SIBARI – Nella nostra cronaca dello scorso 22 marzo, avevamo fatto cenno al “giallo” della prefazione dell’archeologo italiano di fama mondiale Emanuele Greco al libro dell’ingegnere rossanese di Corigliano-Rossano Nilo Domanico, “Alla ricerca di Sybaris e Thurii (edito da Arbor Sapientae), uscito in due distinte edizioni verso la fine dell’anno scorso (i due protagonisti insieme nella foto).

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La prefazione del professor Greco, già presidente della Scuola archeologica italiana d’Atene, riportata anche sulla seconda edizione del volume in cui l’autore pubblica una sua “scoperta”, era stata scritta per la prima edizione nella quale della “scoperta” non si faceva alcuna menzione.

Oggi il professore Greco, lui che per anni ha scavato nella Piana di Sibari, rompe quel silenzio finora con estrema eleganza mantenuto, e pubblicamente si dissocia dall’uso improprio di quella prefazione e dalla diffusione delle teorie che Domanico ha scritto e pubblicato nella seconda edizione del suo libro, e delle quali lo stesso da mesi va facendo proselitismo durante le presentazioni del volume e non solo.

Il volume del “caso”

Con Greco il quale, a sua insaputa e suo malgrado, s’è trovato ad essere il principale pilastro teorico dello “spostamento” geografico di Sybaris:

«un’eresia archeologica» la definisce, senz’alcuno sconto. E spiega:

«Di recente, ho avuto il piacere di conoscere l’ingegnere Nilo Domanico il quale mi ha sottoposto un suo studio idrogeologico e mi ha chiesto anche di fargli una prefazione.

Il testo che gli ho preparato, di poche righe, riguardava la specificità delle scienze geologiche e diceva che lo studio – ripeto, quello idrogeologico – rappresenta un valido quadro in cui inserire future ricerche archeologiche.

Ora, io archeologo non mi metto a fare la storia dell’acqua con Erodoto e Tucidide, allo stesso modo lui non può fare la storia politica e archeologica con l’individuazione delle fonti d’acqua.

Il suo testo a mio avviso va sopra le righe perché il quadro idrogeologico non può in alcun modo essere autosufficiente per fare la storia.

Vedo sue interviste su giornali di Calabria in cui viene presentata Fonte del fico – situata nei pressi della frazione Cantinella di Corigliano-Rossano – come la “Sorgente thuria” da sedicenti archeologi totalmente ignoti alle patrie lettere;

da oltre mezzo secolo percorro tutta la bibliografia archeologica, soprattutto della Magna Graecia, e certi nomi non li ho mai incontrati nelle mie ricerche, e mi trovo a leggere eresie del tipo che “il Parco del cavallo è una zona periferica” per cercare di spostare il centro verso Fonte del fico che sta a cinque chilometri di distanza!

Ma scherziamo?!

Al Parco del cavallo sono state rinvenute strade relative a Thurii della larghezza di 30 metri… quale zona periferica?!».

Il famoso studioso

Per il professore Greco, infatti, non c’è alcuna prova che Fonte del fico sia l’antica sorgente thuria, perché da quelle parti passa l’acquedotto romano, come ben sanno gli archeologi della Soprintendenza di Cosenza che l’hanno mappato, e nulla più.

«La discussione è farlocca:

Sybaris, Thurii e Copiae sono al Parco del cavallo, punto e basta.

Dopo 60 anni di scavi abbiamo fonti archeologiche, fonti epigrafiche, fonti stratigrafiche, l’archeologia, l’urbanistica, non c’è da menare il can per l’aia andando a sbandierare presunte colossali scoperte, ma stiamo scherzando?!».

Peraltro, solo qualche mese fa, tutte le équipes internazionali attualmente impegnate in ricerche archeologiche nella Sibaritide si sono date appuntamento al Museo archeologico nazionale di Sibari per il convegno internazionale Sybaritik@, e i risultati presentati hanno ampiamente confermato quanto sostiene Greco e prima di lui altri archeologi del calibro di Paola Zancani Montuoro, Piero Guzzo, Dieter Mertens.

Le ricerche condotte da Carlo Rescigno e Filippo Demma lungo la platea A, poi, hanno portato finalmente a scoprire i resti d’un edificio databile all’inizio del VI secolo a.C., il più grande dei templi arcaici achei in Occidente, certamente parte d’una fascia di santuari che occupavano – come accade a Poseidonia, colonia di Sybaris – il centro della città antica, nel cuore dell’area del Parco del cavallo.

Da sinistra verso destra: l’ingegnere Domanico, l’ingegnera Anna Maria Brunetti e il medico odontoiatra Luca Policastri, tra i fondatori del comitato politico “Alla ricerca di Sybaris e Thurii”

A questo punto non è chiaro perché un neonato nugolo di sedicenti esperti, oggi cerchi di spostare Sybaris dal territorio comunale di Cassano Jonio verso Fonte del fico, e, quindi, verso Corigliano-Rossano.

Viene da pensare che, dopo la fusione tra Corigliano e Rossano, si stia cercando surrettiziamente di spostare i centri d’interesse culturale verso la nuova città, ma è un’operazione “politica”, strumentale, banale e priva d’ogni riscontro scientifico:

«Cantinella è la campagna di Sybaris e Thurii e in campagna ci sono certo tracce di vita antica, anche importanti:

l’acquedotto, le tombe, le fattorie dove gli antichi coltivavano il terreno, ma l’abitato urbano con la “U” maiuscola è sempre stato sulla riva sinistra del Crati, sempre».

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Il professore Greco va anche oltre:

«Se proprio qualcuno volesse fare ricerca, scavare o dare contributi di natura archeologica e non idraulica, ci sarebbe molto da fare:

negli ultimi anni della mia attività, prima di andare in pensione, ho scavato a Casa bianca il più grande santuario di Iside di tutta l’Italia.

Parliamo di 5 mila metri quadrati.

È un santuario dell’età di Copiae, della Thurii romana, perché Copiae è il nome romano di Thurii, ma sempre Thurii è!

Anche di questo abbiamo le prove archeologiche, per esempio a Porta nord.

Parliamo invece, per Casa bianca, di un santuario importantissimo, intitolato ad Iside, come confermano le iscrizioni rinvenute che recitano “Isidi Sacrum”, sotto al quale ho trovato un santuario di Thurii.

Avevamo appena cominciato lo scavo, poi abbiamo dovuto smettere per la fine del mio incarico, ma ancora sotto c’è un santuario di Sibari, perché abbiamo trovato le terrecotte architettoniche arcaiche, le antefisse a forma di gorgone.

C’è la più grande stratigrafia che uno possa immaginare…

C’è Sybaris, Thurii e Copiae, una sopra l’altra. Poco lontano, un’equipe di archeologi greci ha anche individuato cospicui resti delle mura dell’antica Thurii, con le torri, note al mondo scientifico da una decina d’anni ormai e che non c’è alcun bisogno di spostare a chilometri di distanza.

Anche qui ancora si può lavorare, studiare e la domanda diventa:

il santuario di Iside è in continuità con il culto precedente, quindi sotto c’è un santuario di Afrodite e sopra c’è un santuario di Iside, o il santuario di Iside è una novità che si impone in un’area religiosa precedente?

Lì vicino passa la strada, noi abbiamo i nomi delle strade, abbiamo l’Heraklea, l’Afrodisia, l’Olimpiade e la Dionisiade, che sono tramandate da Diodoro Siculo, e le abbiamo identificate quasi tutte.

L’Heraklea è facilissima perché punta verso Heraklea, ed è la strada che passa per Casa bianca:

è la via costiera e si chiama così perché secondo il mito Eracle vi avrebbe condotto i buoi di Gerione.

C’è tutto un mondo stupendo che, da quando si è concluso questo scavo nel 2016, da quel che so, non è stato più esplorato».

E da qui si dovrebbe ripartire per riprendere una discussione – seria – sull’antica Sybaris, non da “spostamenti” geografici e idrogeologici inutili ai fini archeologici.

Perché l’Archeologia, quella con la “A” maiuscola, racconta ben altra storia… direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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