Dalle multe stradali annullate non solo a lui, ma anche a familiari, amici e “compari”, alla sporca pratica per evitare il sequestro e la confisca del Lido Mojito

CARIATI – Nemmeno Saragat era arrivato a tanto. Domenico Critelli, lo storico e oramai defunto boss ‘ndranghetista di Cariati – famigerato per il suo soprannome “presidenziale” – nel Municipio del paese in cui egli comandava l’anti-Stato forse non entrava così da “padrone” come il suo successore a capo della locale ‘ndrina, Giorgio Greco.
Quest’ultimo, già da anni conosciuto alla giustizia in forza della sua pregressa e scontata condanna definitiva a 6 anni di carcere per associazione mafiosa, estorsione ed armi (come il fratello Nino Greco, condannato a 4 anni per avere favorito la latitanza d’un superboss di Cirò), in Municipio entrava da “podestà”, anzi non aveva nemmeno bisogno di varcarla la soglia di Palazzo Venneri dal momento che per ogni propria “occorrenza” poteva contare sul contatto telefonico diretto con la persona “giusta” per il bisogno “giusto”.
Come quello di far annullare, a lui, a suoi familiari, amici e “compari”, le multe per contravvenzioni al Codice della strada compilate dai vigili urbani.

Il ritenuto boss Giorgio Greco
C’è questo e molto altro nella maxi-inchiesta anti-‘ndrangheta “Boreas”, che l’altro ieri ha portato in carcere il ritenuto boss e 12 presunti affiliati alla sua ‘ndrina, e agli arresti domiciliari altre 7 persone tra professionisti locali, funzionari comunali e ritenuti “prestanome” dell’attuale “presidente”.
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Le intercettazioni telefoniche e telematiche di cui s’è avvalsa l’indagine vengono definite dai magistrati inquirenti della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro «auto-accusatorie», sintomatico di come a Cariati Giorgio Greco si sentisse come Dio in terra e al contempo fosse temerario come il diavolo, anche in tempi come questi in cui le intercettazioni rappresentano l’ossatura di tutte le indagini complesse:
«Sì, sì, il lido è mio, ce l’ho da 20 anni!».
Il lido di cui egli parla – e di cui figura come “dipendente” – in una delle tante conversazioni telefoniche finite nel “mirino” degli approfondimenti investigativi e documentali, è il notissimo Mojito, che sul lungomare Cristoforo Colombo di Cariati Marina occupa una posizione centralissima e strategica.
Superfrequentato da turisti e bagnanti locali, con ombrelloni, bar e ristorante. Una macchina di soldi che apre ogni anno nei primi giorni di maggio per chiudere i battenti solo quando sullo Jonio cala davvero il freddo.

Il lido Mojito
Prestanome, professionisti e funzionari comunali, tutti al servigio di “Re Giorgio”
Secondo le risultanze investigative, nel 2019 aveva affidato la titolarità dello stabilimento balneare ad Alfonso Leo (indagato a piede libero) per mezzo della sua ditta individuale, l’anno dopo alla ditta individuale di Angelina Tavilla (agli arresti domiciliari), modificando la denominazione del lido in Mj Tavilla Angelina.
Negli anni 2021, 2022 e 2023 il lido veniva invece intestato ad Antonio Russo (agli arresti domiciliari) o alla sua ditta individuale:
i commercialisti del boss, Ettore e Mariafrancesca Talarico, padre e figlia (entrambi agli arresti domiciliari) – secondo le accuse dei magistrati – avevano materialmente falsificato la documentazione relativa allo stabilimento balneare per permetterne la formale e fittizia intestazione ai terzi di volta in volta indicati da “Re Giorgio” – soprannome regale e presidenziale al contempo, per lui – mentre i funzionari comunali Bruno Morise Guarascio e Natale Chiarello (il primo agli arresti domiciliari, il secondo indagato a piede libero), consapevoli del trasferimento fraudolento di valori, avrebbero compulsato la responsabile del servizio Tiziana Carbone (non indagata) e l’Ufficio tecnico comunale per risolvere le problematiche inerenti alla diversa intestazione della concessione demaniale di cui era assegnatario Rocco Ivan Fortino (non indagato).

Bruno Morise Guarascio
Ettore Talarico, Morise Guarascio e Chiarello, nei rispettivi ruoli di commercialista il primo e di funzionari comunali gli altri due nel Settore Attività produttive, avrebbero posto in essere condotte indispensabili per agevolare l’intestazione fittizia del lido a Russo mediante la preparazione e la falsificazione dei documenti amministrativi e fiscali necessari per effettuare un’intestazione, ritenendo che ciò fosse possibile anche se la concessione demaniale era intestata a Fortino nella piena consapevolezza d’operare nell’ambito di un’attività illecita per favorire il boss, da loro stessi esplicitamente definito, nelle intercettazioni in possesso dei magistrati, «il padrone di fatto del lido», a conferma di quanto aveva già telefonicamente dichiarato lo stesso Greco.
Secondo i magistrati inquirenti e il giudice per le indagini preliminari, tutti erano ben consapevoli di chi fosse Greco e hanno agito concordemente per fare in modo che il Lido Mojito fosse “al riparo” da un eventuale sequestro preventivo finalizzato alla confisca, altamente probabile.
I commercialisti Talarico sono sempre intervenuti in prima persona in tutti gli snodi più complessi della vicenda, così come il funzionario comunale Morise Guarascio, il cui intervento viene definito «determinante».

I commercialisti Ettore e Mariafrancesca Talarico
Pure il contributo di Chiarello si sarebbe rivelato molto importante, nella propria qualità di responsabile dello Sportello unico per le attività produttive (Suap):
i magistrati affermano che egli non solo ha partecipato a tutte le operazioni coi Talarico e col collega Morise Guarascio, ma per portare fino in fondo il suo compito ha pure preteso in cambio un favore.
Tra l’altro il suo comportamento aveva fatto preoccupare Ettore Talarico e Morise Guarascio, i quali avevano temuto che se la cosa non si fosse sistemata rapidamente, il boss Greco avrebbe potuto avere qualche reazione violenta. Alla fine Chiarello ha inserito la “pratica” nel portale Suap e amen…

E poi c’è l’importante contributo “legale” dei fratelli avvocati Raffaele e Provino Meles (entrambi agli arresti domiciliari), i quali, nella consapevolezza della fittizia intestazione del lido, secondo gl’inquirenti s’erano attivati per permettere a Greco d’utilizzare ancora il sub-ingresso alla concessione demaniale di Fortino, ben oltre l’anno di scadenza.

Gli avvocati Raffaele e Provino Meles
In particolare, Raffaele Meles aveva preso accordi e aveva condotto il boss dall’architetto Donnici (non indagato), per calibrare la predisposizione della documentazione al fine di garantire la gestione del lido per gli anni successivi al 2021, anche dopo la scadenza della concessione demaniale marittima, mentre il fratello Provino, in presenza del boss, aveva materialmente falsificato il precedente rinnovo della concessione demaniale per essere allegata alla nuova comunicazione da inoltrare al Suap comunale, falsificando pure le dichiarazioni sostitutive allegate alle varie comunicazioni d’inizio attività inoltrate allo stesso Suap, col contributo fattivo dei commercialisti Talarico materiali compilatori di tali atti. direttore@altrepagine.it