Adoro le voci fuori dal coro, sono quelle che quasi sempre dicono la verità o almeno provano a lavorare per essa, ed è per questo che sono certo che Altrepagine mi darà la possibilità di replicare agli articoli del direttore Fabio Buonofiglio e dell’avvocato Salvatore Sisca sul tribunale di Rossano. Il sottoscritto non è avvocato, non è ascrivibile alla classe dirigente, non fa parte di alcuna casta, anzi, come è documentabile, fa parte di un gruppo di cittadini che le caste le bastona pesantemente e forsennatamente pagandone le conseguenze sociali, economiche e giudiziarie. Insieme a questi cittadini, in maniera completamente indipendente dall’avvocatura e persino, quando ritenuto opportuno, dallo stesso comitato, ho difeso e continuerò a difendere il Tribunale di Rossano, digiunando, tra le altre cose, per undici giorni.
Per far apparire questa lotta come una faccenda conservativa ed a tutela di interessi particolari, sostenendo di fatto la bizzarra tesi favorevole alla chiusura, è molto comodo descrivere il comitato come una claque assoldata da qualche massone e qualche politicante, ma ho la presunzione di affermare che la nostra presenza indipendente in questa battaglia smentisce inequivocabilmente questa tesi, e solo chi non ci conosce può dubitarlo.
Non ho intenzione di negare, nessuno ha mai negato le negligenze organizzative per non dire le nefandezze consumate nel palazzo di Giustizia; nessuno nega gli interessi corporativi intrisi in questa faccenda; nessuno ha la minima intenzione di dare una sola giustificazione alla classe dirigente locale e nazionale, responsabile in toto di quanto sta accadendo e che merita, politicamente parlando, soltanto schiaffi.
Ma descrivere l’accorpamento con il tribunale di Castrovillari come l’inizio di una nuova era della giustizia però, permettete la franchezza, lo trovo ridicolo. Primo perché i “guasti” della Giustizia, la lentezza, la parzialità, persino la collusione, sono un problema italiano ed in particolare calabrese, come già ampiamente documentato per esempio sui rifiuti, e che non muterà con la differente collocazione geografica del Palazzo di Giustizia.
Secondo, permettete qualche domanda retorica: la massoneria sarebbe solo a Rossano? Gli interessi corporativi permarrebbero solo tra il Crati ed il Nikà? La classe dirigente del Pollino sarebbe migliore di quella della costa? Suvvia, capisco tutto, condivido la rabbia nei confronti del marciume che alberga ovunque, anche nel sistema giustizia e quindi in quel di Santo Stefano, ma non è traslocando arredi e organici che lo si combatte.
Io non preferisco una casta piuttosto che un’altra e basta soltanto un po’ di lungimiranza per comprendere che le caste faranno presto a mettersi d’accordo sulla testa delle comunità, mentre queste ultime, temo, continueranno a litigare per le briciole, magari sospinte da idiozie campanilistiche, ed ad essere impoverite.
Piacerebbe anche a me che il trasloco della procura a qualche metro d’altezza in più sul livello del mare cancellasse le immobilità che ho denunciato negli ultimi anni, per esempio, sull’“affaire discariche”, sulla speculazione edilizia, sull’inquinamento dei mari, ma non sarà così, anzi: gli ultimi mesi hanno dimostrato che bastano pochissimi elementi attenti e poco accomodanti per scoperchiare pentole sopite da tempo, e quegli elementi li abbiamo di certo persi a causa di questa soppressione.
Sulla questione “balla della lotta alla ‘ndrangheta”, per riportare il titolo dell’editoriale di Fabio Buonofiglio, è evidente che la questione è ben diversa dalla conta dei processi per mafia, cosa che trovo onestamente grottesca. Se devo essere sincero, per me l’unica istituzione pubblica direttamente utile nella lotta alla ‘ndrangheta è la scuola e non riconosco agli istituti giudiziari alcuna possibilità di vittoria nei confronti della criminalità organizzata, potere che invece risiede nella politica e che questa classe dirigente non è in grado di esercitare, per incapacità e collusione, neanche nelle sue forme più elementari.
Detto questo, come si può non comprendere che l’allontanamento drastico (se si considera anche il tessuto infrastrutturale) del Palazzo di Giustizia, i cui uffici per alcuni territori risulteranno distanti quasi tre ore, determinerà uno scollamento ulteriore e definitivo tra una parte della popolazione e l’idea stessa di “giustizia” intesa come istituzione? Come si può non comprendere che questo determinerà ulteriore sfiducia, silenzio, lassismo ed omertà, elementi basilari per il radicamento della ‘ndrangheta sul territorio?
Il punto gentile direttore, avvocato, gentili lettori, è un altro. La chiusura del tribunale di Rossano fa parte del processo di smantellamento sistematico del servizio pubblico in atto da un decennio sul nostro territorio, smantellamento che abbraccia ogni settore della vita sociale ed è concausa del sottosviluppo, smantellamento propedeutico ad uno sfruttamento della Calabria, ed in particolare dell’area ionica, distante dalle vocazioni del territorio e distante anni luce, per quel poco che conta, dal futuro che tentiamo di costruire con le nostre modeste battaglie. Giustificare la soppressione del tribunale denunciandone lacune ed intrallazzi equivale a giustificare la chiusura degli ospedali denunciando mala-sanità e clientelismo: non sono forse altrettanto reali? Oppure, come fece qualche conservatore quando occupammo università ed autostrade contro la legge Gelmini, accusereste gli studenti di voler difendere i baroni? Nel corso dei decenni la classe politica ha rimpinzato con raccomandati e ossequiosi funzionari ogni struttura pubblica, dalle ferrovie agli ospedali, dalle poste ai tribunali passando per scuole e università; ha sfruttato il servizio pubblico come strumento di clientelismo e voto di scambio, e da qualche anno quella stessa classe politica ha utilizzato tutto questo come pretesto non per ripulire le strutture territoriali, ma per chiuderle: in entrambi i casi a pagare sono solo le comunità. Un gruppo di cittadini sta lottando per salvare le strutture, quindi i servizi, ed abbattere le caste che ci sono all’interno: se questo per voi è conservativo, per me è l’unico futuro possibile.