Durissimo intervento del vescovo di Cassano Jonio Francesco Savino nel corso della manifestazione di questa mattina organizzata da Libera contro le mafie nella Città delle Terme

CASSANO JONIO – Mitra, fucili, pistole: in 5 anni e mezzo, 13 morti ammazzati e 5 omicidi mancati, nella Sibaritide. Una carneficina che non ha risparmiato 2 donne innocenti, una morta al posto del marito pregiudicato – vero obiettivo dei sicari – e l’altra assieme al marito pregiudicato perché al momento dell’agguato stava con lui.

Quest’ultima era una straniera di nazionalità tunisina, era venuta qui a cercare fortuna e v’aveva trovato pure l’amore – un amore sbagliato – ma insieme v’ha trovato pure la morte, pochi secondi dopo aver assistito a quella del suo uomo.

Fra i 13 caduti mancano all’appello i corpi di 2, fatti sparire dopo le uccisioni con l’oramai collaudata tecnica della “lupara bianca”. 

Impossibile, invece, contare il numero degli atti criminali di stampo intimidatorio nello stesso lasso temporale, soprattutto incendi d’autovetture e automezzi da lavoro, ma talvolta pure stabilimenti produttivi e stabili commerciali. Già, perché sono diverse centinaia e sottendono reati “tipici” – estorsione ed usura – di cui sono vittime imprenditori, commercianti, e non solo.

Questo è il “bilancio operativo” della ‘ndrangheta che purtroppo domina questa terra, ma è un bilancio in estrema sintesi.

Ben 7 dei 13 omicidi – quindi più della metà – hanno riguardato Cassano Jonio, gli altri 6 la più grande e confinante città jonica di Corigliano-Rossano.

Ed è per questo che proprio nella Città delle Terme, questa mattina, s’è tenuto un corteo anti-‘ndrangheta culminato con una manifestazione in Piazza Giacomo Matteotti.

Non “una cosa a caldo” – l’ultimo tentato omicidio s’è registrato quasi due mesi fa, il 23 dicembre, antivigilia di Natale – e questo è un dato significativo perché al di là delle onde emozionali dei momenti più drammatici o tragici, vuol dire che qualcuno una coscienza di questa piaga sociale ce l’ha davvero.

A parteciparvi, però, è stata un’esigua minoranza della popolazione della Sibaritide, la solita osiamo dire. E la stessa che, com’è accaduto in altre occasioni, ha inteso di rispondere con la propria presenza fisica all’appello lanciato questa volta dall’associazione Libera contro le mafie e dal suo presidio cittadino intitolato a Fazio Cirolla, nome e cognome proprio d’un morto ammazzato di ‘ndrangheta e da innocente del 2009.

Vero mattatore, dal palco, è stato il vescovo della locale Diocesi, monsignor Francesco Savino.

Durissimo il suo intervento, perché ha richiamato tutti alle proprie responsabilità, affermando che «non bisogna fare sconti a nessuno, neanche alla Chiesa;

chi non difende la Sibaritide onesta e chi si tira indietro sarà giudicato dalla storia, chi è credente sarà giudicato da Dio».

Savino s’è scagliato contro la ‘ndrangheta, ma soprattutto contro «chi resta indifferente e piega la schiena in modo omertoso;

fino a quando saremo paralizzati dalla paura, finché non avremo la schiena dritta, finché non rivendicheremo il diritto di essere liberi, noi saremo sempre dei sudditi della ‘ndrangheta, perché è proprio la libertà che fa paura al potere malavitoso.

Nel segreto della confessione, ho sentito fatti drammatici, di gente ormai cadaverica, strozzata dall’usura e minacciata continuamente;

almeno la metà degli usurati sono diventati ormai dei meri prestanome, perché chi li ha usurati s’è impadronito di tutto ciò che avevano.

E poi nel nostro territorio c’è un fiume di droga che distrugge persone e adolescenti:

quello della droga è l’unico mercato che non s’è fermato durante la pandemia».

Savino ha incitato i cittadini a ribellarsi e a denunciare, citando anche «il coraggio di giornalisti che ci mettono la faccia, che non sono organici a nessuno se non alla verità».

Monsignor Francesco Savino

Il vescovo cassanese ha poi ricordato la più innocente tra le vittime innocenti della ‘ndrangheta sibarita, il piccolo Nicola Cocò Campolongo ammazzato dieci anni fa a soli 3 anni d’età:

«Quello è stato il momento in cui s’è raschiato il fondo, oltre non possiamo più andare;

dopo pochi mesi da quel fatto di sangue in cui furono ammazzate due persone e un bambino, qui venne Papa Francesco, come tutti ricordiamo, il quale in quel memorabile discorso a Sibari scomunicò gli ‘ndranghetisti. Già, ma di quella scomunica cosa ne è rimasto?!».

La domanda dell’uomo di Chiesa è retorica e “completa” quell’autocritica alla Chiesa già espressa in precedenza.

Sì, perché anche se non l’ha detto – forse per pudore – Savino sa bene che nella Sibaritide gli ‘ndranghetisti continuano ad essere accolti nelle tante parrocchie del territorio per i Sacramenti di Matrimonio, Battesimo, Comunione e Cresima nonostante la scomunica del Papa.

Prima in corteo e poi in piazza, davanti e sul palco, c’erano giovanissimi studenti cassanesi – alcuni hanno preso la parola – e le Istituzioni:

il prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramella, che ha fatto un breve quanto efficace intervento, assieme ai massimi rappresentanti provinciali di tutte le forze dell’ordine, e il sindaco cassanese Gianni Papasso che ha dato a tutti il suo benvenuti a Cassano «che vuole liberarsi dalla cappa mafiosa che l’avvolge».

La manifestazione è stata conclusa dall’intervento di don Luigi Ciotti, l’uomo simbolo nazionale di Libera contro le mafie. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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