Estorsione mafiosa e incendi alle auto di Ida, figlia del ritenuto estorto e sorella del campione del mondo Rino anch’egli coinvolto nella vicenda. Domani nel carcere di Cosenza gli interrogatori dei due arrestati

CORIGLIANO-ROSSANO – Alle 12 di domani, nel carcere di Cosenza, sono previsti gl’interrogatori del 51enne Aldo Abbruzzese (foto a sinistra), il ritenuto boss di ‘ndrangheta della Marina di Schiavonea di Corigliano-Rossano, e del 43enne Mustaphà Hamil (a destra), suo supposto complice nella complessa e intricata ipotizzata vicenda di natura estorsiva e di danneggiamenti incendiari di stampo mafioso ai danni della nota famiglia locale dei Gattuso, i più stretti congiunti di Rino, il campione del mondo di calcio attuale allenatore dell’Olimpique Marsiglia.

Vittima “recalcitrante” della ritenuta estorsione, il 70enne padre dello sportivo, Franco, il quale dalla scorsa estate avrebbe tergiversato nel corrispondere ad Abbruzzese 3 mila euro. E quest’ultimo, tra i mesi d’ottobre e dicembre, avrebbe utilizzato come mezzo terroristico di pressione quello che da anni, a queste latitudini, è il più classico dei metodi intimidatori:

il fuoco.

Del fuoco, però, con ogni probabilità per una fine, anzi finissima scelta “strategica”, è rimasta vittima la figlia, quindi la sorella di Rino, la 44enne Ida, separata da anni, la quale vive in una casa del borgo marinaro assieme ai suoi due figli, due ragazzini avuti proprio dal matrimonio col 50enne Franco Nigro, col quale conserva ottimi rapporti personali, ed il quale è stato e forse è tuttora socio del padre in alcune imprese.

Ida Gattuso

Alla donna, che in passato ha pure ricoperto le cariche pubbliche di consigliera nonché di vicepresidente del Consiglio comunale coriglianese, nel giro di meno di due mesi hanno incendiato ben due autovetture proprio sotto casa, con fuoco e fiamme che le hanno danneggiato la stessa abitazione mettendo a serio rischio la sua incolumità e quella dei suoi due figli.

Una delle due auto della donna andate carbonizzate

D’avere materialmente compiuto i due drammatici incendi, da venerdì mattina, sulla scorta delle indagini effettuate dai carabinieri del Reparto territoriale diretti dal tenente colonnello Marco Filippi, avvalendosi d’intercettazioni telefoniche, ambientali, e delle relative attività di riscontro, è formalmente accusato il marocchino Mustaphà, il quale, secondo i magistrati della Procura Antimafia di Catanzaro – il procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla, il suo aggiunto Giancarlo Novelli e il sostituto Stefania Paparazzo – e secondo il giudice per le indagini preliminari distrettuale che ne ha ordinato l’arresto, Chiara Esposito, avrebbe agito proprio su ordine del boss Abbruzzese, pure lui ovviamente finito tra le sbarre.

La sede del Reparto territoriale dell’Arma

Ad interrogarli, nella tarda mattinata di domani, non sarà il gip Esposito, ma un giudice suo delegato del Tribunale di Cosenza, alla presenza dei loro difensori, gli avvocati Andrea Salcina e Francesco Paolo Oranges del foro di Castrovillari e l’avvocato Giuseppe Bruno del foro di Paola.

Abbruzzese e  Mustaphà risponderanno alle domande difendendosi dalle accuse o s’avvarranno della facoltà di non rispondere facendo scena muta?

I “dubbi” sulla drammatica vicenda e l’intervento “risolutivo” del familiare più importante

Un’attenta lettura delle carte d’accusa finora pubbliche fa sorgere più di qualche dubbio circa gli esatti contorni dell’intera drammatica vicenda, alla fine “risolta” proprio da Rino Gattuso che ha “spedito” dal Nord Italia, dove vive, un suo storico fidato amico e collaboratore qual è il 48enne di Schiavonea Salvatore Pipieri detto Il tedesco, per ben due volte giunto proprio fino al borgo marinaro per versare in due rate l’ipotizzata “tangente” richiesta a suo padre nelle mani di Abbruzzese, col “viaggio” della seconda rata “monitorato” minuto per minuto dai carabinieri di Corigliano-Rossano, il 10 gennaio scorso, dall’Aeroporto di Milano a quello di Lamezia Terme, e dal parcheggio dell’aeroporto di Lamezia fino al bar Butterfly di Via Barletta a Schiavonea dove Pipieri s’è recato con l’amico 44enne Pasquale Garasto, mandando proprio quest’ultimo nel locale a consegnare ad Abbruzzese le 1500 euro che qualche minuto dopo i carabinieri gli sequestravano unitamente ad altre 830 euro.

Rino Gattuso

Quel sequestro, associato dal magistrato di turno quel giorno in Procura a Castrovillari al reato di ricettazione, era stato poi annullato con provvedimento del Tribunale del riesame di Cosenza ai cui giudici l’avvocato di Abbruzzese aveva fatto ricorso.

Quella somma di denaro, però, proprio in esito all’attività d’indagine dei carabinieri che il 10 gennaio era “coperta” e che adesso è scritta nero su bianco nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Abbruzzese e del suo presunto “operaio” maghrebino, per i magistrati antimafia rappresenta la “prova” della consumata estorsione mafiosa.

Ma è davvero, questa, una vicenda puramente estorsiva?

E davvero è connessa al finanziamento di 80 mila euro che Franco Gattuso e il suo ex genero assieme ad un altro socio avevano ottenuto per installare un impianto d’energia fotovoltaica coi pannelli solari su un terreno di proprietà Gattuso?

O, piuttosto, la ritenuta vicenda estorsiva “cela” dell’altro?

«Tremila euro mi deve dare da un anno… calcola… ora siamo a dicembre… da luglio dell’anno scorso, gli ho fatto il favore…», confida in una delle intercettazioni il boss Abbruzzese a Mustaphà.

Di «un favore» a Franco Gattuso, sempre nelle intercettazioni, quelle tra lui e l’ex moglie Ida, parla pure Franco Nigro. 

Cos’era questo «favore»?

Finora, nessuno l’ha spiegato a nessuno… direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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