Le confessioni dei “pentiti” Nicola Acri e Ciro Nigro sui motivi che nel 2001 li condussero ad eliminare dalla scena il “compare” Salvatore Di Cicco, vittima senza rumore della lupara bianca

SIBARI – Quando, dopo la camera di consiglio, i giudici della Corte d’Assise di Cosenza ritornarono per leggere il verdetto agl’imputati per l’omicidio Bloise, in quell’aula aleggiava un “fantasma”. Correva l’anno 2005 e quel fantasma era lo ‘ndranghetista di Sibari Salvatore Di Cicco (foto), che quel giorno venne condannato all’ergastolo… da morto.

A spedirlo all’altro mondo ci avevano pensato, 4 anni prima, i suoi stessi “compari” di trame criminali e azioni di sangue ’ndranghetiste.

Di Cicco detto sparami n’piettu era stato inghiottito dalla “lupara bianca”, ma sotto processo c’era rimasto lo stesso, in contumacia, per aver partecipato all’agguato del 16 maggio 2001 compiuto a Cassano e costato la vita all’imprenditore Vincenzo Bloise.

Nemmeno quattro mesi dopo, infatti, toccò proprio a lui, e gli odierni “pentiti” rivelano che Turuzzu De Cicco fu sparato proprio n’piettu. Lontano dalla “sua” Sibaritide, però, in quel di Torretta di Crucoli, dove fu anche sepolto, in una buca profonda praticata con un escavatore meccanico che poi lo ricoprì.

Di Cicco venne ammazzato e fatto sparire perché sospettato d’essere un “confidente” dei carabinieri e perchè i “compari” temevano che potesse “saltare il fosso”, “pentirsi”, insomma che potesse collaborare con la giustizia diventando così un “infame” per loro “pericoloso”.

Nicola Acri

A raccontarlo sono proprio due “gole profonde, i collaboratori di giustizia Nicola Acri, l’ex sanguinario superboss di Rossano detto Occhi di ghiaccio, e Ciro Nigro di Corigliano, entrambi ergastolani condannati definitivi per omicidi di ‘ndrangheta.

I quali hanno riferito ai magistrati dell’Antimafia di Catanzaro che Eduardo Pepe (morto ammazzato il 2 ottobre del 2002 a Cassano assieme a Fioravante Abbruzzese durante la guerra di ‘ndrangheta tra gli “zingari” Pepe-Abruzzese e i Forastefano) era stato informato da alcune sue “spie” che aveva tra le forze dell’ordine che a Di Cicco era stata avanzata proprio la proposta di collaborare, e che sul suo fuoristrada erano state piazzate delle “cimici” attraverso le quali era stato possibile registrare colloqui compromettenti intercorsi anche tra Pepe e Giuseppe Spagnolo detto ‘U banditu di Cirò Marina.

Racconta Acri: 

«Eduardo Pepe viene a sapere da qualche carabiniere di Cassano o di Corigliano che Di Cicco era intercettato, che sulla macchina c’erano le microspie».

A bordo del fuoristrada di Di Cicco le cimici c’erano davvero:

era, infatti, indagato dall’Antimafia catanzarese nell’ambito dell’inchiesta “Sybarys”. E una di quelle intercettazioni registrò proprio la presenza nell’abitacolo di Peppe Spagnolo ‘U banditu, di Eduardo Pepe e Fioravante Abbruzzese e d’una «persona non identificata di sesso maschile con accento della zona a sud di Rossano». Era Nicola Acri: 

«Cioè li hanno intercettati mentre parlavano, io ero dentro la macchina e stavo zitto. A chidhi scienziati gliel’avevo detto: “Viditi che è capace che c’è qualcosa”».

Ciro Nigro

Racconta Nigro:

«Il 2000 a dicembre è stato arrestato Franco, si vociferava, si vociferava tra loro che qualcuno avrebbe fatta la soffiata dove si trovava Franco Abbruzzese, nella campagna di Cassano».

Non solo l’arresto “sospetto” dell’allora reggente degli “zingari”: 

successivamente, infatti, tanto Eduardo Pepe quanto Ciro Nigro, in circostanze diverse, erano stati fermati e perquisiti dalle forze dell’ordine. 

Il boss coriglianese Rocco Azzaro

I boss di Cassano, Corigliano, Rossano e Cirò si chiesero dunque a che gioco stava giocando sparami n’piettu

Secondo il narrato dei due “pentiti” – perfettamente coincidente – Nicola Acri e Rocco Azzaro (ieri finito in carcere) convocarono Ciro Nigro affidandogli una “missione”: 

doveva recarsi, proprio assieme a Di Cicco, dai “compari” cirotani per acquistare delle armi. Eduardo Pepe consegnò i soldi per l’acquisto proprio al morto che (ancora per poco) camminava.

Il boss cirotano Giuseppe Spagnolo

Così, il 1° settembre, Nigro portò Di Cicco a Torretta di Crucoli, ma, appena questi scese dall’auto, venne immobilizzato da Giuseppe Nicastri e Giuseppe Spagnolo (entrambi in carcere per il fatto di sangue).

Il boss cirotano Giuseppe Nicastri

Spagnolo gli puntò contro una pistola calibro 7,65 che s’inceppò, ma con sé, per andare sul sicuro, aveva pure un revolver calibro 38 e lo “fece” con questo. Al petto. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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