Ieri sera è ufficialmente cominciata la raccolta di firme certificate sulla Proposta di legge regionale d’iniziativa popolare per il ritorno all’autonomia delle due città “fuse” 5 anni fa

Quanti, nel 2017, sostennero le “ragioni” della fusione tra le ex città di Corigliano Calabro e di Rossano, si auto-definivano «progressisti».

Fra quelli – oggi – pullulano i «pentiti» per loro stessa ammissione. Già, perché magari allora e sulla “cosa” erano progressisti in buona fede, e progressisti lo sono ancora, davvero. Con la differenza che oggi non associano più il concetto di “progresso” alla fusione tra le due più grandi città della Piana di Sibari nell’attuale grande città policentrica di Corigliano-Rossano, 74 mila abitanti a fronte dei circa 39 mila della sola Corigliano Calabro e dei circa 35 mila della sola Rossano.

Sì, perché in 5 anni di fusione è emerso chiaro come sia stato assolutamente – e paradossalmente – “riduttivo” trasformarsi in un “gigante” (di cartapesta) per migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Chi erano i «progressisti»? E chi i «retrogradi»?

Di contro, quanti – sempre un lustro addietro e soprattutto a Corigliano – sostennero pubblicamente la loro netta contrarietà alla fusione, da quei “progressisti” nei migliori casi venivano definiti «conservatori», «retrogradi» e «campanilisti», e spesso anche additati, ancora oggi, come coloro che avevano «sfasciato i comuni di Corigliano e di Rossano con la loro politica e le loro amministrazioni».

Insomma, una sorta d’ancien régime senza tener conto che tra quelle fila non c’erano solo ex sindaci, ex assessori ed ex consiglieri comunali, ma tanti cittadini liberi che con senso civico e di cittadinanza erano lì a difendere l’integrità e la dignità delle loro rispettive città. 

In questi 5 anni il clima è cambiato

Dopo un quinquennio quel clima vivaddìo s’è riacceso, ma ora il pendolo delle “ragioni” – e sono tante, tantissime – oscilla dalla parte opposta rispetto a quella che il 22 ottobre del 2017 prevalse nettamente e soprattutto a Rossano, in un referendum consultivo popolare senza alcun quorum.

Quel clima si respirava ieri, un piovoso sabato sera pre-natalizio, nella sala del Beato Felton nel centro storico coriglianese. A rispondere «Presenti» e con puntualità all’appello del “Comitato per il ritorno all’autonomia di Corigliano e di Rossano”, oltre 200 persone, quasi 250. Sala gremita e con la frenesia del «Voglio firmare, subito!».

Proprio ieri sera, infatti, è cominciata la raccolta delle firme certificate in calce alla Proposta di legge regionale d’iniziativa popolare finalizzata ad abrogare la Legge regionale numero 2 del 2018 che istituì la città di Corigliano-Rossano. E all’iniziativa popolare – unitamente ai promotori – c’era il popolo coriglianese. A distanza d’un quinquennio incazzato, ma al contempo combattivo e sanguigno, con un orgoglio di cittadinanza attiva palpabile ed un orgoglio coriglianese mai perduto. E giammai annacquato. 

Le voci della sala

Mentre gli avvocati certificatori raccoglievano le firme sui tavoli delle due postazioni, il resto della sala era attento alle brevi relazioni alle quali ha fatto seguito il dibattito. Tra i certificatori delle firme anche l’avvocato Giacinto D’Urso, stimato professionista tenutosi sempre distante da qualsiasi agone politico, ma oggi «doverosamente impegnato anche in questa causa». Piena disponibilità manifestata pure dall’ultimo vicesindaco di Corigliano, l’avvocato Franco Oranges, anch’egli presente in sala.

A presentare l’iniziativa una giovane studentessa universitaria, Elvira Cufone, prossima alla laurea.

Per primo ha preso la parola il presidente del comitato, l’architetto Mario Gallina.

Ad illustrare la Proposta di legge – che consta di 17 articoli e di 3 allegati – è toccato all’avvocato Michele Viceconte. 

Diversi gl’interventi. Tra essi quello dell’avvocato rossanese Giuseppe “Pino” Zumpano, fine giurista ed intellettuale, un tempo attivamente impegnato nella politica e nelle istituzioni comunali rossanesi, dove fu anche vicesindaco: lui votò con speranza e fiducia a favore della fusione, ma, considerati i suoi effetti empirici e soprattutto i suoi “benefici” ai cittadini amministrati, anche lui oggi persegue l’obiettivo della scissione.

L’intervento dell’avvocato Zumpano

C’erano pure altri rossanesi in sala, benché la maggioranza dei presenti fosse coriglianese.

Grande verve nell’intervento dell’ex sindaco coriglianese Giovanni Battista Genova:

«Nel 2017 ero contrariato dalla frettolosa modalità con cui si proponeva un’improvvisata fusione tra due città vicine, amiche, e che fino ad allora avevano comunque sempre collaborato tra esse, qualsivoglia fossero le loro amministrazioni, per gli obiettivi di miglioramento dei servizi per i cittadini:

l’unione con Rossano c’è sempre stata, ma cancellare con un colpo di spugna le rispettive autonomie politiche ed istituzionali ha prodotto, com’era facile prevedere, risultati pessimi sotto ogni aspetto»

L’ex sindaco Genova al microfono

Sullo stesso solco l’intervento, carico di passione e d’una lucidità politica estrema, del senatore Franco Pistoia, negli anni Ottanta più volte sindaco di Corigliano:

«Amo la mia Corigliano come amo Rossano, perché a Rossano studiai, a Rossano ebbi il mio primo incarico d’insegnante, a Rossano fui preside per tanti anni.

Oggi viviamo in democrazia sì, ma è una democrazia sempre più “ridotta” nei suoi spazi democratici, appunto. La città di Corigliano contava 25 consiglieri comunali e la città di Rossano ne contava 25: questo prima della fusione, ed erano in 50 a rappresentare i cittadini nelle istituzioni locali.

Oggi ci rappresentano in 25, col risultato che il dibattito democratico s’è ristretto, e questo è inaccettabile per chi, come me e come noi tutti, ama la democrazia.

Io sono anziano e da qui a qualche anno non ci sarò più, ma se oggi sono qui è perché sento il dovere di partecipare democraticamente per lasciare ai nostri giovani il maggiore spazio democratico possibile:

la riconquista della sacrosanta autonomia delle nostre due belle città va esattamente in questa direzione».

Ottimo il caustico intervento dell’ex consigliere comunale coriglianese Carlo Di Noia:

«La fusione tra Corigliano e Rossano fu un atto politico volgare, e i suoi effetti lo sono stati e lo sono tuttora ancor di più.

Non ero più consigliere comunale, ma, com’è sempre stato nella mia vita, in quell’estate del 2017 continuavo ad interessarmi di politica e del futuro della mia città.

E ritengo che uno dei momenti politici più vergognosi che ho vissuto da cittadino democratico sia stato allorquando, nel corso d’una seduta del Consiglio comunale di Corigliano appositamente convocata per discutere e votare sul ritiro della delibera consiliare che diede impulso alla fusione con Rossano, a un certo punto giunse un nutrito gruppo di ben noti personaggi rossanesi.

Essi, di fatto, influenzarono, anzi, condizionarono il voto della nostra civica assise, in seno alla quale s’era creato un clima di ripensamento rispetto alla fusione, che tra i cittadini coriglianesi che essa rappresentava vedeva in verità molte dubbiose resistenze».

In sala, pur senza prendere la parola, c’era pure l’imprenditore Aldo Algieri, ex consigliere comunale e già candidato a sindaco di Corigliano: era stato proprio lui, lo scorso mese d’ottobre, a far riaprire ufficialmente un dibattito in verità mai sopito in questi 5 anni, attraverso l’esposizione per le strade d’un grande manifesto carico d’orgoglio coriglianese quanto di rammarico, il cui testo recitava:

“Ottobre 2017-ottobre 2022: c’era una volta la città di Corigliano… Vergogna! No alla fusione.”.

Qui non c’è destra nè sinistra, e questa, per i coriglianesi e i rossanesi, è la madre di tutte le loro battaglie politiche territoriali. direttore@altrepagine.it   

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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