Alessandro Cerchiara e Piergiorgio Siciliano dovranno scontare 4 anni e due mesi di carcere. Sul capo del “Chimico” della ‘ndrangheta cassanese pende pure una richiesta di condanna a 14 anni nel maxi-processo “Athena”
ROMA – I giudici della suprema Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibili i loro ricorsi, confermando così definitivamente le condanne che gli erano state inflitte dalla Corte d’Appello di Catanzaro, i cui giudici non avevano fatto altro che confermare le pene comminategli in primo grado da parte del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, Chiara Esposito. Che, giudicandoli col rito abbreviato, li aveva riconosciuti colpevoli di tentata estorsione mafiosa ai danni dei titolari d’una impresa che stava eseguendo dei lavori di costruzione di nuovi loculi nel cimitero di Cassano Jonio, per conto del Comune.
Si tratta del 33enne cassanese Alessandro Cerchiara detto Il chimico, cognato del 35enne Luigi Abbruzzese detto Il piccoletto, il padrino ’ndranghetista degli zingari catturato da latitante nell’agosto del 2018 che ha sposato la sorella di Cerchiara, e del 42enne Piergiorgio Siciliano, originario di Amendolara ma gravitante nel cassanese.
Avevano tentato d’imporre una tangente da 15 mila euro agl’impresari che avevano preso di mira, e, per questo, hanno buscato 4 anni e due mesi di carcere ciascuno.
L’inchiesta che nel 2022 li vide finire in carcere
I due erano finiti in manette il 31 maggio del 2022 proprio nel “regno degli zingari”, vale a dire nelle case popolari del quartiere Timpone Rosso alla popolosa frazione Lauropoli di Cassano, a seguito delle indagini svolte dai carabinieri della locale Compagnia diretta dal capitano Michele Ornelli, sotto il coordinamento del sostituto procuratore Alessandro Riello in forza alla Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro.
Il magistrato inquirente aveva chiesto e ottenuto da parte del gip distrettuale l’emissione delle due misure cautelari in carcere a distanza di meno d’un mese dalla richiesta estorsiva di stampo mafioso nei confronti dei titolari della ditta appaltatrice dei lavori al camposanto.
La tentata estorsione, infatti, come documentato dalle indagini, era stata compiuta il 28 aprile, quando Cerchiara e Siciliano s’erano recati nel cantiere del cimitero, e, interloquendo con un operaio della ditta, avrebbero esplicitato la loro richiesta di portare l’“imbasciata” ai suoi datori di lavoro, vale a dire la pretesa dei 15 mila euro di “pizzo”, da versare in due “comode rate”.
La modalità richiesta dai due riconosciuti estorsori per comunicare l’avvenuta “accettazione” della richiesta, era quella d’apporre uno straccio bianco sul cancello del cimitero entro il termine da loro stessi imposto.
Il denaro che avevano tentato d’estorcere, secondo le accuse della Procura Antimafia, sarebbe poi finito nella “bacinella” comune ’ndranghetista degli zingari.
Sul capo di Cerchiara Il chimico pende anche una richiesta di condanna a 14 anni di carcere, da parte dello stesso pubblico ministero antimafia Riello, nell’ambito del maxi-processo “Athena” contro la supercosca di ‘ndrangheta cassanese facente capo alle famiglie Abbruzzese e Forastefano. direttore@altrepagine.it