CASTROVILLARI – Era il 28 novembre del 2019 quando due giovani e una ragazza venivano arrestati dai carabinieri di Corigliano-Rossano per un grave fatto ch’era successo 7 mesi prima, esattamente l’11 aprile del 2019.

Gli arresti furono eseguiti sulla base di un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari, Luca Colitta, su richiesta della Procura, per i reati di lesioni gravissime e di tentato omicidio.

Vittima fu il 43enne coriglianese Pier Placonà, secondo le accuse attirato con l’inganno in una vera e propria imboscata, perché “responsabile”, per i suoi ritenuti aggressori, d’aver avuto un comportamento “non consono” con la moglie d’un loro “amico”.

Perciò, Placonà sarebbe stato invitato, con un pretesto, proprio a casa di quest’ultimo, nella contrada coriglianese Ralla. E una volta giunto sul posto, era stato chiuso nel magazzino dell’abitazione e ripetutamente preso a calci, pugni, colpito con spranghe di ferro e di legno, nonché col calcio in ferro d’una pistola, su ogni parte del corpo. E poi lasciato agonizzante a terra.

Le indagini di carabinieri e Procura

Le indagini e la ricostruzione dei fatti all’indomani del feroce pestaggio, erano state effettuate dai carabinieri, che s’erano recati nel Pronto soccorso del presidio ospedaliero “Guido Compagna” dove avevano sentito la vittima, ricoverata in gravi condizioni, e i suoi parenti.

I militari avevano pure ascoltato una conversazione registrata all’interno dell’ospedale, all’insaputa dei presenti, tra uno degli aggressori e il padre della vittima, dalla quale s’evinceva che la violenta azione criminosa fosse stata scientemente studiata in ogni suo dettaglio per “punire” la vittima.

Lo stesso giorno dell’aggressione, poi, i detective dell’Arma avevano eseguito una perquisizione nei locali dove s’era svolta l’aggressione, rinvenendo una pistola a pallini, verosimilmente utilizzata per minacciare la vittima e colpirla col suo calcio.

Copiosa la documentazione medica acquisita dagli stessi investigatori, dalla quale s’evinceva che la vittima aveva subito a seguito del pestaggio delle lesioni con conseguenti deformazioni e cicatrici perenni, sulla scorta delle quali la magistratura inquirente aveva rubricato nei confronti dei responsabili il reato di lesioni gravissime.

Gli arresti e il processo

Gli arrestati rispondevano ai nomi di due soggetti noti negli ambienti investigativi, Giovanni Riforma, 40enne coriglianese, lui finito in carcere, e del 27enne anch’egli coriglianese Federico Toscano, assegnato ai domiciliari, e della 27enne di nazionalità rumena Andreea Simona Luchian, mentre il quarto responsabile dell’aggressione, il noto pregiudicato 45enne coriglianese Maurizio Russo detto Matassa, marito della ragazza rumena (la coppia, nella foto d’apertura), nel frattempo era già stato condannato con decreto penale.

Lesioni gravissime e tentato omicidio con l’aggravante dei futili motivi, della minorata difesa da parte della vittima e della premeditazione, queste le accuse, ed esigenze cautelari giustificate poiché il gip Colitta aveva ritenuto «altamente concreto ed attuale il pericolo di reiterazione della medesima condotta delittuosa, evidenziato in particolare dalle specifiche modalità e circostanze del fatto.

L’utilizzo d’una spranga di ferro e d’una pistola come corpi contundenti, il numero e la violenza dei colpi e la parte del corpo attinta, rivelano infatti in maniera inequivocabile l’intenzione d’arrecare notevole danno, ponendosi la condotta agli estremi  del tentato omicidio nella forma del dolo alternativo».

Ieri s’è concluso il processo. Dal quale è emerso che Toscano si trovava lì perché chiamato da Russo per lavori di tinteggiatura a scomputo d’un debito del primo nei confronti dell’altro.

Toscano intervenne soltanto per sottrarre dalle mani degli aggressori Placonà, attirato lì dalla stessa moglie di Russo e soccorso nell’imminenza con un lenzuolo e accompagnato fuori.

Successivamente, Toscano andò in ospedale per sincerarsi delle condizioni di Placonà e fu – a sua insaputa – registrato dal fratello e dal padre della vittima.

Il tenore della registrazione audio confermava che, effettivamente, Toscano non aveva concorso all’aggressione e al pestaggio di Placonà.

Il sostituto procuratore di Castrovillari Valentina Draetta aveva comunque richiesto il rinvio a giudizio di tutte tre gl’imputati davanti al collegio giudicante del Tribunale di Castrovillari (Presidente Giusy Ferrucci, a latere Luca Fragolino e Luigi Bruno).

Lo scorso 27 febbraio al processo fu sentito Placonà – costituitosi parte civile attraverso l’avvocato Antonio Fusaro – il quale, nel rispondere alle domande del pubblico ministero Draetta, escluse il coinvolgimento di Toscano. Anzi:

lo definì come colui il quale, sceso dal piano superiore per le urla, lo sottrasse dalle mani degli aggressori, lo portò fuori e gli gettò addosso un lenzuolo per asciugare le ferite. E si prodigò d’accompagnarlo fino alla strada dove veniva prelevato da un suo conoscente. In maniera conforme aveva risposto alle domande del difensore di Toscano, l’avvocato Franco Oranges.

Quanto alla posizione di Riforma, incalzato dalle domande del suo difensore, l’avvocato Francesco Calabrò, Toscano aveva riferito d’aver saputo che a partecipare all’aggressione sarebbe stato pure un tale Giovanni detto Asso di mazza, ma di non averlo mai visto in volto e del quale lo stesso non aveva mai effettuato un compiuto riconoscimento. Tant’è che, presente in udienza, non lo ha riconosciuto.

L’avvocato Oranges

Il verdetto dei giudici

Nell’udienza conclusiva di ieri è stato sentito Russo Matassa, il quale ha escluso di conoscere sia Riforma sia Toscano e s’è limitato a dichiarare che effettivamente una lite con il Placonà v’era stata per motivi prettamente personali, e alla quale la moglie non aveva affatto partecipato.

Il pm, all’esito della compiuta istruttoria dibattimentale, ha richiesto di risentire Placonà per l’asserito forte contrasto tra quanto denunciato nel 2019 e quanto dichiarato nel processo.

Su tale richiesta della pubblica accusa, v’è stata una forte opposizione da parte dei difensori di Toscano e Riforma, e i giudici, per ben due volte, l’hanno rigettata.

Il pm, a quel punto, ha invocato la condanna a 8 anni di reclusione ciascuno per Toscano, Riforma e la Luchian, quest’ultima difesa dall’avvocato Ettore Zagarese, mentre tutt’e tre gli avvocati difensori, con articolate arringhe, hanno invocato le relative assoluzioni.

Il Tribunale, all’esito della camera di consiglio, ha condannato soltanto la moglie rumena di Russo, a 3 anni e mezzo di reclusione, mandando assolti Toscano e Riforma per non avere commesso il fatto. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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