SPEZZANO ALBANESE – Nella Sibaritide oramai la ‘ndrangheta fa quel che vuole. E se si tratta di “aggiustare” situazioni o di pianificare eventi importanti per l’organizzazione criminale, essa fa di tutto, passa dappertutto e su tutto, comprese le istituzioni pubbliche.

Il fatto che vi raccontiamo oggi è quasi paradossale, stando alla ricostruzione del sostituto procuratore della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro, Alessandro Riello, nell’ambito della maxi-inchiesta anti-‘ndrangheta “Athena 2” le cui investigazioni, attraverso intercettazioni telefoniche, telematiche a ambientali, sono state svolte dai carabinieri del Reparto investigativo nucleo operativo del Comando provinciale di Cosenza.

Era il mese di ottobre dell’anno scorso e la famiglia ‘ndranghetista degli Abbruzzese di Cassano Jonio aveva l’impellente necessità di spostare il proprio uomo libero cui era affidata la “reggenza” familiare, il 39enne Leonardo Abbruzzese detto Nino o Castellino.

Leonardo Abbruzzese

Era ricercato per la maxi-inchiesta Athena e il tentato omicidio di un africano

A fine giugno il ritenuto boss – non si sa come e non si sa perché – era riuscito a sfuggire alle manette e al carcere non solo dell’operazione anti-‘ndrangheta “Athena” condotta dalla Procura catanzarese, nel cui processo sul suo capo adesso pende una richiesta di condanna a 20 anni (Il pm Riello presenta il conto a 60 imputati: 4 secoli di carcere), ma anche a quella della Procura di Castrovillari che ne aveva parimenti ordinato la carcerazione per tentato omicidio in concorso con altri, in relazione a un ferocissimo pestaggio a sangue d’un cittadino africano avvenuto una sera d’inizio estate nel pieno centro di Cassano (Abbruzzese “Cicciotto” condannato a 8 anni per tentato omicidio, “Castellino” finisce al 41-bis).

Da Cassano a Spezzano e da Spezzano dai “compari” di Bari

Nino Abbruzzese aveva cominciato la propria latitanza, ma non s’era affatto allontanato dal territorio.

S’era nascosto in uno degli alloggi del “Villaggio Italia 2”, le case popolari dello Scalo di Spezzano Albanese, protetto, servito e riverito da un piccolo quanto agguerrito esercito di uomini e di donne (Tutti gli uomini e le donne “a disposizione” del boss).

Tra questi, il 56enne Enzo Franco Molino e la 46enne Marianna Costanzo, marito e moglie, impresari di pompe funebri nella vicina Terranova da Sibari dove vivono coi loro figli, lei presidente di un’associazione di volontariato, la “Montalto soccorso” attiva proprio nei servizi di soccorso attraverso delle autoambulanze.

La coppia dallo scorso 15 novembre è in carcere, come anche l’autista dell’ambulanza, il 59enne Francesco Pio Alfano di Montalto Uffugo, l’uomo che il 17 ottobre trasportò il latitante da Spezzano a Bari, nella villa-covo di proprietà della famiglia mafiosa barese dei Lovreglio anch’essa finita in carcere per avere favorito la latitanza di Abbruzzese (Il “mutuo soccorso” fra la ‘ndrangheta sibarita e la mafia barese).

Del trasporto in ambulanza di Abbruzzese e del servizio prestato dall’autista ovviamente non c’è traccia nella documentazione dell’associazione di volontariato, ma…

La fattura dell’ambulanza pagata dal Comune: 350 euro

Dalle indagini è spuntata una singolare nota di addebito relativa al costo dell’operazione criminale. Indirizzata e trasmessa, dalla presidente Costanzo, addirittura al Comune di Spezzano Albanese. Una fattura di 350 euro in cui s’attestava lo spostamento d’un paziente, tale “Ferdinando Fusca”, da Spezzano a Bari. Col Comune di Spezzano Albanese che – indotto in errore – corrispondeva la somma truffaldinamente richiesta da parte dei ritenuti favoreggiatori dello ‘ndranghetista latitante! direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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