A ottobre il Tribunale di sorveglianza di Milano gli aveva negato la ricezione d’alcune lettere e lui è ricorso in Cassazione

ROMA – Torna a far parlare di sé il superboss Vincenzo Forastefano (foto), esponente di vertice dell’omonima famiglia ‘ndranghetista di Cassano Jonio, che assieme alla famiglia zingara Abbruzzese un tempo sua acerrima nemica, domina la scena degli interessi criminali nell’intero comprensorio della Sibaritide-Pollino.
Forastefano ha 51 anni, gli ultimi 16 dei quali trascorsi dietro le sbarre dove dal 2008 è detenuto in regime di carcere duro al 41-bis per scontare la propria condanna definitiva a 24 anni per associazione mafiosa ed altri reati.
Dal penitenziario di Opera a Milano dov’è recluso, ci prova e ci riprova a contestare giuridicamente proprio le norme del regime carcerario differenziato cui è sottoposto, come abbiamo avuto modo di dare notizia nelle settimane passate, ma con risultati sempre negativi.
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Forastefano fa parte di quella folta “schiera” di ‘ndranghetisti di Cassano Jonio e Corigliano-Rossano detenuti al 41-bis – attualmente sono 11 in tutto – che magistrati antimafia e sentenze definitive e irrevocabili qualificano come «capi», e, dunque, «pericolosi».
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La sua ultima sortita contro il 41-bis ha avuto ad oggetto un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 23 ottobre dell’anno scorso, attraverso la quale i giudici deputati al controllo dei detenuti avevano disposto il non inoltro di determinata corrispondenza postale, in pratica d’alcune lettere spedite al boss in carcere.
Avverso tale genere di provvedimenti è ammesso solo e soltanto il ricorso per Cassazione, e Forastefano non ha certo sbagliato ad adire i supremi giudici dell’ordinamento italiano.

L’errore l’ha commesso, però, avendo proposto l’impugnazione personalmente, vale a dire senza il ministero d’un avvocato difensore.
Dall’agosto del 2017, infatti, la legge impone che il ricorso per Cassazione dev’essere sottoscritto – a pena d’inammissibilità – da un avvocato cassazionista.
Anche l’ultimo tentativo di Forastefano, dunque, è stato dichiarato «inammissibile» dagli “ermellini” del Palazzaccio di Piazza Cavour a Roma. Che, con ordinanza del 30 gennaio scorso depositata il 13 marzo, hanno condannato il boss al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di 3 mila euro in favore della Cassa delle ammende. direttore@altrepagine.it