L’autopsia sul cadavere, effettuata oggi pomeriggio, è durata due ore e mezza. La salma è stata poi consegnata ai familiari per le esequie che si terranno sabato

CORIGLIANO-ROSSANO – Ammazzato con fredda determinazione. Da uno spietato sicario che lo attendeva al loro appuntamento-tranello, con l’impazienza tipica di chi deve compiere un’azione “importante” e non può permettersi di sbagliare la “mossa”.

Con la pistola carica in pugno, pronto a premere il grilletto per sparare a bruciapelo alla vittima designata:

Carmine Morello, condannato a morte da quella “giustizia” della ‘ndrangheta nei cui “tribunali” non è ammesso alcun appello.

Il 49enne rossanese, pregiudicato per associazione mafiosa, non ha avuto nemmeno il tempo di realizzare che da lì a pochi secondi pure a lui sarebbe toccata la sorte di quel fulmineo e forzato trapasso che nel comprensorio della Sibaritide, nel breve giro dell’ultimo quinquennio, era già toccata ad altri 12. Tanti, decisamente troppi i morti ammazzati di ‘ndrangheta. E il numero “13” è toccato a Carmine ’U Righiarar

L’uomo, rimasto prematuramente vedovo della sua amata moglie appena lo scorso mese di gennaio e padre di tre ragazzine tra i dieci e i diciannove anni d’età, è arrivato tranquillo all’appuntamento fissato dal “fidato tramite”, forse un amico che l’ha tradito e che con ogni probabilità ha fatto pure da “specchietto” per chi, come lui, in casi come questo non vive affatto il drammatico dissidio interiore di chi è ben conscio che sta strappando con violenza e brutale ferocia un proprio simile ai suoi affetti più cari, alla carne della sua carne, a figli, madri, padri, fratelli e sorelle.

L’appuntamento fatale

Quella calda mattina dello scorso 9 agosto, in sella alla sua potente motocicletta Yamaha XT 600 da enduro, Morello è giunto in quella periferica e desolata campagna collinare di contrada Stranges, e, non appena s’è tolto il casco, è stato freddato al capo da una scarica di proiettili esplosa da distanza ravvicinata. Non ha avuto il tempo di capire né di reagire:

l’implacabile pistolero l’ha fulminato in men che non si dica e con due colpi l’ha mandato all’altro mondo. Poi, coi suoi complici, ne ha spostato il cadavere a una quindicina di metri dal luogo dell’esecuzione, gettandolo sotto un piccolo dirupo naturale, occultando la sua motocicletta sotto delle lamiere arrugginite ed altra vecchia ferraglia che si trovavano lì abbandonate.

Attesa la relazione sull’autopsia

Oggi pomeriggio, nell’obitorio dell’ospedale rossanese “Nicola Giannettasio” s’è tenuta l’autopsia sul cadavere, trovato dai carabinieri del Reparto territoriale diretti dal tenente colonnello Marco Filippi domenica 3 settembre scorso, dopo 26 giorni di complesse indagini condotte dagli esperti investigatori della Sezione operativa dell’Arma di Corigliano-Rossano.

L’esame autoptico, che presto sarà accompagnato anche da una perizia balistica, è durato circa due ore e mezza, dalle 17 alle 19,30, ed è stato eseguito dal medico legale, il dottor Vannio Vercillo, l’anatomopatologo nominato dai magistrati della Procura presso il Tribunale di Castrovillari, diretti dal procuratore capo Alessandro D’Alessio, prima che il fascicolo d’indagine passi per competenza alla Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri.

Nulla è trapelato, finora, sul tipo di pistola adoperata dal killer, sul suo calibro, sul numero esatto di colpi esplosigli addosso e sulle eventuali altre zone del corpo centrate, oltre alla testa, dai proiettili estratti durante l’autopsia. La relazione è attesa a breve.

La salma è stata infine consegnata ai familiari per le esequie funebri, che dovrebbero tenersi nella giornata di sabato. direttore@altrepagine.it  

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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