Modalità e moventi della “lupara bianca” di 22 anni fa e dell’omicidio del 9 agosto scorso sembrano sovrapponibili

CORIGLIANO-ROSSANO – Nell’ordinanza cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro notificata lunedì scorso dai carabinieri del Ros agl’indagati per l’omicidio dello ‘ndranghetista di Sibari Salvatore Di Cicco detto Sparami n’piettu (a sinistra), eliminato silenziosamente 22 anni fa con la tecnica della “lupara bianca”, si legge che gli esponenti delle organizzazioni di ‘ndrangheta di Cirò Marina, Cassano Jonio e Corigliano tra loro alleate deliberarono la sua morte attirandolo in una trappola.

Un “copione” sovrapponibile, 22 anni dopo, proprio all’ultimo omicidio che la ’ndrangheta ha consumato nella Sibaritide sempre tra le sue stesse fila, vale a dire a quello dello ‘ndranghetista rossanese Carmine Morello detto ‘U Righiarar (a destra), eliminato altrettanto silenziosamente lo scorso 9 agosto in un’impervia zona di campagna dello stesso rossanese, con la differenza che il suo cadavere 26 giorni dopo è stato trovato dai carabinieri che dal 3 settembre scorso indagano sul caso.

Il rinvenimento del cadavere di Morello

Non solo l’inequivocabile “firma” ‘ndranghetista e il tranello mortale, ripropongono, a distanza d’oltre un ventennio, lo stesso “copione”, ma esso potrebbe essere sovrapponibile pure al movente dell’eliminazione dell’ennesimo personaggio “scomodo” per i boss e i loro reggipanza.

Le confessioni dei “pentiti” Acri e Nigro sull’omicidio di Sparami n’piettu

Sparami n’piettu, “reggente” ‘ndranghestista a Sibari, venne ammazzato e fatto sparire perché sospettato d’essere diventato “confidente” dei carabinieri e perchè i suoi “compari” temevano che potesse “saltare il fosso”, “pentirsi”, insomma che potesse collaborare con la giustizia diventando così un “infame” per loro “pericoloso”.

A raccontarlo sono state proprio due “gole profonde” della ‘ndrangheta, vale a dire i collaboratori di giustizia Nicola Acri, l’ex sanguinario superboss di Rossano detto Occhi di ghiaccio, e Ciro Nigro di Corigliano, un ex importante picciotto, entrambi già condannati definitivi all’ergastolo per omicidi di ‘ndrangheta, i quali a distanza di 22 anni lunedì hanno fatto finire in galera organizzatori ed esecutori del delitto Di Cicco, ovviamente quelli sopravvissuti allo stesso piombo ‘ndranghetista della cruenta guerra senza esclusione di colpi combattuta nei primi anni Duemila nell’intera Sibaritide (leggi QUI).

Ciro Nigro e Nicola Acri

‘U Righiarar morto “sulle orme” di quello che fu il suo capo?

Pure ‘U Righiarar, importante affiliato, sembra che da qualche tempo fosse stato “scaricato” da chi oggi detiene il comando della ‘ndrina rossanese, e si sospetta che anche lui avesse deciso di seguire le “orme” del suo vecchio capo Occhi di ghiaccio – cui era legatissimo durante la sua epopea criminale – e cioè la strada del “pentimento” e della collaborazione con la giustizia.

Possibile che Morello avesse confidato o in qualche modo palesato questa sua ipotetica intenzione a qualcuno di cui si fidava e di cui invece non si sarebbe dovuto fidare perché l’avrebbe poi tradito contribuendo a tendergli la trappola. 

Proprio come per Di Cicco 22 anni prima, gli ‘ndranghetisti l’hanno “saputo” e l’hanno anticipato prima che potesse “cantare”?

C’è quell’ultimo messaggio visualizzato sul display del suo smartphone, prima d’allontanarsi in sella alla sua inseparabile Yamaha XT 600 dalla rivendita di motociclette sulla Statale 106 d’un suo vecchio amico, dicendogli che sarebbe ritornato dopo una decina di minuti e lasciando proprio lì il telefono, forse fingendo d’averlo dimenticato per la fretta:

«Vieni senza telefono ed evita di farti vedere».

Trascorse tante decine di minuti, però, Morello non s’era più visto né dal suo amico né altrove. Sparito. E poi ricomparso cadavere, 26 giorni dopo tra quei rovi della desolata contrada Stranges. 

I resti di Di Cicco, invece, stando alle pagine giudiziarie del romanzo criminale scritto a quattro mani da Acri e Nigro, giacerebbero sotto le fondamenta d’un resort turistico di Torretta di Crucoli, una manciata di chilometri a Sud dalla Sibaritide. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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