servito per il loro lavoro e, ritornando a casa con vari capi di abbigliamenti: scarpe, due fuseaux e delle giacche a vento».
Da Polistena a Corigliano Rossano, i due incontrano Michelangelo Tripodi e a bordo del suo furgone raggiungono il centro commerciale “I Portali”. Ed è qui che Formosa apprende da Tripodi i dettagli del progetto. «Sul retro avrebbero trovato un Suv parcheggiato dal loro bersaglio, che era solito lasciare il veicolo proprio vicino l’uscita del suo negozio».
Il collaboratore di giustizia esterna i propri dubbi «considerando che aveva notato una massiccia presenza di telecamere nella zone dove avrebbero dovuto raggiungere la vittima».
Lo ripeterà anche nei minuti precedenti l’agguato senza però ottenere retta.
Il procuratore antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri
L’agguato
Il 24 luglio 2017, Candiloro e Formosa si recano «da un dentista a Maropati che a proprio nome aveva preso a noleggio una automobile, una Renault Captur». La circostanza aveva fatto intuire a Formosa che il professionista fosse a conoscenza di quanto stesse accadendo.
Il giorno seguente, i due lasciano Polistena e si dirigono a Corigliano-Rossano raggiungendo il centro commerciale dove arriva anche Tripodi. I tre si separano, Formosa si mette alla guida dell’auto noleggiata, Candiloro indossa i vestiti acquistati precedentemente e Tripodi si occupa del motoveicolo nascosto a bordo del furgone.
Il commando entra in azione, ma l’agguato fallisce. Sarà lo stesso Candiloro
a raccontare quanto accaduto:
«l’azione non aveva avuto buon esito perché una delle due pistole si era inceppata, che comunque dei colpi erano stati esplosi, ma la vittima era riuscita a rifugiarsi nel negozio Decathlon dove Tripodi sarebbe voluto entrare per raggiungerlo, ma Candiloro lo aveva dissuaso».
I fuseaux consegnati ai magistrati
Nel corso d’un interrogatorio, addirittura, il neo “pentito” Formosa ha consegnato ai magistrati che aveva davanti, il procuratore aggiunto di Catanzaro Giancarlo Novelli e il sostituto Stefania Paparazzo, un paio dei vari fuseaux che Candiloro aveva acquistato per effettuare l’agguato, un paio rimasti nella sua disponibilità.
Chi fosse la vittima, Formosa l’ha appreso da telegiornali regionali della sera stessa dell’agguato e poi, soltanto molto tempo dopo, Candiloro parlerà dell’omicidio del figlio di Inzitari, lasciando intendere di conoscere lui stesso chi era stato e pronunciando la frase «Gli hanno già fatto male al figlio ma lui non ha ancora capito». direttore@altrepagine.it