CARIATI – Cataldo Minò è il sindaco di Cariati, ma Giorgio Greco (foto) ne è il “podestà”. Lo era fino a ieri mattina, secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Sara Merlini, che all’alba l’ha spedito in carcere, unitamente a tutti gli uomini della sua ‘ndrina, su richiesta dei magistrati inquirenti della Direzione distrettuale Antimafia.

Che fosse così, nella cittadina più importante e dinamica del Basso Jonio cosentino confinante col Crotonese, probabilmente lo davano tutti per scontato, considerato che a distanza di più di 24 ore – né dalla sede municipale di Palazzo Venneri né da alcuna forza politica, sociale o sindacale, nessuno ha fiatato. Silenzio-assenso.

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Eppure, il capo della Squadra mobile della polizia di Catanzaro, Gianluca Origlia, ieri, durante la conferenza stampa presieduta dal procuratore antimafia Salvatore Curcio, aveva detto:

«Oggi Cariati si sveglia libera».

Da Cariati, però, non ha applaudito nessuno…

D’altronde, nell’atto d’accusa vergato dal gip catanzarese, tra le finalità della ritenuta associazione mafiosa, v’è anche quella di «ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a sé e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilità».

Se i cariatesi lo sapevano da tanti anni (come pure i cittadini dei vicini comuni di Calopezzati, Mandatoriccio, Pietrapaola e Mirto-Crosia), i magistrati antimafia l’hanno saputo solo negli anni più recenti. Vale a dire tra la fine del 2018 e il mese di luglio dell’anno scorso, grazie alle ricostruzioni loro offerte da parte di due rampolli di ‘ndrangheta dai cognomi assai “importanti”, ma che da qualche tempo s’annoverano tra le fila dei “pentiti”:

Francesco Farao e Gaetano Aloe, entrambi di Cirò, pochi chilometri più a Sud di Cariati e sede storica di quel crimine riconosciuto e rispettato in tutta la Calabria ‘ndranghetista.

Il “pentito” Francesco Farao

Da lì partono le indagini della maxi-inchiesta anti-‘ndrangheta “Boreas, che assieme al ritenuto capo-‘ndrina Giorgio Greco ha visto finire in carcere i ritenuti affiliati Olindo Celeste, Alfonso Cosentino detto Fofò, Giulio Graziano, Fiorenzo Santoro detto Renzo, Gaetano Roberto Bruzzese, Antonio Mangone, Cataldo Rizzo detto Catalduccio, Rocco Francesco Creolese detto Ombra nera, Raffaele Mario Giuseppe Talarico detto Zio Raffaele, Cataldo Scilanga, Aldo Marincola e Salvatore Spagnolo, gli ultimi due in realtà appartenenti al crimine di Cirò e proprio in tale veste presenti come “garanti”, oltre che partecipi a ogni tipo d’attività criminale.

Il collaboratore di giustizia Gaetano Aloe

E ancora, assieme a loro, sono finiti però agli arresti domiciliari alcuni noti “colletti bianchi” e ritenuti prestanome cariatesi del presunto boss Greco:

i fratelli avvocati Provino Meles e Raffaele Meles – il primo pure giudice di pace a Gragnano, nel Napoletano – i commercialisti Ettore Talarico e Mariafrancesca Talarico, padre e figlia, il funzionario comunale Bruno Morise Guarascio, Antonio Russo e Angelina Tavilla.

I dottori Ettore e Mariafrancesca Talarico

A chiudere il cerchio figurano anche i nomi del funzionario comunale di Cariati Natale Chiarello, lui di Corigliano-Rossano con un passato da assessore comunale a Rossano, e il cariatese Alfonso Leo, entrambi rimasti ben impigliati nella rete giudiziaria benché a piede libero.

Gli avvocati Raffaele e Provino Meles

Le intercettazioni dell’Antimafia al banchetto nuziale

Il 16 dicembre del 2021 si sposò la figlia di Giorgio Greco e il ricevimento nuziale si tenne in una notissima location di Mandatoriccio, con l’intrattenimento musicale del popolarissimo cantante di Rocca di Neto, Cecè Barretta.

Prima, durante e dopo, l’Antimafia aveva sguinzagliato la polizia, da lontano, a intercettare tutto.

Tra gl’invitati presenti c’era Domenico Megna, capocosca di Papanice ed elemento di primo piano della ’ndrangheta nel Crotonese, ma c’erano vari “rappresentanti” delle principali famiglie ‘ndranghetiste della zona, gli avvocati Meles e persino due carabinieri.

Nel presentare l’avvocato Provino Meles a suo genero, Greco lo definì «il giudice nostro», dicendosi fiducioso – «al 99%» – che presto sarebbe stato mandato a fare il giudice di pace a Cirò per «conzare» gli affari loro.

Girando fra i tavoli, un amico e sodale di Greco s’accorse della presenza di due invitati di cui non sapeva, i cui volti erano però a lui “noti” come carabinieri, perciò, preoccupato, chiese al ritenuto boss cosa ci facessero lì degli «sbirri», ma venne subito rasserenato: «stai tranquillo, al mille per mille». direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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